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Arezzo, un paese della provincia ostaggio di donne: tra denunce inascoltate e appelli ignorati

In un paesino del Cesenate, in provincia di Arezzo, due donne – madre e figlia, rispettivamente di 59 e 36 anni – hanno tenuto sotto scacco i propri concittadini per ben 33 anni, diventando un vero e proprio incubo. Le loro azioni persecutorie, messe in atto con costanza e crudeltà, consistevano in disturbi e vessazioni quotidiane al limite dell’incredibile.

Il mondo non sarà distrutto da quelli che fanno il male, ma da quelli che li guardano senza fare nulla — Albert Einstein

Cosa è accaduto nella provincia di Arezzo?

In soli quattro mesi, un abitante, il signor Paolo, ha raccontato di essere stato contattato circa 800 volte, anche di notte, da fornitori di servizi mai richiesti: tassisti, fiorai, venditori di materassi e abiti da sposa, operatori per l’autospurgo, derattizzatori, imbianchini, vigili del fuoco, ambulanze e persino carri funebri inviati per ritirare la sua salma. Tutte le chiamate erano riconducibili alle utenze delle due donne, che sembravano impegnate a tempo pieno nell’organizzare persecuzioni ai danni dei vicini. Il signor Paolo, ovviamente, come molti altri abitanti del paese, ha sporto denuncia per stalking e procurato allarme.

Dopo decenni di segnalazioni, la Procura di Forlì ha recentemente emesso i primi provvedimenti: libertà vigilata per la figlia e obbligo di cure psichiatriche per entrambe, pena l’arresto.

Persecuzioni e danni gravi

Ma le loro azioni non si limitavano alle telefonate. Le due donne hanno messo in atto una serie di atti gravi: dal lancio di uova e pietre contro gli scuolabus, alle minacce telefoniche, fino al danneggiamento sistematico delle auto dei vicini. Secondo quanto riportato dai residenti intervistati in vari programmi televisivi, l’intento delle due era chiaro: spingere quanta più gente possibile ad abbandonare il paese. In molti casi ci sono riuscite: alcuni anziani, stremati dalle continue vessazioni, hanno venduto casa e si sono trasferiti altrove in cerca di tranquillità.

È evidente che ci troviamo di fronte a persone affette da gravi disturbi mentali. Sorprende che, nonostante le migliaia di denunce presentate in oltre trent’anni, la magistratura sia intervenuta solo ora.

L’intervento della tv

La svolta è arrivata grazie all’attenzione mediatica. Programmi come La Vita in Diretta hanno dato voce alle vittime, raccontando le loro storie e denunciando la totale assenza delle istituzioni. Solo grazie alla pressione dell’opinione pubblica, la Procura ha finalmente agito.

Sorge spontanea una domanda: oggi, per ottenere giustizia, è davvero necessario rivolgersi a televisioni e social? Se non si ha visibilità mediatica, si rischia di non essere tutelati, venendo lasciati soli di fronte a soprusi e ingiustizie. I cittadini sono quindi spesso costretti a cercare attenzione pubblica per smuovere le istituzioni e ottenere risposte concrete.

Alla luce di quanto accaduto, non posso che constatare amaramente che, in un’Italia attraversata da una profonda crisi politico-istituzionale, la vita delle persone comuni sembra non avere più valore. Le leggi non vengono applicate con equità e la tutela sembra riservata solo a personaggi pubblici o a chi ha la fortuna – o la forza – di far sentire la propria voce attraverso i media.

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Manola De Lorenzo

Nata a Milano, si interessa da sempre di tutto ciò che, nel bene e nel male, colpisce il mondo che la circonda. Attualità, politica, cronaca e spettacolo sono da sempre il suo pane quotidiano. Nutre un profondo e smisurato affetto nei confronti degli animali, ama la moda ed è una grande appassionata d'arte. Scrive per passione e commenta quello che, secondo lei, merita attenzione.

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