Da qualche giorno è uscita la nuova canzone del cantautore Giulio Nicolosi, “Noi siamo amore”, una ballad poetica che richiama il vento sentimentale del romanticismo, con gli arrangiamenti di Enrico Fornatto e Giuseppe La Spada, senza contare la produzione in collaborazione con Massimo Caso (presa diretta) e Marco Borsatti (mix e mastering), Rocco Lanata’ e Rossana Lanati. Ma cos’ha di diverso questo pezzo da tanti altri che, oggigiorno, parlano d’amore nei più svariati modi?
Ebbene, in una scenografia di pannelli disillusi e arazzi dei sentimenti sulle bancarelle della superficialità, Giulio incarna, attraverso le sue parole, l’animo innamorato della vita e dell’intimo rapporto con le emanazioni del creato. Lui stesso si è definito “inguaribile romantico”, il che, detto da un giovane uomo, ci fa sperare che ancora, all’orizzonte, si possa ammirare un battello carico di sentimenti che vogliono approdare sull’isola dell’Amore.
Stiamo vivendo, purtroppo, anni di continue guerre. Ormai la maggior parte del mondo sembra avere ben poco da dire, soprattutto se si tratta di qualcosa che può provenire dal più profondo del cuore. Paure ed incertezze la fanno da padrone, gli over cinquanta, giusto per citare una “categoria” di persone, lanciano messaggi pedagogici di libertà che pare consistano semplicemente in un invito o una forma di dipendenza dal disimpegno, di non coraggio dinanzi alla possibilità di esplorare quella parte di noi in cui albergano i sentimenti più autentici.
Viviamo in un’epoca del “tutto e subito”, dove gli istinti foraggiano una corsa anelante che, però, è senza meta. Persino le relazioni sono minate dall’idea che tutto è destinato a finire. Trascorriamo le nostre giornate terrorizzati da una probabile noia del quotidiano e così ci abbandoniamo ad un “non abbandono” alle emozioni. Insomma, la leggerezza dei sentimenti è una “malattia” velata che irrompe nello spirito di questa società che si serve di psicologia spicciola, dove il percepire emozioni sentimentaliste è considerato debolezza o addirittura sintomo di depressione.
Nonostante i vessilli sventolati di pace, di sfrenata richiesta di “diritti”, l’impegno, quello vero, assomiglia sempre più a quell’assenteista che fatica a timbrare il cartellino e che preferisce di gran lunga delegare il momento separato dalla corda del tempo che tende verso l’infinito. Ed è alla luce di questo che il testo di Nicolosi mi ha rincuorato, regalandomi sensazioni che, ahimè, soltanto in pochi riusciamo a percepire ancora nella loro più assoluta purezza, senza scadere nel piacere carnale ed elevandosi ad un piano in cui le anime, al di là di ogni diversità, sono sospinte dal costante desiderio di esserci. L’altro non deve cambiare l’altro, ma deve accoglierlo come maestro, come parola che, nel suo divenire, fa sì che poesia e musica diventino dialogo e, infine, si trasformino in silenzio come presa di coscienza che sotto la coltre di stelle due anime possono ascoltare il fremito del cuore.
Giulio Nicolosi rappresenta il faro acceso di questa isola di naufragi che attira i naviganti, che ha voglia di condividere lo scopo essenziale della vita. Il testo è diretto, costruito senza implicazioni ampollose, fatto di parole armoniche che conquistano e ci fanno sognare ancora una volta:
Ti sognerò tra le stelle lontane dal mare /E ti porterò dove gli altri non sanno arrivare/ Perché io e te,/ tutto è successo davvero/ Perché io e te,/ due comete che spezzano il cielo/ E ti amerò, ma senza volerti cambiare/ E camminerò, sapendo lasciarti andare /Perché io e te/, inseguiamo lo stesso sentiero/ Perché io e te, /siamo liberi come un desiderio Stelle disperse nell’anima… /Orfane di un mondo che era favola siamo amore che brucia nell’anima/… Siamo luce che accende l’eternità… /Siamo stelle disperse nell’anima /Orfane di un mondo che era favola siamo amore che brucia nell’anima/… Siamo luce che accende l’eternità…/.
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