Credit photo: Marcrossmann/Envato Elements
Di seguito verrà raccontata la storia avvenuta il 2 settembre 1882, lo stesso giorno in cui viene pubblicato quanto scritto di seguito (come nella migliore contemporanea tradizione del PED – Piano Editoriale Digitale). In quel giorno, in quell’anno, il Signor William Nicholson Jennings, potenziale rich kid ed ereditiero di un lanificio di Filadelfia purtroppo finito in disgrazia dopo la crisi finanziaria del 1873, fotografò il primo fulmine nella storia della visualizzazione iperrealistica delle cose e del tutto. No. Non era il primo fulmine della storia del mondo. Era “solo” il primo fulmine che veniva fotografato.
Oggi tutto sembra facile e a portata di pollice. Allora, invece, la maggior parte dei battiti di orologio era o noiosissimo (mancando i reel da swipare) o era una sfida pioneristica (le endorfine e l’adrenalina da “ce la posso fare” erano la forma di alterazione più comune, subito dopo la tendenziosa cocaina narrata in “Sulla Cocaina” da quel vizioso di Sigmund Freud medesimo di secolo).
Quella foto costò innumerevoli tentativi e implementazioni tecniche che – allora – sembrava giusto supportare. Un grazie particolare va all’amico di William, John Carbutt, che progettò per l’occasione le lastre Rapid Eclipse. Indispensabili per la riuscita dell’impresa forsennata dell’autore della foto.
[Parlando di questo avvenimento con il mio mentore fotografico Alberto Fanelli, dice: “Un po’ strano che un fulmine sia stato fotografato per la prima volta così tardi, visto che la fotografia è stata inventata nel 1826”. Una considerazione legittima, alla quale, però, io ho risposto: “Subito dopo le fotografie dei ruderi, si sono dedicati tutti solo a fare foto a caviglie scoperte”. La sua laconica risposta è stata “giusto”].
Si narra che l’intenzione principale di William fosse quella di documentare il fatto che i fulmini non sono affatto un zig-zag perfetto. Un po’ come se qualcuno decidesse di filmare il primo extraterrestre su Marte per definire una volta per tutte che i marziani non sono verdi (come quel birbante di Tim Burton si ostina a credere). Dobbiamo ammettere che il mancato figlio di papà è stato capace e tenace.
Bulgakov diceva
Un fatto è la cosa più cocciuta del mondo
Insomma, altro che teoria del “tutto è già scritto“. Bravo Michael!
Il buon caro William non si fermò alla prima foto nella storia. Ne fece tante altre negli otto anni successivi. Il che permise di capire che nessun fulmine è uguale ad un altro (come se qualcuno registrasse le voci dei marziani solo per confutare il fatto che hanno cadenze di provenienza territoriale diversa). Per quanto possa sembrare effimera l’ostinazione nella narrazione visiva del signor Nicholson Jennings, soffermatevi sul fatto che ha fermato, per la prima volta nella storia della troposfera, l’istantanea cicatrice del cielo.
È il caso di fare un grande inchino al prioritario tassidermista della luce.
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