“Chi non muore“, almeno così dicevano un tempo, “si rivede“. Oggi, invece, questa famosissima espressione proverbiale si potrebbe o dovrebbe riformulare con “Chi non muore, si risente”, soprattutto quando si tratta di (s)parlare a sproposito o di aprire la bocca giusto per dare aria alle gengive. Qualcosa di cui sembra sicuramente intendersi l’ei fu generale con l’elmetto dei cliché e il fucile carico di frottole, ora eurodeputato (sì, avete letto bene!), Roberto Vannacci.
Nostalgia, nostalgia canaglia
che ti prende proprio quando non vuoi
Ti ritrovi con un cuore di paglia
e un incendio che non spegni mai
Nostalgia, nostalgia canaglia
di una strada, di un amico, di un bar
di un paese che sogna e che sbaglia
ma se chiedi poi tutto ti da
Così cantavano Albano Carrisi e Romina Power in un’epoca in cui, neanche lontanamente, nessuno di noi avrebbe potuto immaginare che il loro inno ai “bei tempi“, quelli veri, si sarebbe un giorno trasformato in un panegirico del revisionismo storico all’italiana. Ebbene sì, perché, nonostante siamo ormai a 2025 inoltrato, ci ritroviamo ancora a qui, per l’ennesima volta, a dover ascoltare, inermi, i deliri di onnipotenza e onniscienza di chi rispolvera Benito Mussolini ogniqualvolta se ne presenta l’occasione nemmeno fosse un nonno affettuoso che, tra una dittatura e l’altra, avrebbe “fatto anche cose buone“. Che dire, roba che neanche Alessandra Mussolini sarebbe mai arrivata a tanto!
Domenica scorsa, infatti, il buon vecchio Vannacci ha ben pensato di riesumare quello stra-abusato mantra che lui e quelli come lui, specialmente da tre anni a questa parte, amano ripetere come fossero dei giradischi rotti. In particolare, e perlomeno secondo il caro Roberto, tra le fantomatiche “cose buone”, ci sarebbero l’istituzione dell’INPS, le bonifiche, la fondazione della città di Latina (che più che fondata sembrerebbe tirata su a colpi di retorica) e mettiamoci pure tutte le cose di questo e qualche altro mondo!
Difatti, secondo la logica vannacciana, sempre che di “logica” si possa parlare, Mussolini avrebbe inventato le pensioni. Peccato solo, però, che queste esistessero già nel lontano 1898, pressappoco quando il suo amato duce si limitava a balbettare ideologie tra una manifestazione rionale e l’altra, e che fosse la Cassa Nazionale ad erogarle, la medesima che Benito avrebbe poi rinominato INPS come soltanto una furba azione di re-branding potrebbe fare.
Per quel che riguarda le bonifiche, invece, per chi non lo sapesse, ed è evidente che Vannacci ne sia totalmente all’oscuro, è necessario precisare che su quattro milioni di ettari bonificati in totale, la metà venne sistemata dai governi liberali precedenti al regime. Insomma, una vera e propria appropriazione indebita in piena regola! Ma sfortunatamente, si sa, a quel tempo la propaganda fascista era talmente martellante che, pensate, se qualcuno la utilizzasse ai giorni nostri, sarebbe in grado di far credere al mondo intero che Giorgia Meloni è il più grande Presidente del Consiglio che la Repubblica Italiana abbia mai avuto!
E che dire della “colonizzazione gentile” di Mussolini, che tutto fu tranne che gentile. Gas chimici in Etiopia, deportazioni in Libia, massacri nei Balcani: un’idea di dolcezza che neppure Benjamin Netanyahu avrebbe osato promuovere!
In definitiva, se proprio ci teniamo a trovare “le cose buone” fatte da Mussolini, allora potremmo includere anche l’invenzione dell’aria fritta. Ma attenzione: la nostalgia canaglia non è solo un verso da cantare al karaoke, è anche (e soprattutto) una trappola storica che ci fa scambiare la propaganda per progresso.
Diciamolo senza giri di parole: il fascismo fu una dittatura. Punto. Non una lista di migliorie urbanistiche con contorno di manganello. Chi continua a ripetere che “ha fatto anche cose buone” non solo ignora il peso delle atrocità, ma insulta le vittime e svilisce la memoria. La Storia non è un quiz di Chi vuol essere revisionista e di errori, come essa dovrebbe rammentarci, ne abbiamo già collezionati abbastanza!
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