“Cara Giorgia Meloni,
ormai sono passati quasi tre anni da quando quel famoso 26% (il quale, contrariamente a ciò che ami ancora ripetere e ripeterti, NON corrisponde alla maggioranza degli italiani, ma “solamente” alla maggioranza di quegli aventi diritto al voto che, quello sfortunato giorno, si sono recati alle urne) ti ha eletta Presidente del Consiglio dei Ministri del sessantottesimo Esecutivo della Repubblica e da allora, nostro malgrado, non molte cose sono cambiate. Anzi, per amore di quella verità che oggigiorno viene spesso e volentieri distorta, bisognerebbe ammettere che quegli sporadici cambiamenti che si possono ravvisare non sono neanche così entusiasmanti come a te piace raccontare.
Per carità, nessuno pretende che si rivoluzionino la struttura e le fondamenta di una nazione nella sua totalità in un lasso di tempo relativamente ristretto, soprattutto dopo decenni di governi caduti, esecutivi giunti al termine prima del previsto, improbabili rimpasti tecnici e improponibili alleanze. Quel che è certo, però, è che io, al pari di tantissimi altri cittadini, ritengo sia giunto il momento per ciascuno di noi, simpatizzante o meno che sia, di ricevere delle risposte concrete a degli interrogativi che, per troppo tempo, sono rimasti inascoltati.
Perciò ti scrivo, con l’amarezza di chi osserva e la speranza, per quanto vana, di chi un giorno crede di poter ripensare a tutto questo come ad un lontano (e forse brutto) ricordo. Non preoccuparti, non si tratta di un’intercettazione della Procura o di un memorandum della Commissione Europea. La mia non è un’invettiva dettata da affiliazioni politiche differenti, né un biglietto privato; tantomeno la si potrà considerare una pretenziosa analisi di qualcuno che statista non ha mai voluto diventarlo, ancor meno fingere di esserlo. Una lettera aperta, né più né meno, indirizzata a colei che è stata chiamata a rappresentarci perché penso che amministrare un Paese significhi occuparsene nella sua interezza, e non soltanto per quel che riguarda i ‘Fratelli, Cugini, Cognati e Parenti Tutti d’Italia’; quel medesimo Paese che oggi domanda al suo Presidente: “A che gioco stiamo giocando”?
Purtroppo, quando si ha un elettorato che è quello che è, per via anche dell’indifferenza dilagante o della sfiducia sempre crescente nei confronti delle istituzioni, ci si può permettere di dire la qualunque e di fare qualsiasi cosa. Non importa che tutto, alla fine, risulti essere il contrario di tutto poiché, a quel punto, il sottile limite che separa l’affinità ideologica dalla pura idolatria o l’estraneità ad una vita civilmente e politicamente impegnata dal totale disinteresse è stato già oltrepassato: ogni parola contraddetta, ogni azione mancata e ogni impegno ritrattato diventano “oro colato” per chi preferisce di gran lunga negare l’evidenza piuttosto che venire a patti con la realtà, o peggio, per coloro che, pur non scegliendo per se stessi, continuano a lamentarsi dello stato delle cose.
Sembra ieri, eppure sono già trascorsi parecchi anni da quando, direttamente dalle tribune dell’opposizione, difendevi ideali che adesso pare non ti appartengano più. Dov’è finita, per esempio, la sovranista inflessibile, l’integerrima militante di destra disposta a qualunque cosa pur di difendere l’orgoglio nazionale? Da paladina dell’Italia a promotrice del grande mercato delle occasioni (per gli altri, s’intende!), dove un minuto prima si tenterebbe di affidare la gestione delle telecomunicazioni governative e della sicurezza strategica della nazione a Space X, e poi, subito dopo (o quasi), si rimane impassibili ad osservare la (s)vendita del simbolo del retail tecnologico nostrano “Unieuro” al colosso cinese dell’e-commerce “JD.com”. Della serie, “prima gli italiani” purché questi siano tra i migliori offerenti?!
