Echi di antiche leggende

Afrodite e Ares: quando l’infedeltà rende gli dei fin troppo umani

Le storie d’infedeltà, si sa, stuzzicano tutti, anche coloro che, vestendosi di una certa spocchiosa superiorità, le declassano a volgari bassezze. Se i gossip adulterini deliziano quando riguardano una persona a noi nota, quando si tratta di vip (o presunti tali) diventano ancora più gustosi e tengono banco per giorni nei salotti televisivi e sui social – si veda da ultimo il caso Ferragnez. Ma, come quasi sotto ogni aspetto, il mondo moderno non ha nulla da insegnare a quello antico, che è capace di fornire esempi di liaisons extraconiugali con colpi di scena ed esiti da soap opera: è il caso di due amanti d’eccezione, due “celebrità” dell’antica Grecia, Afrodite e Ares. 

La libertina Afrodite

La protagonista femminile di questo triangolo amoroso è nientemeno che Afrodite, dea della bellezza e dell’amore, la cui femminilità dirompente era solita far girare la testa tanto alle divinità dell’Olimpo, quanto ai poveri mortali. Zeus, il padre degli dei, l’aveva costretta a un matrimonio infelice con Efesto, noioso dio del fuoco e delle attività artigianali, bruttino, rozzo e dal pessimo carattere – lo afferma Omero e noi certamente ci fidiamo –, sempre rinchiuso nella sua officina a fabbricare oggetti. Il marito sarà stato anche bello dentro e di buon cuore, ma Afrodite aveva più interesse per i muscoli scintillanti e l’appeal da sex symbol, che la portava, non essendo campionessa di fedeltà coniugale, a concedersi scappatelle quotidiane con questo e quello. 

Un giorno gli occhi della focosa dea si posarono sul corpo possente di Ares, personaggio a metà tra un tronista di Uomini e Donne e (come dicono adesso i giovani) un “malessere”: aitante, fascinoso, dal fisico scultoreo, ma anche selvaggio, bellicoso e prepotente, non a caso era il dio della guerra. Insomma, tutto quel ben di dio (letteralmente) non poteva non attrarre Afrodite, così come Ares non poteva resistere all’incarnazione della suprema sensualità. 

Un dio impiccione e un guardiano sfortunato

Da quel momento i due iniziarono una relazione segreta. Ma, giacché l’Olimpo era popolato di divinità pettegole – d’altronde dovevano pur ammazzare il tempo delle loro esistenze immortali –, ed Helios, la personificazione del sole, era il più impiccione di tutti, Ares pose Alettrione a sorveglianza della casa di Afrodite nei momenti in cui consumavano i loro incontri intimi in assenza di Efesto, per avvertirli del passaggio del dio ficcanaso. Il guardiano in un’occasione si addormentò ed Helios vide i due amanti. Quando Ares si accorse che il servo dormiva beatamente, s’infuriò e lo punì trasformandolo in gallo – infatti, in greco antico il termine “alettrione” indica proprio l’animale –, e da quel giorno il giovane non smise mai di cantare all’arrivo del sole. 

La vendetta di Efesto

Helios non perse tempo e subito corse a spifferare la tresca a Efesto. Il dio offeso, allora, ordì un piano per cogliere gli adulteri sul fatto: disse alla moglie di dover partire per lavoro, ma solo dopo aver costruito una solidissima rete di bronzo, tanto invisibile e sottile da sembrare una ragnatela. Non appena Efesto si allontanò, Ares corse nel letto della dea, ma la trappola precipitò sui due, bloccandoli mentre erano nudi e avvinghiati. 

Quando la coniuge e l’adultero si unirono a letto, entrambi furono sorpresi dall’arte del marito e dalle catene preparate con nuovo sistema, rimanendo allacciati nell’amplesso. – Ovidio, Metamorfosi, Libro IV

Efesto spalancò la porta della camera e mostrò la scena imbarazzante a tutti gli altri dei, ma, al posto di commenti di condanna e sdegno, dai “colleghi” ascoltò risate e parole di bonaria gelosia verso Ares. Il coniuge tradito, sentendosi ulteriormente umiliato, richiese indietro a Zeus la dote e lasciò la sposa. 

Un felice epilogo

Insomma, tutto si risolse nel migliore dei modi per la bella Afrodite: dall’unione con Ares nacquero due figli, ne generò altri con le divinità che avevano preso le sue parti durante lo spettacolo che avrebbe dovuto svergognarla, e molti altri ancora con vari dei e mortali. Afrodite perse il marito, ma non il vizio.

Uno degli aspetti più intriganti della religiosità greca antica risiede nella rappresentazione del divino con caratteristiche tipicamente umane: gli dei sono litigiosi, gelosi, dalla moralità quasi mai impeccabile, lascivi e traditori (infatti, se Zeus fosse riuscito a rimanere fedele a sua moglie Hera, la mitologia greca sarebbe ridotta almeno di due terzi). Tuttavia, se si operasse un cambio di prospettiva, si potrebbe comprendere come il grande miracolo della religione greca antica sia stato non tanto rendere la divinità umana, quanto, piuttosto, innalzare l’uomo al divino, con tutto il suo bagaglio di imperfezioni, errori e miserie.

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Tonia Di Fabrizio

Classe 1997, abruzzese di nascita e bolognese d'adozione. La passione viscerale per il greco e il latino l’ha portata a conseguire una laurea in "Filologia, Letteratura e Tradizione Classica". Eclettica ascoltatrice di musica, avida divoratrice di serie tv, balla il tango (non benissimo), pratica yoga per sentirsi radicata e legge libri per vivere mille vite. Scrive di ciò che la affascina e incuriosisce, nella speranza che anche i lettori possano esserne ammaliati a loro volta

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