Cultura e Spettacolo

Grande Fratello: il problema è nell’uso che facciamo dei modelli sbagliati proposti dalla tv

Ieri sera, puntuale come il rintocco di un orologio, ha preso il via la nuova edizione del Grande Fratello. Il reality show, le cui edizioni ormai non si contano più, troppe ne sono state fatte, vede di nuovo alla conduzione Alfonso Signorini mentre sulla poltrona dall’insindacabile giudizio Cesara Buonamici e Beatrice Luzzi, che accompagneranno con le loro opinioni i concorrenti nel viaggio che li porterà alla finale. Un esperimento sociale interessante che, un tempo, catapultava persone comuni nel circolo vizioso della popolarità, ma che negli ultimi anni pare spingere sempre più persone a cambiare canale pur continuando ad essere argomento di dibattito. Qual è la ragione dietro un tale atteggiamento? Forse, è opportuno fare un piccolo salto indietro nel tempo per cercare di scoprirla.

La base del pregiudizio è la mancanza di conoscenza: vale anche per il Grande Fratello?

Era il 2000, il primo anno del XXI secolo. Arrivava da John de Mol, imprenditore e autore televisivo olandese, l’idea di creare un reality anche in Italia ed ecco qui che, sugli schermi, compare la prima puntata del Grande Fratello, era il 14 settembre del 2000. Anche se nel corso del tempo ci sono stati dei cambiamenti, la struttura del programma sembra esser rimasta fondamentalmente invariata. Lo stesso, però, non si potrebbe dire della reazione che ha il pubblico nei suoi confronti. Oppure no?

Oggi, più di ieri, a moltissimi il GF non piace. Eppure, siamo tutti lì incollati alla tv per non perdere nessuna puntata, la quale diviene oggetto di discussioni quotidiane attorno al desco familiare o tra uno spritz ed un bicchiere di acqua tonica l’argomento ricade sui personaggi del reality. Critiche, ipercritiche talvolta esagerate, ci accompagnano durante i mesi della durata del programma. Gli intellettuali biblici, dal canto loro, ora condannano ora scomunicano ad divinis l’atteggiamento di alcuni soggetti che si giocano il personaggio che hanno strutturato.

Una realtà parallela al quotidiano

Quale è stata la sfida degli autori del GF? Ovviamente non ci sono degli schiocchi dietro le criticate quinte perché per organizzare una realtà parallela al quotidiano non devono mancare le conoscenze basilari della psicologia. Lì dentro emergono tutte le sfumature del carattere di una persona, dai punti forza alle debolezze, è un microspecchio della società con tutte le possibili sfaccettature.

Troviamo il timido, l’esuberante, il/la ribelle, la arrampicatrice sociale , i bugiardi, i megalomani e chi più ne ha, più ne metta. Insomma tutto quanto è utile per porsi alcune domande, diciamolo in tutta sincerità: ogni famiglia è un Grande Fratello. Chissà, magari gli italiani che hanno sempre pronta la morsa della critica vivono nei bianchi mulini?

A tal proposito, un numero di Focus del 2017 si esprimeva così:

Peter Collett, ricercatore di psicologia a Oxford (e consulente della produzione dello show) ha spiegato che «per gli spettatori, l’attrazione principale del programma è che offre una vicinanza senza precedenti alla vita di altre persone. Inoltre, ciò che affascina le persone in casa […] è che ci possono sorprendere. Sono un caleidoscopio costantemente mutevole di immagini e questo ci trasforma in detective part-time. Siamo affascinati da altre persone e dalle loro motivazioni».

Il vero problema non è il GF

Lo spettatore non ammetterà mai che si sente fortemente attratto dalle dinamiche della vita altrui, e lo vediamo anche nella vita  quotidiana, nella realtà lavorativa dove troviamo l’amico/a, il piacione/a di turno che come un ruffiano da cipria deve imbellettare il proprio capo. Vogliamo anche parlare dei genitori che guardano tutti i giorni le dirette e non perdono nessuna puntata? Certo che ne possiamo e dobbiamo parlare, perché sono i primi a riflettere tutto ciò che accade dietro lo schermo mentre davanti ammoniscono evidenziando nei reality la causa della diseducazione dei giovani che tentano di imitare i modelli proposti.

Ma, ripeto ancora, il problema non è GF, che ci offre la possibilità di guardarci dall’alto. Al contrario, è l’uso che ne facciamo di quei modelli sociali che vi vengono proposti. I pregiudizi creati dagli spettatori, che asseriscono di sconoscere la trasmissione, esprimono l’ignoranza totale di tutto ciò che riguarda la sfera comportamentale e delle potenzialità, siano esse positive o negative, che ha in sé il genere umano. Anziché condannare GF, condanniamo le nostre menzogne, di quella fetta di società radical chic che si nasconde nelle nicchie intellettualoidi, ma dopotutto perfino le nicchie hanno i megaschermi da dove poter guardare e azzardare gustosi pettegolezzi, chiaramente conditi con frasi auliche miste a psicosofemi.

Sì, sì e ancora sì al GF, perché è una fonte di osservazione e analisi di quelle dinamiche sociali utili per comprendere l’andamento della società, un andamento lento o veloce da cui è possibile percepire la direzione della evoluzione, ma soprattutto del suo contrario!

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Bartolomeo Di Giovanni

Bartolomeo Di Giovanni (detto Theo) è nato a Palermo il 2 Giugno 1975, ha conseguito la laurea in filosofia presso l’università di Palermo, docente di materie umanistiche. Ha collaborato con realtà poetiche dei paesi dell’Est, e del Messico, ha in attivo diverse pubblicazioni di silloge poetiche e saggi di filosofia psicopedagogica, le opere sono state tradotte in Spagnolo, Russo, Rumeno, Arabo. Scrive per alcune riviste articoli sulla cultura letteraria antica e contemporanea, esperto e studioso di Dante Alighieri e di Ebraico biblico. Nel 2013 fonda il movimento culturale “Una piuma per Alda Merini” per la salvaguardia del patrimonio poetico della poetessa dei navigli. Collabora con Wikipoesia per la estensione della nascente Repubblica dei Poeti, di cui è console e cavaliere con distintivo dell’ Ordine di Dante Alighieri. Ha ricevuto da parte della Ordine dei poeti della Bielorussia, e di altre realtà culturali l’appellativo di “Vate”. Nel 2024 gli viene conferito il premio : Cattedra della Pace, tenutosi ad Assisi, nello stesso anno diviene vicepresidente di WikiPace.

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