Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 l’Italia sarà chiamata ad una prova di democrazia. Gli elettori dovranno, infatti, pronunciarsi su un nuovo Referendum abrogativo. Le votazioni saranno aperte dalle 07:00 alle 23:00 del primo giorno, mentre il secondo sarà possibile recarsi alle urne dalle 07:00 alle 15:00. Ma per quale motivo gli italiani dovranno esercitare il proprio diritto (nonché dovere) di voto?
Ebbene, nonostante la copertura mediatica su una questione che dovrebbe essere a dir poco rilevante sia piuttosto scarna, si parlerà di lavoro, precarietà, sicurezza e cittadinanza. Nello specifico, i cinque punti promossi dalle associazioni e ai sindacati riguardano:
Insomma, aspetti cruciali che riguardano la nostra società democratica. Ma perché, anziché intervenire direttamente su di essi, si decide di ricorrere allo strumento di sempre, ossia all’abrogazione? Non si propone. Si cancella. Non si sogna. Si revoca. Non si costruisce. Si difende. Un po’ come se la nostra fosse una Democrazia a Responsabilità Limitata (D.R.L.).
Come abbiamo avuto modo di rivedere poco fa, ciascun quesito referendario è a carattere abrogativo. Nessuno di essi invita a progettare qualcosa di nuovo per il futuro. Insomma, alla luce di questo il cittadino non è protagonista della legge, ma solo una postilla. Un correttore di bozze con diritto di veto. Non ha voce, ma solamente una gomma. Eppure, ci sono cittadini informati, attivi e responsabili.
Perché continuare a trattarli da minori politici?
In passato, i quesiti referendari erano concepiti proprio per opporre la democrazia alla partitocrazia. Basti pensare a quello del 1974 sul divorzio (clicca QUI per leggere il nostro articolo a riguardo) o a quello del 1981 riguardante l’aborto. In entrambi i casi, difatti, il popolo non introdusse nulla. Al contrario, difese ciò che il Parlamento aveva già concesso:
Il popolo non seminò, protesse solamente ciò che altri avevano seminato per lui.
Il leader radicale Marco Pannella lo aveva capito. E lo aveva denunciato. Il referendum abrogativo era uno strumento potente ma insufficiente. Di contro, egli chiedeva referendum propositivi, deliberativi, vincolanti. Sognava una Democrazia a Responsabilità Diffusa (D.R.D.), dove il cittadino potesse essere attore e autore.
Perché, è bene ricordarlo, il referendum non è mai una seccatura. Perciò, ribadendo sempre e comunque l’importanza di fare la propria parte, perché limitarlo all’abrogazione? Certo, c’è chi dice:
Tanto non cambia nulla…
Tuttavia, questo cinismo è più pericoloso del qualunquismo. È la resa anticipata di una democrazia che si auto-disattiva. Ogni tratto di matita è un “ci sono”, un “contatemi”, un “non mi lascio governare nel silenzio”.
A tal proposito, durante l’Assemblea Costituente si parlò di referendum propositivo:
E così, l’articolo 75 riconobbe solo il referendum abrogativo.
Nel 2025, inoltre, a proporre questi quesiti non sono i partiti. Sono i sindacati, i movimenti civici. Chiaro segno che i partiti non sono più strumenti di mediazione, ma ostacoli alla partecipazione. Serve un’architettura nuova della democrazia. Il cittadino deve smettere di bussare. Deve entrare.
Il referendum non deve essere un fastidio da subire. Deve diventare lo spazio permanente della democrazia costituente. Il cittadino non è un problema da contenere. È una risorsa da liberare, perché la sovranità popolare non è un rischio: è l’essenza della Repubblica!
Per rimanere aggiornato sulle ultime opinioni, seguici su: il nostro sito, Instagram, Facebook e LinkedIn
Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio…
La mente è tutto. Ciò che pensi, diventi Questa frase, attribuita al Buddha, risuona oggi…
Non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli —…
A partire dal 2021, il 6 ottobre di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale…
È al primo posto della classifica Earone, che significa che è il brano più programmato…
I mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. Vivono dentro di noi e,…
View Comments