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L’ospite d’inverno (1997), il binomio Rickman-Thompson di cui non sapevamo (all’epoca) di aver bisogno

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L'Ospite d'inverno

L’ospite d’inverno: Scozia, una giornata invernale. Quattro storie si intrecciano. Frances (Emma Thompson) è una vedova dai capelli corti fulvi che per lavoro fa la fotografa. Dalla morte prematura dell’amato marito Jamie, la donna non si è ancora ripresa e si è chiusa in un mondo tutto suo. A gestire la grande casa è il figlio sedicenne Alex (Gary Hollywood), introverso, timido e un po’ impacciato. La madre di Frances, l’eccentrica Elspeth (Phyllida Law) è una signora dalla lingua tagliente che va in giro coperta solo dalla sua pelliccia marrone.

La trama

Locandina ufficiale/Credit photo: Filippo Kulberg Taub

L’anziana madre cerca in tutti i modi di risvegliare la figlia dal tempore nel quale si è rifugiata che nemmeno il freddo gelido scozzese riesce a smuovere. Il rapporto tra le due è palesemente conflittuale e Frances fa di tutto per evitare la madre incombente girando sul fiume ghiacciato alla ricerca di sé stessa e di un cambiamento nella sua vita.

Chloe (Sandra Voe) e Lily (Sheila Reid) sono due anzianissime signore ma ancora molto arzille che aspettano da ore un autobus che le porti alla funzione funebre di una sconosciuta da poco venuta a mancare. Le due amiche, infatti, si divertono nel partecipare non invitate, a funerali di persone sconosciute per poi sparlarne. Il pretesto dell’attesa e del viaggio darà, quindi, motivo alle due vecchiette di pettegolare sulle chiacchiere di paese;

Tom (Sean Biggerstaff) e il coetaneo Sam (Douglas Murphy) sono due ragazzini che hanno deciso di marinare la scuola e di andare a fare un’avventura sui ghiacci. La loro marachella mattutina li farà incontrare con dei gattini abbandonati e soprattutto con Frances ed Elspeth. Nel frattempo, Alex esce dal suo guscio adolescenziale ed inizia ad interagire con la coetanea provocante Nita (Arlene Cockburn).

Rickman dimostra di essere un acuto regista con “L’ospite d’inverno”

Frame della pellicola/Credit photo: Filippo Kulberg Taub

Il poliedrico e compianto attore inglese Alan Rickman (1946-2016; l’amato ed insostituibile professor Severus Piton della saga di Harry Potter) per la prima volta alla regia, si dimostra un osservatore del mondo acuto e sottile come solo lui riesce a fare. Rickman aveva già sperimentato nel 1995 la regia portando sulla scena proprio L’ospite d’inverno, opera del commediografo scozzese Sharman MacDonald. Girato quasi interamente vicino l’estuario del fiume scozzese Forth, il film di Rickman è un dramma a tratti grottesco ma molto intenso che ha l’obiettivo di ripercorrere in una giornata la vita di otto personaggi che, in un modo o nell’altro, saranno destinati ad incrociarsi.

La difficoltà nel raccontare un microcosmo è nel film di Rickman decisamente superata dalla spettacolare bravura degli attori. La Thompson (due Premi Oscar), perfetta nella parte della giovane vedova Frances è supportata, spalleggiata e costantemente tiranneggiata dalla madre, l’attrice scozzese Phyllida Law. Forse è proprio per il fatto che sono madre e figlia nella vita reale a rendere totalmente credibile la messa in scena narrativa.

In questo microcosmo scozzese, innevato, ghiacciato, sospeso a mezz’aria nel tempo Rickman cuce e descrive un momento della giornata che sembra non finire mai. Il giovanissimo Sean Biggerstaff che verrà segnalato dallo stesso regista per i casting di Harry Potter e farà una fortunata carriera, è emblematico e si atteggia come un piccolo ometto, giocando tra i ghiacci con il suo amichetto e salvando una gattina cui darà il nome Fanny.

L’ospite d’inverno non vuole dare false aspettative al pubblico: desidera solo raccontare un momento, cristallizzare nel tempo le azioni degli attanti sulla scena e in questo Rickman si rivela un vero maestro. Mai una sbavatura né una caduta di stile. Rimane forse una domanda empirica. L’ospite del titolo chi è? Lo scoprirete solamente guardandolo. Buona visione!

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Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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