La giustizia non consiste nell’essere neutrali tra il bene e il male, ma nel trovare e sostenere il giusto contro il male — Theodore Roosevelt
L’ultima relazione della Commissione Europea per l’efficacia della giustizia (CEPEJ) ha affermato che il sistema della giustizia italiana funziona molto a rilento rispetto ad altri Stati membri per quanto riguarda i tempi processuali. Questa riforma della giustizia ha l’obiettivo di avviare un reale processo di innovazione organizzativa e quindi di migliorare la risposta della giustizia, che ha dato prova sino ad oggi di avere gravi criticità e vuoti legislativi. Questo obiettivo si può raggiungere unicamente avviando un processo di innovazione organizzativa che comprende anche la digitalizzazione del sistema giudiziario.
Con la recente approvazione tra Camera e Senato, la riforma costituzionale sulla giustizia è definitiva.
Il testo introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, due Consigli Superiori e un’Alta Corte Disciplinare. Nei prossimi tre mesi è atteso il referendum confermativo, dove gli italiani saranno chiamati a votare; per quanto riguarda il referendum non è richiesto alcun quorum. Ma le posizioni politiche e della magistratura si sono purtroppo rivelate molto divisive e contrastanti.
Il cuore della riforma è la separazione tra i magistrati giudicanti e quelli requirenti, quindi tra chi emette sentenze e i pubblici ministeri. Ci saranno due Consigli Superiori presieduti dal Capo dello Stato, e i vicepresidenti saranno eletti tra componenti laici, non togati, sorteggiati da un elenco selezionato e compilato dal Parlamento. Questo è necessario per limitare ed evitare l’influenza nefasta delle correnti della magistratura e la sua politicizzazione.
Si prevede inoltre un piano di assunzioni per i tribunali civili e penali, che da tempo contribuiscono al notevole rallentamento dei tempi della giustizia. Verrà istituito l’Ufficio per il processo, uno strumento organizzativo al fine di ridurre gli arretrati e i tempi dei procedimenti in Italia.
Oltre a notevoli risorse economiche, verranno assegnati fondi dal PNRR, anche perché ridurre i tempi obiettivamente troppo lunghi della giustizia italiana è un tema molto sentito in Europa.
Quanto descritto è solo una parte delle normative della riforma, che, nonostante sia evidente il passo in avanti che comporta sia in termini di tempistiche che di maggiore equità nelle sentenze, non esclude il rischio di errori giudiziari, come accaduto in passato. Uno per tutti: il caso Tortora. Per quanto riguarda invece l’attualità, cito il caso Garlasco (cliccate QUI per il mio ultimo articolo a riguardo), dove, anche se la minuziosa indagine di revisione non è conclusa, possiamo affermare che la prima indagine svolta nel 2007 presenta ombre e numerosi errori procedurali, riguardanti soprattutto la non corretta gestione e isolamento della scena del crimine, che, se svolte in modo corretto, avrebbero portato in breve tempo alla risoluzione del caso.
Mi risulta difficile capire come alcuni partiti ed esponenti dell’opposizione non siano d’accordo con questa riforma. Stanno nascendo infatti vari comitati contrari, così come l’ANM (Associazione Nazionale Magistrati), che si oppone alla separazione delle carriere, accusando il governo di voler indebolire la magistratura. Tale posizione appare ambigua, in quanto dovremmo tutti, magistrati compresi, volere un miglioramento del sistema processuale in Italia. Questa riforma rappresenta solo un primo passo verso un’ottimizzazione e modernizzazione del sistema, al fine di renderci competitivi con gli altri Paesi europei.
Per quanto riguarda i partiti dell’opposizione, che hanno già iniziato campagne per convincere a votare contro la riforma, penso che si tratti dell’ennesimo attacco al governo, in particolare alla premier Meloni (cliccate QUI per il nostro articolo a riguardo), con l’intenzione di destabilizzarlo, anche contro l’evidenza dei fatti. Un atteggiamento che rischia di causare un enorme danno per la vita dei cittadini italiani, mantenendo l’immobilismo di fronte ai gravi problemi che affliggono la giustizia nel nostro Paese.
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