Diversamente le cose non sembrerebbero andare sul fronte del lavoro e della crescita. D’altronde, si sa, i numeri non mentono mai sebbene ad alcuni risulti più comodo interpretarli a proprio piacimento. Difatti, cara Giorgia Meloni, a più riprese ci hai fieramente comunicato che l’Italia sta sperimentando un periodo di forte nonché storica crescita. Certo, i dati ci confermano che il PIL avanza, ma a quale ritmo? Beh, non tanto “forte” visto che, secondo quel che riportano l’OCSE, l’ISTAT e l’UPB, il Paese cresce, ma più lentamente degli altri: a malapena di uno 0,6%! È dunque una buona notizia? Chissà, da un lato potrebbe anche esserlo, ma non sarebbe meglio considerarla, piuttosto che una vittoria da celebrare in conferenza stampa per mero amor di propaganda, una spinta motivazionale a fare ancora di più?
E che dire dell’occupazione giovanile? Stando a quanto comunica l’ISTAT, a giugno 2025 si registrava un tasso del 20,10% di giovani senza lavoro, tra i più elevati dell’UE. La disoccupazione femminile, che la “donna che non è mai un passo indietro ad un uomo” avrebbe dovuto combattere, pur diminuendo leggermente, rimane anch’essa tra le più alte d’Europa. Inoltre, a fronte di un’occupazione del 62,5% e un leggero aumento delle contrattazioni a tempo indeterminato, l’indice di inattività, tra le persone in età lavorativa, non accenna ad affievolirsi (circa 13,7 milioni di persone). Pertanto, quali sono le soluzioni, continuamente citate ma all’apparenza ancora non pervenute, che il Governo ha pensato per fronteggiare una tale realtà?
Come se non fosse già abbastanza, a ciò si aggiunge il fatto che oltre 156mila ragazzi, di età compresa fra i 18 e i 39 anni, la maggior parte dei quali laureati, abbiano scelto nel 2024 di emigrare per cercare “fortuna” altrove, viste le scarse opportunità, professionali e di vita, che a detta loro l’Italia è attualmente in grado di offrire. Ecco, in questo caso, cosa fa la classe dirigente per impedire una così massiccia “fuga di cervelli”, a parte gridare all’orgoglio italiano quando qualcuno realizza i propri sogni e riscuote successo all’estero?
Per non parlare del salario minimo legale, fondamentale per garantire condizioni di lavoro dignitose e una protezione uniforme per ciascun lavoratore, in particolar modo per quelli meno qualificati o più vulnerabili, che la maggioranza di Governo ha brillantemente scelto di ignorare. Eppure, uno stipendio minimo adeguato non solo aiuterebbe a ridurre la povertà da lavoro e a stimolare consumi e produttività, ma contribuirebbe anche (e soprattutto) a contrastare la concorrenza sleale tra imprese e a diminuire il divario di genere. Allora perché, mi domando, rigettare o non prendere minimamente in considerazione le proposte di una sua introduzione, la quale garantirebbe una maggior equità sociale e una coesione con gli altri mercati UE?
Passiamo ora alla questione della legalità. Cara Giorgia Meloni, di nuovo t’interpello, parli di lotta alla criminalità organizzata come priorità assoluta e inneggi al rispetto delle leggi, specialmente quelle che ami promulgare a suon di DDL perché così, esautorando perfino il Parlamento delle sue funzioni primarie, è certo che F-U-N-Z-I-O-N-E-R-A-N-N-O (un po’ come i centri in Albania!). Peccato solo, però, che i tuoi provvedimenti vengano spesso e volentieri impugnati.
Per di più, il tuo partito e il tuo Consiglio dei Ministri sono, quasi abitudinariamente, scossi da indagini, dimissioni ed inchieste. Dal caso Almasri, con accuse pesanti di favoreggiamento e peculato, che ti hanno toccato in prima persona (archiviate, certo, ma la macchia pur sempre resta), fino allo scandalo dell’ex Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano costretto a lasciare l’incarico tra imbarazzi istituzionali e vicende personali finite sui social. Senza contare i casi regionali, come quello di Messina in Sicilia, travolto da un’inchiesta per corruzione. Non è un po’ strano che i propri collaboratori finiscano in tribunale o sulle prime pagine dei rotocalchi nazionali a causa di quegli stessi crimini che dichiari di voler combattere?
E parlando di giornali, difendi strenuamente la libertà di informazione, di pensiero e di espressione nei tuoi discorsi efficacemente costruiti da un punto di vista comunicativo, bisogna riconoscerlo. Ciò nonostante, approvi misure che limitano la pubblicazione delle ordinanze cautelari, restringono gli spazi di trasparenza e sembrerebbero rafforzare la tua presa sull’informazione pubblica. È davvero così che si rafforza il pluralismo, o è solo un modo neanche troppo elegante per togliere voce a critici, detrattori e avversari?
