L'Intervista

Yu Yu, la rinascita di una popstar: tra consapevolezze e ritorno alla musica con “La Bohème”

Dopo anni di assenza, Yu Yu, al secolo Giuditta, la popstar franco-bergamasca che aveva conquistato il pubblico nei primi anni 2000 con successi come “Mon petit garçon” e “Bonjour bonjour“, è tornata. Il suo ritorno non è solo musicale, ma anche personale, e ci racconta una storia di rinascita, riflessione e resilienza. L’ho rivista con grande gioia ed è stato semplice condividere i pensieri insieme. A distanza di vent’anni da quando è esplosa sulla scena musicale, con la sua energia contagiosa e la sua voce unica, oggi si presenta sotto una nuova luce, più matura e consapevole.

Credit: concessione dell’Ufficio Stampa

Questa nuova fase della sua carriera inizia con un’interpretazione emozionante di “La Bohème” di Charles Aznavour, un brano che l’ha colpita profondamente, soprattutto in un periodo molto particolare della sua vita, segnato dalla perdita della sua amata nonna. La sua versione del classico di Aznavour non è solo un tributo alla musica, ma una vera e propria riflessione sul tempo, sul cambiamento e sulla bellezza del vivere in pieno ogni momento, proprio come suggerisce il testo della canzone.

In questa nostra intervista esclusiva, però, Yu Yu non si limita a parlare della sua carriera, ma si apre anche riguardo al percorso di guarigione che l’ha vista affrontare e superare disturbi alimentari e momenti di buio. Una testimonianza di coraggio e speranza, che magari potrà essere di ispirazione per chiunque stia attraversando difficoltà simili.

Yu Yu – L’Intervista

Yu Yu, la tua vita ha attraversato diverse fasi molto intense. Se dovessi raccontare a chi non ti conosce ancora, come descriveresti il cambiamento che hai vissuto in questi ultimi 20 anni?

Mi sento un po’ come un camaleonte, perché in questi ultimi vent’anni ho vissuto tante ‘vite’. Vent’anni sono un periodo lungo, che racchiude forse i momenti più significativi di una vita. All’inizio, tutto era buio, e mi sembrava di partire da un sipario chiuso. Poi, una serie di eventi e coincidenze mi hanno portato a Ibiza, dove ho vissuto un’esperienza di ‘reset’. Ho deciso di vivere un’esistenza anonima, lontano dal passato, per permettere a Giuditta di rinascere. E, a un certo punto, la vera trasformazione è arrivata con la maternità. Avere due bambini ha rappresentato la chiave del mio cambiamento e del mio nuovo inizio.

Il successo di “Mon petit garçon” ti ha portato alla fama, ma anche a tanti momenti di difficoltà. Come hai imparato a convivere con il contrasto tra la visibilità e la solitudine che spesso accompagna la vita nel mondo dello spettacolo?

Quando arrivi da una vita ‘normale’ e vieni catapultata nel mondo dello spettacolo, nessuno ti spiega come vivere il contrasto tra la visibilità e la solitudine. È difficile gestirlo, e io non sono sicura di averlo mai fatto davvero. Non è stato facile, e forse non l’ho gestito nel migliore dei modi. All’epoca, non c’erano i social, non c’era l’ansia dei follower. La solitudine l’ho affrontata cercando di circondarmi solo di amici veri e familiari che mi volessero bene per quello che sono. Questo mi ha aiutato sicuramente tanto.

Hai compiuto un lungo percorso di guarigione, che è passato attraverso l’anoressia e i momenti bui. Oggi, a distanza di tempo, che messaggio ti sentiresti di lanciare a chi si trova a combattere con problemi simili? Come può una persona imparare ad amarsi, anche quando il corpo sembra dire il contrario?

