Attualità

Referendum dell’8 e 9 giugno 2025: una Democrazia a responsabilità limitata?

Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 l’Italia sarà chiamata ad una prova di democrazia. Gli elettori dovranno, infatti, pronunciarsi su un nuovo Referendum abrogativo. Le votazioni saranno aperte dalle 07:00 alle 23:00 del primo giorno, mentre il secondo sarà possibile recarsi alle urne dalle 07:00 alle 15:00. Ma per quale motivo gli italiani dovranno esercitare il proprio diritto (nonché dovere) di voto?

I quesiti referendari

Ebbene, nonostante la copertura mediatica su una questione che dovrebbe essere a dir poco rilevante sia piuttosto scarna, si parlerà di lavoro, precarietà, sicurezza e cittadinanza. Nello specifico, i cinque punti promossi dalle associazioni e ai sindacati riguardano:

  1. Modifiche alle normative introdotte con il Jobs Act (SCHEDA VERDE). Il primo quesito riguarda l’abolizione del contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act (contratto a tempo indeterminato che prevede tutele contro il licenziamento progressivamente maggiori con l’aumentare dell’anzianità lavorativa, ma non il reintegro), che limita la possibilità di reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente. Chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 non ha diritto al reintegro, ma solo a un indennizzo proporzionato all’anzianità, mentre per chi è stato assunto prima resta valido l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che predispone il reintegro. Nel tempo, modifiche legislative e sentenze hanno attenuato la rigidità della norma, permettendo in alcuni casi il reintegro anche ai lavoratori più recenti. Tuttavia, resta la distinzione tra le due categorie, e i lavoratori a tutele crescenti sono oggi circa 3,5 milioni (20% dei lavoratori a tempo indeterminato), una quota che, secondo le stime, è destinata ad aumentare.
  2. Licenziamenti nelle piccole imprese (SCHEDA ARANCIONE). Il secondo quesito propone di eliminare il limite massimo all’indennità per i licenziamenti ingiustificati nelle piccole imprese (meno di 16 dipendenti). Attualmente, il risarcimento non può superare sei mensilità. Con la vittoria del Sì, i lavoratori licenziati ingiustamente in queste aziende potrebbero ottenere indennizzi più alti. La normativa attuale, invece, prevede tutele minori per proteggere la sopravvivenza economica di tali realtà.
  3. Precariato sul lavoro (SCHEDA GRIGIA). Il terzo quesito propone di abolire le norme che hanno reso più facile il ricorso, da parte delle aziende, ad assunzioni a tempo determinato senza specificarne motivazione, perlomeno nei primi 12 mesi. Attualmente, le aziende devono indicare una causale (che può essere un aumento della produzione) soltanto dopo un anno. Se vincesse il Sì, sarebbe obbligatorio specificare fin da subito il motivo dell’assunzione, anche per periodi brevi. Questo, però, secondo alcuni potrebbe creare difficoltà alle imprese in caso di esigenze impreviste.
  4. Sicurezza sul lavoro (SCHEDA ROSA). Il quarto quesito propone di abrogare la norma che impedisce ai lavoratori in subappalto infortunati di chiedere il risarcimento anche all’impresa committente. Attualmente, la responsabilità è solo della ditta che li ha assunti, escludendo la cosiddetta responsabilità in solido con l’azienda titolare dell’opera. Di conseguenza, votando Sì al quesito, si punterebbe ad aumentare la responsabilità delle imprese per gli incidenti sul lavoro legati a appalti e subappalti, per ridurre i rischi. Chi voterà No, invece, ritiene che l’attuale normativa sia giusta, in quanto l’impresa che subappalta delega i rischi sulla sicurezza allo specialista incaricato.
  5. Cittadinanza italiana (SCHEDA GIALLA). L’ultimo quesito propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo di residenza legale in Italia per gli stranieri extracomunitari maggiorenni che richiedono la cittadinanza. L’obiettivo è rendere più rapido l’accesso alla cittadinanza per chi vive stabilmente nel nostro Paese. La modifica, qualora vincesse il Sì, non andrà a cambiare gli altri requisiti attualmente in essere, come la conoscenza della lingua, il reddito, l’assenza di precedenti penali e il pagamento delle tasse. Inoltre, sempre in caso di risposta affermativa al quesito referendario, se un genitore ottenesse la cittadinanza, anche i figli minori conviventi la riceverebbero automaticamente.

