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La Vedova Nera, ad ogni matrimonio il suo assassinio(1987)

La vedova nera: Dipartimento di Giustizia, Washington D.C.L’agente speciale Alexandra Barnes (Debra Winger) da mesi, sta cercando di venire a capo di una serie di casi legati a morti che sembrano accidentali e alquanto bizzarre. Secondo la promettente poliziotta, dietro al decesso di facoltosi signori vi è una misteriosa donna che scompare dalla scena dopo le esequie. Pronta a tutto pur di scoprire la verità, Alex decide di seguire una serie di piste che la porteranno sulle tracce di Catharine (Theresa Russell), una simpatica quanto bellissima giovane donna che si è trasferita alle Hawaii per ritrovare forse sé stessa.

Tra le due donne nasce sin da subito una complicità alquanto morbosa tanto che la stessa Alexandra fatica a credere che dietro la maschera della donna brillante si celi in realtà un mostro spietato, una vedova nera che tesse indisturbata la propria tela da tanto, troppo tempo. In una lotta contro il tempo, le due donne dovranno scegliere quali pedine muovere sulla scacchiera della vita in un gioco mortale e senza esclusioni di colpi.

La vedova nera – Suspense vintage d’altri tempi

Robert Jay Rafelson detto Bob (1933-2022; Sogni perduti, 1968; Cinque pezzi facili, 1970; Il postino suona sempre due volte, 1981) si dimostra un abile visionario in questo gioco delle parti tutto al femminile.

Un thriller al cardiopalma forse poco apprezzato nella seconda metà degli anni Ottanta ma che non ha mai perso il suo spirito graffiante. Quanto può spingersi, infatti, una donna priva di scrupoli per avidità di danaro? Quanto è sottile la linea che separa la realtà dalle bugie?

La performance delle protagoniste

La Winger (Ufficiale e gentiluomo, 1982) è una cacciatrice esperta: si muove sulla scena quasi danzando e strabuzzando gli occhi all’occorrenza. Più glaciale del marmo, le sue espressioni e le sue uscite testa valgono tutto il film. Convinta, tenace, caparbia come solo un agente del Dipartimento di Giustizia americano può essere. Non la ferma nessuno, neanche sé stessa finendo intrappolata paradossalmente nella rete della vedova nera che aspetta silente e immobile che la sua preda finisca sulla tela per esserne poi divorata.

La Russell (Whore, puttana, 1991) è forse la vera rivelazione del film. Senza di lei non reggerebbe l’intero impianto narrativo cinematografico. Brava, austera, fiera e priva di scrupoli.

Ogni tanto lascia intravedere una finta sensibilità e commozione che in realtà non le appartengono. Ma chi è veramente Catharine? Una, nessuna e centomila anime che si mescolano all’interno di un personaggio schizoide e altamente paranoico che però non perde mai il suo fascino, il suo aplomb.

La vedova nera rimane a mio avviso un Cult degli anni Ottanta che merita di diritto di entrare a far parte di quel cinema d’essai, sommerso, ma che non deve essere dimenticato.

Sorretto dalla sceneggiatura incalzante di Ronald Bass (vincitore del Premio Oscar come migliore sceneggiatura per il film Rain Man, Barry Levinson, 1988), il film di Rafelson non deluderà mai le aspettative dei cinefili e degli addetti del settore.

Vi travolgerà in 102 minuti di pura angoscia vintage. Buona visione!

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Filippo Kulberg Taub

Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

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