Shoah e razzismo: il legame è indissolubile. In un’epoca in cui leader mondiali come Trump, Putin ed Elon Musk influenzano il dibattito pubblico con posizioni che spesso alimentano divisioni e conservatorismo, ricordare la Shoah diventa un atto di resistenza contro la disumanità e il razzismo che, oggi come ieri, continua a insinuarsi nelle pieghe della società globale.
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare
– Primo Levi
Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, non è solo un giorno di commemorazione ma anche un imperativo categorico: il razzismo non è un’opinione, è un crimine.
Definiamo il razzismo: è diffidenza, disprezzo e paura del diverso. Oggi lo vediamo nei muri alzati ai confini, nei discorsi populisti che sfruttano paure economiche, persino nelle piattaforme digitali che amplificano l’odio. Quando sentiamo frasi come “gli immigrati ci rubano il lavoro” o “sono un peso per il sistema”, ci troviamo di fronte a narrazioni tossiche create per manipolare e dividere. Ma il razzismo non è innato: è insegnato, propagandato, normalizzato da chi ha interesse a conservare il potere attraverso la paura.
Il razzismo non è una reazione naturale, nessuno nasce razzista. E qui la cultura gioca un ruolo cruciale: può essere una trappola che perpetua un atteggiamento o uno strumento di liberazione che educa al rispetto e alla conoscenza. Ma oggi, quanti governi investono davvero in un’educazione che promuova inclusione e diversità? Troppo pochi.
La Shoah non è solo un capitolo del passato: è un monito eterno. Rappresenta il superlativo assoluto del razzismo portato al suo culmine, pianificato con precisione scientifica e alimentato da un’ideologia disumana. Chi pensa che un simile orrore sia impossibile oggi dovrebbe guardarsi intorno e osservare con coscienza i genocidi silenziosi, le vittime innocenti di guerre di potere, i linguaggi d’odio normalizzati nei media. Siamo davvero così lontani? Oppure la linea è sottile?
Oggi il razzismo si diffonde con un clic. Sui social media, fake news e meme razzisti invadono la rete a stretto giro di ore, creando comunità di odio che si sentono legittimate a esistere. Elon Musk, con la sua gestione di X, ma ora anche Mark Zuckerberg con il suo annuncio della fine del programma di fact-checking per il controllo dei contenuti a favore della libertà di espressione di tutti, ha mostrato come la soppressione di norme legislative nelle piattaforme possa trasformarsi in un megafono per discorsi tossici. E mentre il razzismo si evolve, noi restiamo indietro: legislazioni inefficaci, controlli blandi e una società sempre più anestetizzata all’odio.
Il razzismo è il contrario della libertà. Combattere il razzismo significa educare al rispetto, denunciare l’odio e costruire un mondo in cui nessuno debba più temere per la propria esistenza. Significa ancora liberare non solo chi ne è vittima, ma anche chi ne è complice perché la libertà vera non è individuale, è collettiva: o siamo liberi tutti, o non lo è nessuno. E la libertà è un diritto di tutti.
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