Il 26 agosto 1789, l’Assemblea Nazionale Francese proclamava la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Si trattava di 17 articoli assolutamente visionari e rivoluzionari che in sintesi promettevano tre principi inossidabili, insindacabili, sacrosanti: libertà, uguaglianza e giustizia per tutti. Sono passati 235 anni da allora e la realtà che viviamo ci impone di farci una domanda: ma questi diritti, sono stati realmente messi in pratica? La risposta è che siamo sono ancora lontani dall’avere reso pienamente saldi questi principi.
L’articolo 4 della Dichiarazione afferma che “la libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri“. Questo principio, che dovrebbe essere alla base del diritto di ogni singolo cittadino, è ancora minacciato sotto molteplici aspetti. In paesi del lontano e Medio Oriente, la libertà di espressione è pesantemente limitata, con giornalisti e attivisti che vengono arrestati, torturati e, in alcuni casi, assassinati per aver espresso opinioni contrarie ai regimi al potere.
Nei territori occidentali, la libertà di espressione è minacciata, seppur in maniera decisamente più velata, dal clima politico e dalla censura culturale che spesso si polarizza sui social media, che sono diventati arene di odio e disinformazione, con algoritmi che favoriscono il sensazionalismo rispetto al dialogo costruttivo.
L’articolo 1 dichiara che “gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti“. E qui mi verrebbe da dire che i progressi negli anni abbiano fatto il passo del gambero rosso: uno avanti e due indietro. L’uguaglianza rimane un obiettivo distante. Le profonde disparità razziali persistono sia nel sistema giudiziario che in quello economico. Le donne continuano a essere come le primule bianche nelle posizioni apicali e subiscono discriminazioni sul lavoro, anche solo con differenze salariali rispetto ai loro colleghi maschi. In molti paesi, i diritti delle donne sono ancora sistematicamente violati, con pratiche come il matrimonio forzato, la proibizione all’istruzione, le mutilazioni genitali femminili e la violenza domestica che rimangono diffuse.
L’articolo 6 della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo proclama che la legge “deve essere la stessa per tutti, sia che protegga, sia che punisca.” Questo è forse il tema che mortifica più di tutti. In diverse parti del mondo, il sistema giudiziario è spesso influenzato da poteri politici ed economici, compromettendo così l’uguaglianza davanti alla legge. Quante volte diciamo che i più potenti riescono a sfuggire alle conseguenze delle loro azioni mentre i più deboli ne subiscono tutto il peso? Quante volte diciamo che chi può permettersi avvocati costosi, gode di più vantaggi rispetto a chi deve affidarsi a difensori d’ufficio?
Naturalmente non è tutto negativo, anzi! Proprio partendo dai quei 17 articoli dobbiamo essere fieri ed orgogliosi degli enormi e straordinari progressi nella lotta contro il razzismo, nella promozione dei diritti delle donne e nella protezione della libertà di espressione
Ma, senza distruggere bensì volendo edificare, dobbiamo riconoscere che c’è ancora molto lavoro da fare.
Quella Dichiarazione, redatta dall’Assemblea Nazionale Costituente francese, composta da eminenti politici dell’epoca affiancati da filosofi illuminati come Voltaire, Rousseau e Montesquieu ha fatto del proprio meglio sicuramente. E lo stesso dobbiamo fare noi oggi.
Dobbiamo rinnovare il nostro impegno per la libertà, l’uguaglianza e la giustizia, onorandoli davvero non come principi astratti ma diritti concreti da garantire veramente ad ogni individuo, ovunque nel mondo.
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