Basti pensare che, senza andare eccessivamente a ritroso nel tempo, lo scorso 8 agosto è entrato in vigore l’European Media Freedom Act, normativa UE pensata per garantire l’indipendenza dei media e la pluralità dell’informazione, e l’Italia rimane tutt’oggi fuori norma. Stando a quanto riferiscono fonti interne, la governance della RAI sarebbe ancora fortemente controllata dal potere politico, le nomine nei vertici non sarebbero indipendenti e il finanziamento pubblico continuerebbe a dipendere dal governo, anziché essere garantito in modo stabile e trasparente. Queste omissioni non solo ignorano le prescrizioni europee, ma alimentano il sospetto che il servizio pubblico sia trasformato in un megafono governativo, vanificando l’obiettivo stesso dell’European Act.
Se davvero la tua battaglia è per la trasparenza e la libertà, perché il nostro amato stivale resta indietro rispetto agli standard europei, mantenendo leggi-bavaglio, querele temerarie e un controllo politico sul servizio pubblico insieme alla mancata riforma della legislazione sulla diffamazione (ancora basata su sanzioni penali) e la mancata protezione delle fonti giornalistiche?
E poi c’è il genocidio a Gaza perpetrato da Israele, un dramma epocale in cui l’Italia avrebbe potuto giocare realmente quella carta della mediazione che, a conti fatti, neanche possiede. Le tue posizioni, cara Giorgia Meloni, sono apparse timide, contraddittorie, vaghe. La tua indignazione ha mostrato quel non so che di selettivo, palesandosi aspramente soltanto quando ad esser colpita è stata una chiesa cattolica e mai di fronte a migliaia di bambini uccisi ingiustamente. Dov’è finita la DONNA, MADRE e CRISTIANA, la medesima che mostra vicinanza ai piccoli di ogni nazione che visita nel corso dei suoi innumerevoli viaggi di Stato? O questo vale solamente a favor di telecamera? Può definirsi una tale indifferenza “cristianità”?
In più, hai imposto un embargo militare a Israele, tuttavia, al tempo stesso ti sei astenuta alle Nazioni Unite sulle risoluzioni per il cessate il fuoco. Perché? E perché l’Italia continua a fornire armi a Israele, soprattutto tramite contratti già autorizzati e non revocati? Secondo SIPRI e Archivio Disarmo, tra il 2019 e il 2023 l’Italia ha rappresentato circa l’1 % delle importazioni militari israeliane, fornendo elicotteri e sistemi d’arma. Nel 2024, poi, le esportazioni italiane hanno raggiunto i 5,8 milioni di euro, e nel primo trimestre del 2025 risultano spedizioni per oltre 128.000 € in armi e munizioni, in parte non trasparenti nei dati ufficiali ISTAT come rivelato dalle inchieste de “L’Espresso” e de “Il Fatto Quotidiano”. E ancora, perché, secondo ciò che hanno dimostrato alcune indagini giornalistiche, alcune inchieste hanno mostrato possibili esportazioni indirette attraverso aziende intermediarie italiane, aggirando i controlli ufficiali?
Dici che lo Stato palestinese è un obiettivo giusto, ma “i tempi non sono maturi”. Quanti civili uccisi ci vorranno ancora affinché quei tempi siano finalmente maturi?
Per tutto questo ti scrivo, cara Giorgia Meloni, perché tra il dire e il fare, nel tuo governo, il mare non è mai stato così ampio, specialmente se consideriamo la questione Ucraina, la corsa agli armamenti e la gestione dei migranti a cui, magari, dedicheremo un altro spazio. Forse, più che di presunti nemici esterni, sull’onda di un gioco vittimistico e di scarica-barile al quale non crede più nessuno, il tuo governo dovrebbe preoccuparsi di se stesso e della reale posizione che vuole occupare nella rosa dei più influenti del mondo. Perché non sono le opposizioni ad indebolirti, ma le incoerenze e i cortocircuiti che emergono ogni giorno.
Perciò, cosa sei disposta a scegliere? Retorica o realtà? Un Paese intero attende con ansia una risposta.
Buon viaggio a Washington DC,
Milano, 18/08/2025
Uno di quei cittadini che osservano e, mi auguro, non dimentichino”.
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