Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura
color già tristi, e questi con sospetti – Divina Commedia, Purgatorio (VI 106-108)
L’antica inimicizia tra Montecchi e Capuleti era già nota ai tempi di Dante, ma soltanto dopo più di due secoli William Shakespeare scriverà una delle più grandi opere letterarie a livello mondiale. Probabilmente, Romeo e Giulietta è la tragedia più famosa della celebre firma del panorama culturale britannico, citata a più riprese in diversi ambiti, sia musicali sia cinematografici e teatrali, e considerata forse la storia d’amore più idolatrate di sempre.
Attraversare interi periodi della storia della letteratura in cui il tema di Eros e Thanatos sia l’elemento principale significa imparare ad osservare il ciclo interminabile della vita stessa. Negli articoli scorsi, infatti, ho messo in evidenza la vicenda di Paolo e Francesca (cliccate QUI per recuperare l’articolo a riguardo), poi quella di Orfeo ed Euridice (cliccate QUI per recuperare l’articolo a riguardo) e oggi, invece, ho deciso di addentrarmi tra i meandri di una altra relazione, che vede l’incontro di due anime che non si possono sottrarre all’impeto dell’Amore e dove il Tanathos è un’ombra che proietta sugli innamorati i legami di sangue di entrambi.
Erroneamente considerata solo alla luce dell’elemento romantico, la storia di Romeo e Giulietta è un autentico dramma tragico medievale, dove il destino è il motore che sconvolge e distrugge. Certo, si tratta pur sempre di un racconto figlio del proprio tempo: il culto per il macabro, il memento mori, la consapevolezza tipica del Medioevo secondo cui l’uomo non sia artefice del proprio fato, ma subisca il giogo crudele della fortuna, della sorte o dell’altresì chiamata Provvidenza. Al tempo stesso, però, non si può negare che quel medesimo destino sia frutto anche delle passioni che sconvolgono gli uomini e li imprigionano nella loro stessa impulsività.
Tali riflessioni rendono una tragedia senza dubbio romantica, molto più intensa e complessa di quanto il pubblico possa immaginare.
Inoltre, la causa dell’inimicizia tra le due casate non viene mai esplicitata, ma si può intuire sin dalla prima scena dell’Atto I come questo astio abbia incattivito i servi della famiglia Capuleti: sempre pronti a scattare, senza mai darsi alla fuga, a rispondere d’impulso e a menare fuori le spade (elemento fondamentale della virilità, tra le altre cose) innescando un duello contro i membri della corte dei Montecchi.
Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti si innamorano, e qui nessuna forza esterna può subentrare perché l’Amore prevale su ogni rivalità. La tredicenne Giulietta ebbra d’amore e di Romeo non si può dire diversamente. I due decidono di sfidare l’ordine posto nella Verona di quel tempo, sebbene i loro tentativi di conformarsi nuovamente alle aspettative della società, alla fine, spianino la strada al tragico epilogo. Romeo è poetico e malinconico nel suo modo di esprimersi, è innamorato dell’idea dell’amore e il suo modo di pensare viene preso in giro senza pietà sia dai suoi amici (il cugino Benvolio e Mercuzio) che dai suoi nemici (Tebaldo, cugino di Giulietta e il Conte Paride rivale in amore).
Un sentimento contrastato che non ha vincitori, se non i due innamorati che si incontreranno di nuovo nella morte, il gioco “luce e ombra” della commedia è sempre a favore dei due giovani. A ciò si affianca la sensibilità dell’autore, il quale non rinuncia a celebrare i sentimenti pur evidenziandone la tragicità. In questo caso specifico, poi, il problema non è tanto il percorso che devono compiere gli amanti quanto riuscire a resistere davanti a tutte le avversità della vita. Ogni relazione è un passaggio dalle prove di iniziazione al riconoscimento. E ciò è proprio quello che accade con Romeo e Giulietta, i quali, caparbiamente, non depongono stendardi ma li portano in quell’oltre che gli occhi del quotidiano fanno fatica a vedere.
Se portiamo l’opera ai nostri giorni, sarebbe, forse, uno scandalo? Il “Sì” che vorremmo affermare dovrebbe essere a favore di chi si ama. Sfortunatamente, mio malgrado, ancora sussistono diaspore che provengono da questioni che non riguardano la coppia. Pensiamo un attimo ad un Romeo con Romeo o ad una Giulietta con un’altra Giulietta: quotidianamente assistiamo a veri e propri scontri tra famiglie, genitori che disconoscono il frutto della propria carne, madri e padri che accusano non si sa chi di aver snaturato la propria prole e così via. Oppure, che ne so, basti pensare ai casi di successione ed eredità: quante persone, in occasione della morte del congiunto/a, hanno dovuto abbandonare la casa in cui hanno vissuto perché gli eredi, fossero anche cugini di settimo grado, si sono presentati con assoluta spietatezza, demolendo tutto ciò che con amore era stato costruito?
Insomma. Tutto questo per dirvi che i Montecchi e i Capuleti del passato esistono tutt’ora e, per quanto ci risulti difficile ammetterlo, siamo avvezzi ormai ad incontrarli in quei contesti in cui meno ce lo aspetteremmo. Saranno pure cambiati gli usi e i costumi, ma l’amore rimane continuamente assediato dal Thanatos. È tempo di iniziare a porsi domande di autocritica ed è giunto il momento che chi ama non debba più vivere nella paura di chi, di quell’amore, magari, non ne ha assaporato nemmeno un po’!
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