Insomma, aspetti cruciali che riguardano la nostra società democratica. Ma perché, anziché intervenire direttamente su di essi, si decide di ricorrere allo strumento di sempre, ossia all’abrogazione? Non si propone. Si cancella. Non si sogna. Si revoca. Non si costruisce. Si difende. Un po’ come se la nostra fosse una Democrazia a Responsabilità Limitata (D.R.L.).

Il Referendum di giugno 2025 tra il diritto di dire “No” e l’incertezza nel dire “Sì”: una democrazia mutilata?

Come abbiamo avuto modo di rivedere poco fa, ciascun quesito referendario è a carattere abrogativo. Nessuno di essi invita a progettare qualcosa di nuovo per il futuro. Insomma, alla luce di questo il cittadino non è protagonista della legge, ma solo una postilla. Un correttore di bozze con diritto di veto. Non ha voce, ma solamente una gomma. Eppure, ci sono cittadini informati, attivi e responsabili.
Perché continuare a trattarli da minori politici?

Il paradosso del divorzio e dell’aborto

In passato, i quesiti referendari erano concepiti proprio per opporre la democrazia alla partitocrazia. Basti pensare a quello del 1974 sul divorzio (clicca QUI per leggere il nostro articolo a riguardo) o a quello del 1981 riguardante l’aborto. In entrambi i casi, difatti, il popolo non introdusse nulla. Al contrario, difese ciò che il Parlamento aveva già concesso:

  • la legge Fortuna-Baslini sul divorzio (1970)
  • la legge 194 sull’aborto (1978)

Il popolo non seminò, protesse solamente ciò che altri avevano seminato per lui.

Il caso di Marco Pannella e l’inganno democratico

Marco Pannella/Credit: web

Il leader radicale Marco Pannella lo aveva capito. E lo aveva denunciato. Il referendum abrogativo era uno strumento potente ma insufficiente. Di contro, egli chiedeva referendum propositivi, deliberativi, vincolanti. Sognava una Democrazia a Responsabilità Diffusa (D.R.D.), dove il cittadino potesse essere attore e autore.

Perché, è bene ricordarlo, il referendum non è mai una seccatura. Perciò, ribadendo sempre e comunque l’importanza di fare la propria parte, perché limitarlo all’abrogazione? Certo, c’è chi dice:

Tanto non cambia nulla…

Tuttavia, questo cinismo è più pericoloso del qualunquismo. È la resa anticipata di una democrazia che si auto-disattiva. Ogni tratto di matita è un “ci sono”, un “contatemi”, un “non mi lascio governare nel silenzio”.

Il compromesso dei Costituenti

A tal proposito, durante l’Assemblea Costituente si parlò di referendum propositivo:

  • Costantino Mortati ne era favorevole;
  • Alcuni socialisti e azionisti sostenevano l’idea;
  • Ma Togliatti, Dossetti e anche Calamandrei si opposero perché temevano derive plebiscitarie.

E così, l’articolo 75 riconobbe solo il referendum abrogativo.

I partiti hanno fallito, ora tocca ai cittadini: il coraggio di fidarsi del popolo

Nel 2025, inoltre, a proporre questi quesiti non sono i partiti. Sono i sindacati, i movimenti civici. Chiaro segno che i partiti non sono più strumenti di mediazione, ma ostacoli alla partecipazione. Serve un’architettura nuova della democrazia. Il cittadino deve smettere di bussare. Deve entrare.

Il referendum non deve essere un fastidio da subire. Deve diventare lo spazio permanente della democrazia costituente. Il cittadino non è un problema da contenere. È una risorsa da liberare, perché la sovranità popolare non è un rischio: è l’essenza della Repubblica!

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Renato Ongania

Studioso di comunicazione, semiotica e vessillologia. Esploratore, attivista culturale e saggista. Già consigliere comunale e militante radicale "contro la pena di morte". Laurea in relazioni pubbliche (Iulm, Milano), diplomi di alta formazione nel pensiero filosofico di Tommaso d’Aquino e Anselmo d’Aosta presso atenei pontifici; “Esperto in criminologia esoterica”, master in bioetica. Tra i suoi interessi di ricerca: diritti umani, peace studies, hate speech online, analfabetismo religioso. Da oltre dieci anni Ministro della Chiesa di Scientology e rappresentante italiano dello scrittore statunitense L. Ron Hubbard.

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