Uno sguardo che brucia, una pulsione che divora. “Il Corpo del Diavolo” è il nuovo, coraggioso singolo di Jack Scarlett, attivista LGBTQ+ tra gli artisti più talentuosi e fuori dagli schemi della nuova scena pop italiana. Un racconto in bilico tra erotismo maschile e dinamiche tossiche che affronta senza retorica né censure il tema del desiderio omosessuale, elevandolo a narrazione sociale, poetica, politica e – inevitabilmente – provocatoria.
Scritto dopo due relazioni intense e dolorose, non è un brano d’amore, ma un viaggio nell’ossessione ripetuta e autoctona. Nessun moralismo, nessuna richiesta di empatia: solo la necessità di rappresentare il proprio inferno – e di attraversarlo. «Assaporando il corpo del diavolo» diventa allora una resa consapevole, ma anche un atto di riscatto. Una confessione autobiografica che non cerca filtri né redenzione. E che culmina in una scena erotica esplicita – rara nel pop italiano, trattata con sguardo artistico, non compiacente.
Qui il male ha un nome, ma non è un mostro: è il volto di chi ti stringe e ti consuma. La figura di Lucifero, lungi dall’essere satanica, è simbolo di un amore che affascina e distrugge. Jack Scarlett lo definisce “il principe della mia favola”, rovesciando la narrazione tradizionale e chiedendosi – con sguardo spietatamente onesto– chi siano davvero i buoni.
La società del decoro, quella bigotta e perbenista, viene spogliata delle sue ipocrisie: mentre condanna chi ama in modo non convenzionale, non vede – o finge di non vedere – la violenza che si nasconde dietro la normalità, quella che si alimenta nel silenzio delle relazioni eteronormate.
Prodotto da Yanomi (già per Alfa, Olly e molti altri) e Blame, “Il Corpo del Diavolo” si muove tra R&B, dark-pop e contaminazioni elettroniche. La scelta più radicale? L’inserimento di un coro di bambini dell’associazione L’AMACA di Milano. Una decisione che, abbinata al tema, ha già acceso il dibattito. L’accostamento tra purezza infantile e racconto esplicito del desiderio omosessuale ha sollevato critiche nei circuiti più conservatori – qualcuno parla già di “satanismo”. Ma per Jack non è una trovata scandalistica: è un modo per rompere i confini del pregiudizio e ribaltare i codici della narrazione dominante.
Una provocazione? No, o almeno non del tutto. Una strategia comunicativa perfettamente consapevole, che cerca di far emergere – per contrasto – i paradossi dell’indignazione pubblica, smontando la retorica del finto scandalo e mettendo lo specchio davanti a chi si indigna a comando.
Nel videoclip ufficiale, diretto da Brace Beltempo, Lucifero diventa un supereroe queer: non il carnefice, ma il salvatore. Il video celebra chi è stato definito “freak” o “diverso” e capovolge le categorie del giudizio. Chi discrimina, qui, ha il volto dell’ipocrisia. Chi viene condannato, rivendica la sua libertà. A interpretare Lucifero è Alex Nardelli, modello di nudo artistico, il cui volto incarna alla perfezione la visione del personaggio: «Sembra uscito dal quadro di Alexandre Cabanel – dichiara Jack Scarlett –. È il mio Lucifero ideale: un angelo caduto che conserva intatta tutta la sua bellezza.» Nella copertina del singolo, la somiglianza con l’iconica opera ottocentesca è immediata.
In un momento storico in cui il linguaggio dell’odio guadagna spazio mediatico e politico, “Il Corpo del Diavolo” arriva come atto artistico dirompente, che parla di carne, passione, ma anche di liberazione, riconciliazione e affermazione: personale, sentimentale, identitaria.
Quella di Jack Scarlett è una battaglia quotidiana contro l’omofobia e il conformismo:
Avevo bisogno di raccontare il più grande cliché restare in una relazione che ti consuma. Il diavolo era l’unico modo per darne dignità. Il coro infantilizza l’ombra, perché se si condanna il sacro si capisce cosa si teme davvero: l’istinto, l’istigazione, la verità
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