Strano ma vero? Più vero che mai. In un mondo in cui l’uomo cerca disperatamente di fermare il tempo, ci sono animali che lo mettono semplicemente in pausa. Tra questi, alcune rane detengono un primato che sembra sfidare la logica della biologia e rasentare il soprannaturale: sanno “morire” e poi tornare in vita. Sì, avete letto bene. Rane che si rimangono congelate in inverno o che si seppelliscono nel terreno durante la siccità, restando immobili, fredde, prive di respiro. Il cuore non batte. Il sangue non circola. Il corpo è rigido come vetro. Eppure, mesi dopo, quando il clima cambia, si scongelano o si risvegliano e riprendono a vivere. Come se nulla fosse successo. Come se la morte fosse solo una parentesi!
La vita si nasconde nei silenzi, nei cicli e nei ritorni — Marguerite Yourcenar
Tra i casi più studiati c’è quello della rana dei boschi nordamericana (Lithobates sylvaticus). Ogni inverno, questa piccola sopravvissuta si lascia congelare viva. Il suo corpo produce una sorta di sciroppo di zucchero — sì, davvero — che agisce da criosconservante naturale, proteggendo le cellule dai cristalli di ghiaccio. Il muscolo cardiaco smette letteralmente di battere. Non è una metafora poetica: è un dato clinico. Il metabolismo si spegne quasi del tutto. Un essere umano, in quello stato, verrebbe dichiarato morto in pochi minuti. Lei, invece, aspetta. E quando arriva la primavera, riparte, come se avesse premuto “pausa” sull’esistenza.
Se in Nord America il problema è il freddo, in Africa e Australia la sfida è l’esatto opposto: la siccità. Alcune rane, come la rana toro africana, si trasformano in piccole capsule viventi. Si seppelliscono sotto la sabbia e si avvolgono in un bozzolo mucoso che impedisce la disidratazione. Possono dormire anche per anni, finché non torna la pioggia. Allora si risvegliano, saltano fuori dal terreno e ricominciano a cantare come se nulla fosse.
In tempi in cui l’uomo rincorre il biohacking e la crioconservazione, le rane sembrano già conoscere il segreto. Non della vita eterna, certo, ma di una resilienza estrema. Del vivere solo quando serve. Del fermarsi completamente, per sopravvivere davvero.
È paradossale: più proviamo a sfuggire alla morte, più scopriamo che in natura la linea tra vita e morte non è così netta come pensavamo. È sfumata, elastica, addirittura negoziabile. Forse è anche per questo che le rane, da sempre, abitano i racconti mitologici, le favole e i sogni. Perché ci ricordano una cosa tanto semplice quanto sconvolgente: la vita sa trasformarsi, congelarsi, nascondersi, ma non smette di esistere.
E chissà, magari nel momento giusto, con un po’ di pioggia o un raggio di Sole, torna a pulsare!
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