Credit: concessione dell’Ufficio Stampa

L’anoressia è una vera e propria malattia, una forma di depressione che ti porta a sviluppare schemi mentali irreali. Quando ci sei dentro, sembra impossibile uscirne, ma voglio dire che è possibile. Ho ricevuto tanti messaggi da genitori di ragazze che vivono la stessa battaglia, e questo mi fa capire che il mio percorso può essere di aiuto. Un consiglio che posso dare è che per imparare ad amarsi bisogna smettere di guardarsi allo specchio. Non è una cosa facile, ma la terapia dello specchio mi ha aiutata molto a capire che ciò che vediamo non è la realtà, è solo il riflesso di un meccanismo perverso che ci inganna. È un cammino lungo, ma è possibile farcela.

Adesso che hai messo ordine nella tua vita, torni alla musica: come hai affrontato l’idea di riprendere il microfono dopo tanto tempo?

Quando ho ripreso in mano il microfono, l’ho fatto con serenità. Sarebbe stato ipocrita dire che non mi è mai mancato cantare, o che non mi sono mai divertita. Mi sono divertita tantissimo, e quando sono tornata in studio con ‘Mon petit garçon’ e ‘Bonjour Bonjour’, mi sono sentita di nuovo viva, di nuovo me stessa. Ma questa volta, l’ho affrontato con i piedi per terra, consapevole di ciò che il mondo musicale è diventato: un mondo effimero, che può cambiarti in un attimo. Non voglio farne un’ossessione, ma mi piace sentire che la mia musica possa ancora piacere.

Hai scelto di tornare con una rivisitazione di “La Bohème” di Charles Aznavour. Cosa rappresenta per te questo pezzo, perché proprio questo?

Quando il mio discografico e produttore di sempre, Pippo Landro, mi ha proposto di fare ‘La Bohème’, sono rimasta spiazzata. Un pezzo così grande, legato a un mito come Aznavour, sembrava una sfida enorme. Ma quando l’ho cantato, ho sentito una connessione speciale. È arrivato in un momento particolare della mia vita, poco dopo la morte di mia nonna, che amava molto Aznavour. Lei era una delle mie prime fan. Quando ho registrato la demo, ho acceso delle candele, e in quel momento ho sentito la sua presenza accanto a me. Ho subito capito che era la mia canzone.

C’è un dolcissimo video che accompagna questa canzone. Come ti ha fatto sentire girare un video dopo tanti anni? Cosa hai pensato o provato durante le riprese?

Il video è stato un momento magico. Girarlo a Ibiza è stato molto significativo per il mio percorso di vita. Ho lavorato con professionisti che credevano nel pezzo e in me, e questo mi ha fatto sentire davvero bene. È stato un momento importante anche per me come donna, dopo essere diventata mamma. Quando mi hanno proposto, in post produzione, di fare dei ritocchi, ho detto no: sono così, con le mie rughe, con i miei segni del tempo. È stato bello vedere quella parte di me che accetta la propria evoluzione. È stato un momento di divertimento, ma anche di grande confidenza con me stessa.

E dopo questo brano?

Chi lo sa? Non amo fare piani a lungo termine. Mi piace vivere nel presente, ma non significa che non ci siano progetti in cantiere. Con Pippo stiamo pensando a delle idee, ma sempre con serenità. Quello che mi importa ora è vivere il momento, come dice ‘La Bohème’, e affrontare il futuro con positività, senza ansia. Quello che sarà, sarà.

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Monica Landro

Studi classici, una laurea in Lettere e Filosofia, e un tesserino dell’Ordine dei Giornalisti. Questo è il CV in estrema sintesi. Ma quello che veramente la descrive è l’amore per la musica, per i libri, il teatro e i viaggi. Ama cucinare le torte e prendersi cura delle sue piante. Odia i calcoli matematici, le percentuali e i problemi di geometria. Ama stare in mezzo alla gente ma ama ancora di più stare con se stessa. Ama la Sicilia, i suoi colori, sapori e tramonti. Ogni volta che la vita le sembra difficile, cerca di raggiungere uno scoglio, si siede e ne parla con il mare.

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