Attualità

Sciopero per Gaza e per la Global Sumud Flotilla: protesta e dissenso sono un diritto costituzionale e un dovere morale

Come ormai è ben noto a chiunque, la popolazione italiana ha deciso di mobilitarsi in massa per mostrare il proprio sostegno e la propria solidarietà, dinanzi al genocidio attualmente in atto, ai cittadini della Striscia Di Gaza e, più in generale, al popolo palestinese. Dallo scorso 22 settembre, infatti, scioperi e mobilitazioni nelle piazze italiane si sono fatti sempre più frequenti e, in seguito all’abbordaggio da parte delle autorità israeliane della Global Sumud Flotilla, con conseguente arresto di tutti gli equipaggi, le manifestazioni si sono intensificate.

Ciò ha innescato diverse polemiche, soprattutto da parte della classe dirigente e di coloro che ritengono che del “diritto di sciopero” in tanti ne stiano abusando o non vi facciano ricorso anche per questione che riguardano strettamente il nostro Paese. Ma è davvero così? Facciamo un po’ di chiarezza.

Un po’ di chiarezza sul “diritto di sciopero” di cui in molti continuano a (s-)parlare

Senza entrare direttamente nei meriti, nelle intenzione e negli scopi delle attuali proteste, bisogna rammentare che in Italia lo sciopero non serve solo a trattare salario e orari. Anzi, con buona pace di coloro che non vedono di buon occhio i movimenti odierni, la legge e la giurisprudenza ammettono anche lo “sciopero di protesta“, ossia contro scelte o eventi che toccano diritti e vita sociale, e lo “sciopero con finalità politiche (non eversive)“, che mira ad influenzare decisioni pubbliche senza sovvertire l’ordinamento o bloccare i poteri dello Stato.

In caso si verifichino tali condizioni, valgono regole precise, soprattutto per quanto riguarda servizi pubblici essenziali: preavviso, rarefazione, prestazioni indispensabili. Esistono, naturalmente, delle eccezioni come riporta l’art. 2, comma 7 della L. 146/1990, il quale sancisce che preavviso e indicazione della durata non si applicano se lo sciopero viene indetto in difesa dell’ordine costituzionale oppure in protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori. “E chi è in aspettativa non retribuita?”, si chiedono svariate persone. Ebbene, chi è in congedo non sta lavorando, dunque non può “aderire” non essendoci una prestazione dalla quale astenersi.

In più, il sindacato può proclamare lo sciopero a tutela anche di attivisti minacciati e lavoratori non adeguatamente protetti, perché la finalità rientra nella sfera dei diritti costituzionali. Pertanto, tale strumento serve a tutelare lavoratori e cittadinanza dei lavoratori. Non è un “liberi tutti”, ma nemmeno un “parlate solo di stipendio”.

Cosa accade se il Garante dichiara “illegittimo” lo sciopero?

Per quel che riguarda lo sciopero attualmente in corso in numerose città e località, invece, il Garante ne aveva dichiarato l’illegittimità. Ma perché? E in particolare, cosa significa? Per rispondere a queste domande è necessario spiegare che la Commissione di garanzia sugli scioperi ha ritenuto illegittimo lo sciopero generale così come convocato perché sprovvisto del necessario preavviso previsto dalla L. 146/1990. Secondo suddetto organo, infatti, non ricorrevano le eccezioni dell’art. 2, c. 7, fermo restando che lo sciopero indetto nelle condizioni di “eccezionalità” non deve considerarsi “illegittimo”. Nel caso in questione, nello specifico, ad essere illegittimi sono l’esercizio del diritto e le modalità con cui è stato convocato.

La Commissione di garanzia è un’Autorità indipendente prevista dalla L. 146/1990, che si riunisce alla vigilia di ogni mobilitazione riunitasi alla vigilia della mobilitazione. Nella giornata di ieri, giovedì 2 ottobre, la commissione ha diramato una nota ufficiale in cui si qualificava l’astensione “in violazione dell’obbligo legale di preavviso” giudicando “inconferente” il richiamo dei sindacati all’art. 2, c. 7. Ciò nonostante, i sindacati USB e CGIL (quest’ultimo rivendica la piena legittimità dell’iniziativa) hanno confermato lo sciopero e annunciato ricorso contro il provvedimento. Pertanto, la partita non si giocherà soltanto nelle piazze, ma proseguirà perfino sul piano legale.

Anche perché, come diceva Mahatma Gandhi:

La disobbedienza civile diventa un sacro dovere quando lo Stato diventa dispotico o corrotto

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Renato Ongania

Studioso di comunicazione, semiotica e vessillologia. Esploratore, attivista culturale e saggista. Già consigliere comunale e militante radicale "contro la pena di morte". Laurea in relazioni pubbliche (Iulm, Milano), diplomi di alta formazione nel pensiero filosofico di Tommaso d’Aquino e Anselmo d’Aosta presso atenei pontifici; “Esperto in criminologia esoterica”, master in bioetica. Tra i suoi interessi di ricerca: diritti umani, peace studies, hate speech online, analfabetismo religioso. Da oltre dieci anni Ministro della Chiesa di Scientology e rappresentante italiano dello scrittore statunitense L. Ron Hubbard.

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