Leggere tra le righe. Crediamo di farlo ogni volta che intravediamo un qualche senso o intenzione nascosta nelle frasi che leggiamo o ascoltiamo, e ci riteniamo attenti, svegli, magari pure intelligenti. Poi, qualche decina di anni fa, all’inizio delle mie ricerche sui temi della logica formale, del pensiero critico e dell’intelligenza emozionale, mi capita di leggere una ricerca scientifica degli anni ’60, dove è stato dimostrato che oltre il 90% degli studenti universitari entra nel mondo accademico con un livello di competenze logico-cognitive nemmeno degno del termine elementare, attraversa l’intero percorso formativo e ne esce col medesimo livello.
Lessi ancora in ulteriori ricerche scaturite in seguito ai risultati della prima, che questa condizione induce diversi bias cognitivi, il più noto e forse anche il più grave di tutti: il bias di conferma. Di fatto, oltre il 90% degli esseri umani a livello globale, indipendentemente dal grado di formazione accademica, esperienza professionale, livello sociale e ricchezza, non sa riconoscere la differenza fra una condizione sufficiente e una condizione necessaria, ovvero, non sa performare correttamente un ragionamento logico.
Quel che è peggio, però, è che noi tutti, non siamo coscienti di questa nostra limitazione, siamo come una calcolatrice difettosa, eseguiamo calcoli e produciamo risultati errati senza essere consapevoli del difetto presente nei circuiti elettronici, e ci affidiamo ciecamente ai risultati prodotti come fossero perfetti. Ci crediamo, ci identifichiamo e persino, lottiamo per sostenerli. Nel caso dei nostri cervelli biologici il difetto circuitale interessa gli engrammi (i circuiti o reti neurali corticali) che dovrebbero strutturarsi sulla base della nostra esperienza nell’ambiente naturale, per implementare le operazioni logiche inferenziali, quelle appunto definite: condizione sufficiente e condizione necessaria.
Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi — Bertrand Russell
Purtroppo per noi, nasciamo da millenni non più nell’ambiente naturale, ma in quello urbano, che ci priva di quelle esperienze capaci di farci apprendere empiricamente questi concetti fondamentali. Dunque, sviluppiamo diversi deficit cognitivi che a loro volta comportano ulteriori deficit anche del nostro livello di coscienza. Negli ultimi millenni, poi, siamo regrediti sotto l’influsso di fenomeni sistemici riguardanti l’organizzazione gerarchica delle società dei Sapiens, influsso che ha dato origine a una nuova sottospecie – l’Homo Urbano – le cui principali caratteristiche distintive sono: la sindrome dislogica (l’incapacità di ragionare logicamente) e il livello di coscienza ridotto a quello di automa senziente.
In questa rubrica, attraverso i risultati ottenuti nella mia trentennale ricerca svoltasi fra l’Italia e il Brasile, concentrata sulla didattica e condensatasi in due libri di cui uno in italiano e inglese che uscirà fra poche settimane, mi occuperò di illustrare in modo chiaro e accessibile, concetti e strumenti che possano aiutare a identificare e a correggere i nostri bias logico-cognitivi. Non posso che lasciare ai posteri invece, il compito di trasformare, attraverso questi mezzi, i deleteri processi sistemici che ci hanno confinato nella cattività urbana, a poter vivere solamente la mera dimensione schiava dell’esistenza umana.
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