Era il 3 febbraio 1957 quando ebbe inizio quella è considerata ancora oggi come l’inizio di una nuova era per la televisione italiana. Quel giorno, infatti, andò in onda la prima puntata dell’amatissimo Carosello, un format pubblicitario che, in pochissimo tempo, assunse le sembianze di un vero e proprio fenomeno culturale. Non si trattava di un mero spot, ma del primo seme di una vera e propria rivoluzione dal momento che trasformò radicalmente il modo in cui gli italiani si erano rapportati, perlomeno fino a quel momento, ai nascenti mezzi di comunicazione di massa, influenzandone le abitudini quotidiane, il linguaggio e persino gli usi e i costumi.
Il medium è il messaggio
Così diceva Marshall McLuhan ed è in queste parole, forse, che si può ricercare la sintesi di un relazione “uomo-piccolo schermo” destinata ad influenzare, nel bene e nel male, tutte le generazioni a venire.
L’idea era piuttosto semplice, ma al tempo stesso geniale e soprattutto efficace. Ogni sera, infatti, intorno alle 20:50, venivano mandati in onda quattro o cinque brevi spettacoli della durata di circa due minuti ciascuno, seguiti alla fine da una chiusura pubblicitaria di pochi secondi. E questo, per quanto i telespettatori odierni possano essere scettici a riguardo, era sufficiente ad intrattenere il pubblico dell’epoca. In fondo, la tv era un “lusso” che solamente in pochi potevano concedersi in quel periodo e quella del “Carosello” divenne per giunta una “scusa”, si fa per dire, per le famiglie per riunirsi sotto un unico tetto.
Per di più, al contrario di ciò a cui siamo abituati oggigiorno, la pubblicità che veniva proposta non era mai esplicita o invadente. Al contrario, essa si presentava sotto forma di mini-film, spesso con attori celebri, cartoni animati e sceneggiature brillanti. Un approccio innovativo e unico nel panorama televisivo mondiale, che rese l’intermezzo pubblicitario uno dei momenti più attesi della giornata. Per molti bambini, inoltre, il Carosello indicava che era arrivata l’ora di andare a dormire, tant’è che l’esclamazione “Dopo Carosello, a nanna!” divenne un autentico motto generazionale. La TV, fino ad allora considerata uno strumento educativo e informativo, dunque, stava iniziando ad assumere delle nuove sembianze, infiltrandosi nella routine domestica e influenzando le abitudini dei consumatori.
Negli anni ‘50 e ‘60, in effetti, l’Italia si trovava nel pieno del boom economico post-guerra e il Carosello, neanche a dirlo, contribuì non poco nel piantare i semi di quello che sarebbe poi divenuto il consumismo per come lo conosciamo adesso. Le pubblicità, presentate sotto forma di piccole storie, introducevano al grande pubblico prodotti mai visti prima e spingevano ad acquistarli sulla scia di un’ondata di progresso senza precedenti. Elettrodomestici, automobili, detersivi e prodotti alimentari cominciarono ad entrare in maniera sempre più “preponderante” nelle case dei cittadini mediante l’impiego di un linguaggio familiare, che fosse alla portata di chiunque e ispirasse fiducia.
Tuttavia, non si trattò soltanto di questo, sarebbe riduttivo il solo pensarlo. Ebbene sì, perché il programma divenne per giunta un trampolino di lancio per numerosi attori e registi, nonché un ulteriore palcoscenico per permette a quei nomi già grandi di mettere in scena il proprio talento. Basti pensare che celebrità del calibro di Totò, Eduardo De Filippo, Alberto Sordi e Mina apparvero nei suoi sketch pubblicitari, mentre registi come Ermanno Olmi e Federico Fellini ebbero l’opportunità di sperimentare nuove forme di comunicazione audiovisiva.
Insomma, è innegabile che il Carosello abbia avuto un impatto che è perdurato nel tempo. Anche perché, perfino dopo la sua chiusura, avvenuta nel 1977, continuò ad influenzare il mondo della comunicazione e della sponsorizzazione. Il suo formato narrativo, basato su storytelling e personaggi memorabili, influenzò per decenni il modo di fare pubblicità in Italia e, più di ogni altra cosa, insegnò agli italiani a fidarsi della televisione come mezzo di intrattenimento e di comunicazione commerciale.
In un’epoca in cui la pubblicità era ancora vista con diffidenza, il programma riuscì a trasformarla in un evento culturale, il che appare impensabile al giorno d’oggi. Eppure, Carosello dimostrò che pure la pubblicità può essere arte, intrattenimento e, soprattutto, memoria collettiva!
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