Chi è la persona che odi di più? Cosa le faresti, se potessi? Il giorno è arrivato
Quando Mary Shayne si sveglia, si sente confusa? A dir poco. È nuda e sdraiata sul letto di un mobilificio, con i postumi di una sbronza – o almeno così sembra – colossale. E non solo: le ampie vetrate rimandano la sua immagine stupita a mezza Manhattan. È la mattina del suo diciassettesimo compleanno e lei non ha la più pallida idea di come sia finita lì. Ma la giornata va ancora peggio per la protagonista de “7. Il numero maledetto” di Barnabas Miller e Jordan Orlando.
Quando arriva a scuola, Mary Shayne precipita subito nella tristezza. Innanzitutto, nessuno le fa gli auguri di compleanno. In secondo luogo, non viene trattata con la solita reverenza a cui è tanto abituata. Dai, andiamo, lei è Mary Shayne, la grandiosa Mary Shayne. Quella che è bellissima, carismatica, sempre magra e alla moda. Che fa cadere ai suoi piedi gli uomini e sbavare le donne. Una ragazza a cui non si può dire di no. Nessuno pare esserne capace, l’aura che emana è strabiliante e lei… lo sa. Eccome se lo sa. È così che convince sempre tutti a fare quello che vuole lei. Da sempre, sempre.
Che poi, voglio dire, è un pregio? Usare gli altri per i propri comodi sempre, intendo, mettendo se stessi continuamente al primo posto. Come se le proprie esigenze fossero assolutamente urgenti e di quelle degli altri, be’, chi se ne frega.
Ma oggi è diverso. Di Mary pare che non freghi nulla a nessuno.
Mary vive una giornata da film horror. Inizia con il suo fidanzato, Trick, che la lascia. Crudele e conciso. Prosegue con tutti che la ignorano, Joon e Amy (le sue migliori amiche) prime fra tutti, e con una serata allucinata dove accade un pochino di tutto. E finisce con…
Il suo omicidio. Sì, perché qualcuno le spara alla testa e Mary chiude gli occhi. Game over. La sua vita è finita. Ma non può esistere per lei l’eterno riposo finché non capirà quale è stato il suo assassino… quale delle persone che la odiavano ha, alla fine, premuto il grilletto?
Mary Shayne è condannata a tornare nel corpo di ognuno dei suoi amici, quegli stessi amici che lei pensava la amassero. E quindi scopre, tramite le loro menti, quello che provavano per lei… lei così egoista. Lei che ruba fidanzati. Che umilia. Lei che sfrutta le persone. Che le mette nei guai per noia. Che non si cura di nessuno, solo di se stessa. E arriva a una conclusione pazzesca: sono davvero tante le persone che l’avrebbero voluta morta. Amici che tanto amici non erano, ma sempre per colpa sua. Lei che pensava di poter fare tutto, di potersi spingere in là, sempre più in là, ha fatto diversi passi falsi. E tra queste persone, questi papabili killer, ce n’è una che è più assurda di altre, perché dovrebbe volerle bene… sua sorella Ellen che c’entra con questa storia?
Un bel libro, strutturato divinamente e altrettanto ben scritto. Le parti sono un susseguirsi di scoperte, di tasselli di un puzzle che piano piano si mettono in ordine. Insegna che l’odio sa radicarsi dove meno ce lo si aspetta e che, quando nasce, fa radici e cresce velocemente. Siamo esseri umani e amiamo, spesso follemente e senza freni, ma altrettanto siamo in grado di odiare e quando accade è un disastro. Soprattutto quando lo facciamo con grande intensità.
Possiamo anche essere le persone migliori della Terra, ma ogni tanto, nella nostra vita, l’abbiamo sicuramente provata quella sensazione di rabbia atroce. Quel sentimento che si mangia il tuo stomaco e lo sputa. Fa male, odiare in quel modo, ma talvolta è inevitabile. E desiderare la sofferenza – o anche la morte – della persona che ci ha cagionato tanto dolore è di fatto molto più semplice del previsto. Per fortuna che quasi nessuno, poi, alla fine della fiera, agisce e tutto questo rimane un pensiero.
Be’, a Mary Shayne è andata decisamente peggio.
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