Mo’ vene Natale, nun tengo denare, me leggio ‘o giurnale e me vaco ‘a cucca
Così cantava l’immortale Renato Carosone, in tempi in cui la vera ricchezza risiedeva realmente nella semplicità delle piccole cose. Oggi, invece, la situazione è decisamente cambiata e, visto l’andazzo, con le imminenti festività che ci si prospettano davanti, credo proprio che quelli elencati dal cantante partenopeo saranno gli unici “strappi alla regola” che potremo concederci.
Tra manovre economiche annunciate che non faranno altro se non lasciarci “in maniche di mutande” (per citare un altro grande partenopeo, l’incommensurabile Totò) e innalzamento della spesa bellica neanche dovessimo realmente far fronte ad una Terza Guerra Mondiale, passando per tutti quegli aiuti di cui si è tanto parlato e che non sono mai arrivati, ci siamo ritrovati in men che non si dica alle soglie del Natale, quel periodo intriso di contagiosa ipocrisia che, non appena scoccata la mezzanotte del 6 gennaio, puntualmente si dilegua per darci appuntamento al prossimo anno. Il medesimo in cui ognuno di noi dovrebbe riscoprirsi più generoso. O perlomeno, questo è quello che ci hanno insegnato.
Non a caso, sebbene continuiamo a ripeterci il contrario, a Natale nessuno di noi è veramente più buono, tant’è che le nostre aspettative vengono inesorabilmente disattese. Questo, in effetti, è il momento in cui ciascuno di noi, in preda a quell’infinità di buoni propositi che inevitabilmente non portiamo a compimento, inizia a fare progetti in vista dell’anno che verrà, illudendosi del fatto che qualcosa possa di certo migliorare. Non vorrei svelarvi un fatto, ma non preoccupatevi perché non cambierà assolutamente nulla. Ed è una fortuna questa, almeno per chi può vantare una quotidianità ricca di gioie e sogni da poter realizzare. Per gli altri, purtroppo, se non si abbandonano le cattive abitudini, cosa potrà mai accadere? Per loro ci vorrebbe giusto una cosa, un miracolo, di quelli che non se ne vedono e non se ne sentono più.
Comunque, disgrazie della vita a parte, io qualche regalo ho già cominciato a riceverlo. Niente di materiale o costoso – ahimè – ma pur sempre soddisfacente. Se dovessi render conto di chiunque o qualunque cosa si aggiri in televisione ultimamente, avrei da scrivere in abbondanza, roba che Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust in confronto, che dovrebbe essere il romanzo più lungo finora mai pubblicato, assomiglierebbe ad una fiaba tascabile per bambini. E menomale che, a detta di alcuni, il vero problema della tv italiana era Barbara d’Urso!
Non saprei proprio da dove cominciare, ma se mi ritrovassi costretto a scegliere, credo proprio che inizierei dalla pessima figura di Teo Mammucari a Belve di Francesca Fagnani, in cui l’esimio (si fa per dire) conduttore e “mattatore” (della sua carriera televisiva sicuramente) ci ha dimostrato che, il più delle volte, la fama non è tutto. Non so cosa ne pensiate voi, ma ritengo che sarebbe un ottimo incipit! Oppure, che ne so, da Taylor Mega che, all’interno dello stesso format, non avendo forse più argomenti per controbattere alle domande, ha deciso di provarci spudoratamente con l’intervistatrice. In altre parole, il classico escamotage al quale tutti, chi più e chi meno, ricorriamo quando non sappiamo più cosa fare per “buttare tutto in caciara“.
O ancora, al continuo ripescaggio dei soliti noti del Grande Fratello di Alfonso Signorini, perché, in fondo, nella vita, presto o tardi, qualche minestra riscaldata ci tocca pur mangiarla. L’ultima, ad esempio, è stata il breve ritorno nella Casa più spiata d’Italia di Stefania Orlando, del cui siparietto con la mia amata Regina di Cuori Beatrice Luzzi avrei potuto tranquillamente fare a meno. O alla miriade di peripezie vissute dalla regista, sceneggiatrice, produttrice, attrice, cantante, ballerina, manager, netturbina, lavandaia, pescivendola, casalinga (e chi più ne ha, più ne metta) Valeria Marini, dal momento che il millantare qualità che non si posseggono è uno dei vizi capitali più morbosi dell’essere umano. E infine ad Alba Parietti, quella che “io non uso filtri” e poi su Instagram non la riconoscerebbe nemmeno la madre, giacché nessuno (o quasi), in questa nostra sconclusionata epoca, si mostra mai per come è veramente!
Mi fermo qui, non vorrei spoilerarvi più del dovuto. Per quel che riguarda il titolo, mi prenderò tutto il tempo necessario per pensarci, Chissà, magari “Alla ricerca della dignità perduta” potrebbe essere il nome della prima stesura. Ad ogni modo, qui ci salutiamo, per ora. Spero di rivedere ognuno di voi a gennaio, ma casomai non dovessimo rincontrarci, mi auguro vivamente non dipenda da me. Buon Natale!!!
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