Attualità

Giustizia, quando nelle aule di tribunale manca “il senso della realtà”

La Riforma della Giustizia, promossa nei mesi scorsi dal Governo, ha accesso un dibattitto che sembra non volerne proprio sapere di giungere ad una conclusione. Al di là di quelle che, secondo alcuni, sarebbero le criticità di una proposta di legge che andrebbe rivista, la riflessione si è allargata all’intera impalcatura della magistratura e alla figura dei magistrati. Non solo separazione delle carriere, dunque, ma anche professionalità e senso di realtà nelle aule di tribunale. Un aspetto, quest’ultimo, sul quale ha voluto soffermarsi Giuseppe Ursini, Presidente pro tempore del Codacons, il quale ritiene che, spesso e volentieri, nelle decisioni dei giudici ci sia un’evidente mancanza di adesione alla realtà attuale.

Il pensiero dell’avvocato Giuseppe Ursini sugli amministratori della giustizia e i loro verdetti

In molte decisioni o comportamenti si scopre come alcuni giudici, sembra, abbiano perso il senso della realtà. Premesso che siamo sfavorevoli alla separazione delle carriere dei magistrati trattandosi di posizione meramente politica e, quindi, di parte, quello che è necessario esaminare sono i limiti di quelle decisioni che non hanno, quale presupposto necessario, un concreto senso della realtà; posto che, tale mancanza, ancorata ad una rigidissima applicazione di leggi da tempo superate dalla concreta realtà dei fatti, porta a gravi stati di disagio i cittadini coinvolti, che si trovano sprovvisti della tutela necessaria dei propri diritti e di quelli sanciti dalla Costituzione.

Il caso specifico

Nel caso di pignoramento presso terzi delle retribuzioni, ad esempio, il lavoratore con lavori saltuari e famiglia (4 persone) monoreddito, ha bloccata per intero la retribuzione anche se, nella richiesta, il pignoramento rientra nei limiti di legge. A questo punto, il giudice, invece di provvedere immediatamente sugli importi da vincolare, liberando e quantificando le differenze non dovute, fissa l’udienza dopo qualche mese; e ciò senza considerare il fatto reale che la famiglia del lavoratore (con moglie e figli) rimane sprovvista di qualsiasi fonte di reddito.

Nel caso di acquisto di prima casa, locata ad altri, con contratto che impone l’immediato rilascio dell’immobile in caso di vendita, alla richiesta giudiziale di liberazione della casa, perché l’acquirente vive in affitto in altra abitazione, con richiesta di restituzione ad horas. Il giudice, fondando il proprio giudizio sulla equità e sul senso della realtà, ben può decidere sulla questione, anche alla luce dei documenti e del comportamento dell’occupante. Al contrario, scatta un mero rinvio, di quelli biblici, del tutto immotivato e del tutto contrario alla Costituzione.​

Cosa si dovrebbe fare

Eppure la Corte di Giustizia europea ha da tempo stabilito il diritto di vivere una serena vita nella propria abitazione. E tanti, troppi, altri casi. E allora Non è possibile decidere in condizione di distacco rispetto al mondo esterno, come se un velo si fosse frapposto, percependo la realtà come priva di vita e di alcuna sfumatura emotiva. Ricordando che la derealizzazione è assimilabile ad un sintomo dissociativo, persistente o ricorrente, a causa del quale il soggetto percepisce il mondo esterno in modo distorto, come se la realtà, gli oggetti e le persone che lo circondano fossero estranei e sconosciuti.

In conclusione, nessuna accusa, ma semplice sollecito a rimanere vincolati alla corretta percezione della realtà in modo da poter decidere in modo equo e tempestivo“.

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La Redazione

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