Un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci – Qoèlet, cap. 3 v. 5
“Non ho l’età per amare”, diceva una nota canzone italiana. Chissà se poi è vero che esiste un’età per essere accolti, amati e ricambiare questo sentimento che ci viene dato in modo incondizionato. Mi viene anche in mente Shakespeare, che intuì, forse più di altri, cosa sia l’amore, ma ancora meglio ne descrisse le sensazioni. Lui aveva una visione complessa dell’amore: in alcuni sonetti descrive le sensazioni sgradevoli che questo provoca, quali paura, sofferenza, disperazione e sconforto. In altri sonetti, invece, investiga sulla vera natura di questo sentimento e opera un confronto tra l’amore idealizzato di Dante e quello complesso e proprio della vita reale.
La sua donna amata ha caratteristiche che la pongono in opposizione con le donne cantate dai poeti stilnovisti: ella ha numerosi difetti, ma nonostante questo agli occhi dell’amato appare attraente e seducente.
Da che esiste il mondo, l’uomo ha dovuto fare i conti con questa forza dinamica, talvolta distruttiva. Ciò nonostante, nessuno si esime da tale dilemma che sorge negli animi di ognuno di noi. In questo periodo, chi riesce ancora ad amare è considerato controcorrente, perché la velocità della vita ha reso tutto a uso e consumo dei propri bisogni istantanei. Forse è il caso di dire che amare è come un hot dog consumato davanti a una bancarella: alla fine serve solo un fazzoletto in più per asciugare l’unto dalle mani.
Drusilla Foer, personaggio interpretato da Gianluca Gori, in un’intervista ha dichiarato:
Con l’età viene meno il bisogno di essere amati, di sedurre, di appartenere a qualcuno. Oggi mi capita di innamorarmi di chi sa commuovermi. È più un sentimento legato all’empatia […]. Forse quando andrò in pensione, mi fidanzerò con un vecchino come me. Potremmo guardare la TV con addosso un plaid
Le parole di Gori-Foer sono una premessa importante: quella della riflessione davanti alla mappa geografica del tempo personale, speso in una sequenza di amori che, in età giovanile, poco si analizza. Infatti, è proprio col passare del tempo, in risposta a chi sostiene che ci si innamora più volte e che ogni relazione insegni qualcosa, che si comprende che esiste un solo, grandissimo amore. Se si parla con la gente di una certa età, si sente ripetere costantemente che esiste un innamoramento impossibile da dimenticare, che resta lì, realizzato o no, nel profondo del cuore.
Gori ammette di non aver dedicato tempo all’amore perché sempre impegnato con il lavoro, una dichiarazione estendibile alla società contemporanea, presa da un eccessivo amor proprio e incapace di lasciarsi travolgere da un sentimento.
Quando arriva il tramonto della vita, decade tutta l’ideologia della momentaneità per costruire, anche se tardi, un sentimento stabile, che possa far commuovere e risvegliare tutto ciò che l’egoismo aveva assopito. La chiosa dell’intervista smentisce quanto dichiarato prima: che non si ha più bisogno di essere amati, di sedurre e di appartenere a qualcuno.
È sicuramente la mente conscia che ci fa pensare che il tempo di poter amare sia finito.
In questa contraddizione si rivela il senso dell’amore: bisogna amare e custodirsi reciprocamente, perché prima o poi si arriva in quella strada dove viene abolita l’essenza della progettualità e subentra la necessità di una compagnia che non può reggersi sul ricordo.
Sì, perché l’amore si nutre del suo principio e si perpetua attraverso la memoria mente-cuore.
La dicotomia non si esaurisce attraverso la sintesi, non ci sono paradigmi per far poggiare il significato di volere o non volere amare. Credo che ci sia un punto interrogativo costante, oppure è il segreto che tutti ci portiamo in fondo al cuore: “Il vero amore si vive una volta soltanto.” C’è chi riesce a viverlo per tutta la vita, e chi invece lo sigla con un punto, pagando lo scotto del rimpianto.
Sarà forse questa la motivazione secondo cui, a una certa età, non si percepisce più l’esigenza di sentire l’altro come fonte di amore? Io rispondo con un netto “Sì”!
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