#Focus

Covid-19, cinque anni dopo: ciò che resta di una pandemia che credevamo di aver compreso

Sembra passata un’eternità, eppure sono trascorsi solamente cinque anni, all’incirca, da quando un virus a noi ignoto fece irruzione, quasi all’improvviso, nella nostra quotidianità, sconvolgendola in maniera irreparabile. SARS-CoV-2, è così che poi lo hanno chiamato, mentre Covid-19 è il nome della malattia ad esso associato, un’infezione virale dalle dubbie origini naturali la cui prima manifestazione documentata, stando a quanto riferisce buona parte degli studiosi, risalirebbe proprio al 17 novembre del 2019.

Oggi, purtroppo o per fortuna, il solo ripensarci può risultare piuttosto difficile, soprattutto perché i ricordi che riaffiorano nella mente assomigliano più a quelli di un sogno (sebbene il termine più adatto sia ‘incubo’) dai confini non propriamente definiti anziché ad una realtà che, più o meno inconsciamente, ognuno di noi si è ritrovato a dover affrontare. Una realtà che pare appartenere ad un tempo lontano, fatta di lockdown mondiali, milioni di morti, conferenze stampa a reti unificate del Presidente del Consiglio, zone rosse, restrizioni, limitazioni, regole comportamentali, mascherine, tamponi, campagne vaccinali (e annessi scandali), canti sui balconi, app IO, Green Pass e annichilimento di uno degli aspetti forse più importanti nella vita di un essere umano: il contatto.

Insomma, un mondo che, fino a pochi anni fa, non avremmo esitato a definire distopico, degno giusto di una sceneggiatura hollywoodiana. Peccato solo che fosse ben più reale di tutte le ‘false promesse’ che accompagnavano quel mantra rassicurante al quale ci eravamo disperatamente aggrappati. #AndràTuttoBene, ci dicevamo, ma è davvero andata così?

L’insegnamento più importante che la pandemia da Covid-19 ci ha lasciato

Credit: web

Certo, ripercorrere in maniera approfondita quel periodo non è affatto semplice e non lo farò qui. C’era tanta paura, è innegabile, e perfino altrettanta solidarietà inattesa. Una solidarietà, però, che si sarebbe fermata lì, nel silenzio delle strade deserte e nel calore appena ritrovato delle case, in cui soltanto in pochi avrebbero riscoperto il valore del tempo, dell’essenziale, della semplicità delle piccole cose, della salute pubblica, del senso di comunità, della responsabilità individuale; in altre parole, di tutto ciò che davamo per scontato. Ma perché?

Ebbene, perché parallelamente all’emergenza pandemica da Covid-19, un’epidemia latente di individualismo e disinformazione correva più veloce del virus, e i suoi ‘frutti’, nostro malgrado, li vediamo soltanto adesso. Quelli che in molti definivano “covidioti del nostro tempo“, figure mitologiche emerse da una commistione di presunzione e ignoranza, particolarmente avvezze a contestare la scienza, negando pure l’innegabile, e a screditare le istituzioni (non solo politiche!), pretendendo di saperne di più, hanno generato un’ondata di negazionismo e complottismo che ha contagiato (e continua tutt’ora a contagiare) ogni aspetto dell’assetto sociale e le cui istanze si vedono ora legittimate perché condivise, nella maggior parte dei casi, da chi, al potere, avrebbe il compito di smentirle.

La menzogna organizzata tende a distruggere il senso con cui distinguiamo la verità dalla falsità – Hannah Arendt

Quando la paura diventa terreno fertile per il sospetto

Per carità, a posteriori, è innegabile che determinate reticenze potessero essere fondate. Basti pensare ai casi di trombosi, rari ma pur sempre gravi, legati al vaccino anglo-svedese AstraZeneca oppure al Pfizer-gate, uno scandalo di proporzioni europee che vede direttamente coinvolta la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e che risulta ancora oggetto di indagine da parte della Procura europea (EPPO). Tuttavia, quella paura che diventa terreno fertile per il sospetto ha proliferato e il ‘complottismo negazionistico‘ si è evoluto, raggiungendo livelli mai visti.

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Presidenti che rifiutano di accettare il cambiamento climatico in atto, Ministri della Salute che mettono in discussione verità scientifiche da tempo dimostrate, centri del potere che coprono (o perlomeno, tentano di coprire) le atrocità da loro stessi commessi potendo fare affidamento su una frangia di media tradizionali, esecutivi che veicolano messaggi bellici battendosi il petto per la pace e fanatici plurimiliardari che aizzano l’opinione pubblica per il mero gusto di farlo. Questo è il presente che si manifesta di fronte a noi, un presente frammentato, tormentato, costantemente turbato da conflitti di proporzioni che si potrebbero ritenere mondiali, guerre commerciali, protezionismi, nazionalismi, populismi, minacce e divisioni, tanto a livello macroscopico quanto microscopico.

Nulla di nuovo“, direbbe qualcuno. “Vero, ma con la convinzione che sarebbe potuta andare meglio” aggiungerei io.

E noi?

E noi? In che modo ci siamo evoluti? Siamo cambiati? Se sì, come? Beh, alcuni sono rimasti umani, altri lo sono diventati e altri ancora hanno ritrovato un nuovo senso di cura, di attenzione, di unione. In tanti, invece, hanno preferito chiudere gli occhi su ciò che non era comodo vedere e, sulla scia di un ingannevole senso di rivalsa, hanno scelto di perseguire una strada che ci ha lasciato un mondo addirittura peggiore di quello che la pandemia ha trovato.

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E chissà, forse il suo insegnamento, qualora se ne volesse trovare uno, sta proprio questo: siamo tutti profondamente interconnessi, ma tendiamo a dividerci piuttosto facilmente, con conseguenze che, alla fine, non risparmiano nessuno. C’è chi lo porta ancora con sé e chi lo ha dimenticato troppo in fretta. Quell’#AndràTuttoBene non era, dunque, la promessa di un futuro migliore, ma un promemoria per ricordarci che siamo noi ad avere il potere di plasmare quel futuro. Dobbiamo solo scegliere che cosa, veramente, vogliamo farne!

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Diego Lanuto

Classe 1996, studente laureando in “Lingue, Culture, Letterature e Traduzione” presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’. Appassionato di scrittura, danza, cinema, libri, attualità, politica, costume, società e molto altro, nel corso degli anni ha collaborato con diversi siti d'informazione e testate giornalistiche (cartacee e digitali), tra cui Metropolitan Magazine, M Social Magazine, Spyit.it, Art&Glamour Magazine ed EVA3000. Ha scritto alcuni articoli per la testata giornalistica cartacea ORA Settimanale. Ha curato progetti in qualità di addetto stampa, ultimo dei quali "L'Amore Dietro Ogni Cosa" (NewMusic Group, 2022). Attualmente, è redattore presso la testata giornalistica Vanity Class e caporedattore per L'Opinione.

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