Nelle scorse settimane, in Trentino, un fungaiolo di 33 anni è stato aggredito da un orso mentre si trovava nei boschi di Bleggio Superiore in località Rango. L’uomo, un operaio comunale di origini piemontesi, stava andando da solo a funghi, quando improvvisamente si è sentito colpire alle spalle. Una volta diffusa la notizia dell’accaduto, l’amministrazione provinciale, neanche a dirlo, ha immediatamente predisposto l’abbattimento dell’animale nonostante Andrea, questo il nome dello sventurato, si sia detto contrario e abbia confessato di aver riportato solamente qualche graffio pur avendo provato molta paura.
Che dire, la provincia autonoma di Trento non è di certo nuova a sentenze del genere. Basti pensare ai casi di Jj4 e Kj1 che, seppur in circostanze differenti da quella attuale, vennero entrambi abbattuti. Ma davvero non c’erano e non ci sono tutt’ora delle alternative allo sterminio di quella che dovrebbe essere una specie protetta e la cui unica colpa sarebbe quella di aver agito “secondo natura”?
Negli ultimi anni, il dibattito sulla gestione degli orsi nelle regioni montane è diventato sempre più acceso e polarizzante per l’opinione pubblica (nonché per le istituzioni), soprattutto a causa dei numerosi incidenti, alcuni persino con dei risvolti tragici, e per via delle crescenti interazioni con gli esseri umani. La questione sulla quale si discute maggiormente è come far fronte ad una problematica che non intacchi una sana convivenza tra uomo e animali, benché l’abbattimento risulti essere sempre l’unica strada d percorrere per chi crede di risolvere definitivamente il problema. Tuttavia, tale soluzione estrema, forse, dovrebbe essere evitata.
Difatti gli orsi, simbolo di forza e di un ecosistema sano, meritano di essere protetti e non uccisi. È fondamentale studiare strategie che garantiscano la sicurezza delle persone e degli animali stessi, senza dover ricorrere a misure così drastiche. Essi sono, inoltre, parte integrante di questo mondo e del sistema perfetto che lo sorregge. Il loro ruolo è cruciale nel mantenimento dell’equilibrio naturale, per il contributo che apportano alla dispersione dei semi e al controllo delle popolazioni di altre specie. Eliminarli non solo comprometterebbe questa stabilità, ma priverebbe anche le future generazioni della possibilità di ammirarli e comprenderne il significato.
Una convivenza pacifica tra orsi e comunità umane è possibile, ma può diventare una realtà soltanto se ci impegniamo ad educare maggiormente la popolazione a riguardo, a studiare piani di prevenzione e ad impiegare le tecnologie più avanzate.
Educare le persone a rispettare gli spazi degli orsi e a evitare comportamenti che potrebbero attirare la loro attenzione, specialmente se ci si trova nel loro habitat, potrebbe essere un primo passo. Dopodiché, l’utilizzo di recinzioni elettrificate, barriere elettriche intorno a terreni agricoli e allevamenti, potrebbe scoraggiare gli orsi ed evitare che quegli incontri ravvicinati che, per natura, hanno spesso e volentieri un finale già noto. E lo stesso vale per l’uso di spray repellenti e cani da guardia, sistemi di monitoraggio e tracciamento degli spostamenti, ottimi strumenti di allontanamento non letali e sicuri er prevenire danni senza far male agli animali.
In definitiva, l’abbattimento non è una soluzione né sostenibile né etica. Ci sono altre vie, basta solamente volerle realmente intraprendere per affrontare le sfide che il futuro, l’urbanizzazione e il contrasto con la natura ci impongono!
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