Un’impronta palmare rinvenuta sul muro vicino al corpo di Chiara Poggi rappresenta oggi uno degli indizi più rilevanti, tanto da poter riscrivere la storia dell’omicidio avvenuto diciotto anni fa a Garlasco. Si tratta dell’impronta del palmo di una mano che, all’epoca delle prime indagini, non poté essere attribuita a nessuno a causa delle limitate tecnologie disponibili. L’indizio fu dunque archiviato. Oggi, grazie a tecniche scientifiche all’avanguardia, quell’impronta è stata riesaminata ed è risultata compatibile con quella di Andrea Sempio, all’epoca amico del fratello di Chiara, Marco Poggi.
Il Nucleo Investigativo di Milano ha condotto le analisi, passando in rassegna numerosi reperti archiviati dai RIS, riesaminandoli con le tecnologie moderne a disposizione dei reparti specializzati, noti per la loro competenza nelle indagini ad ampio raggio. Questo lavoro si inserisce in una scelta coraggiosa e non priva di rischi: riaprire un caso che all’epoca aveva diviso profondamente l’opinione pubblica, creando due fronti contrapposti tra innocentisti e colpevolisti. Una spaccatura che si ripropone anche oggi, mentre il caso torna sotto i riflettori come uno dei più seguiti a livello mediatico.
È legittimo ipotizzare che la revisione del processo implichi almeno un dubbio — se non la concreta possibilità — che Alberto Stasi, condannato in via definitiva, possa essere innocente. Qualunque sarà l’esito delle nuove indagini, resta il rischio concreto di alimentare un senso diffuso di sfiducia nei confronti della giustizia italiana e il timore che simili errori giudiziari possano ripetersi.
A rafforzare i sospetti nei confronti di Andrea Sempio vi sono ulteriori elementi: il giorno dell’omicidio, Marco Poggi si trovava in montagna con i genitori, ma dai tabulati telefonici emergono almeno tre chiamate effettuate da Sempio verso casa Poggi nei giorni 7 e 8 agosto, nelle quali chiedeva notizie di Marco, con cui era uscito il giorno precedente.
Al contempo, gli addetti ai lavori hanno rilevato altre impronte su oggetti della scena del crimine — come la porta d’ingresso e un cartone della pizza — non riconducibili né a familiari né ad amici. Queste risultano attualmente attribuite a un soggetto ignoto, identificato provvisoriamente come “Ignoto 1”.
Inoltre, durante una recente perquisizione presso l’abitazione di Sempio, gli inquirenti hanno rinvenuto appunti inquietanti in cui egli parla di aver compiuto “cose terribili”. A sua difesa, Sempio aveva presentato uno scontrino del parcheggio che avrebbe dovuto attestare la sua assenza dalla casa di Chiara all’ora del delitto. Tuttavia, secondo quanto emerso dagli interrogatori e dalla geolocalizzazione del cellulare, solo la madre di Sempio si trovava realmente in quel parcheggio in quel momento.
Anche le sorelle Cappa sono finite sotto osservazione per via di alcune intercettazioni telefoniche e contatti che sembrerebbero contraddire le loro precedenti dichiarazioni. Gli inquirenti sospettano che possano conoscere più di quanto abbiano mai rivelato.
È evidente che gli investigatori dispongano di altri elementi non ancora resi pubblici, e che si stiano muovendo con cautela per far emergere contraddizioni nei racconti del possibile responsabile, anche in presenza di eventuali complici.
Gran parte dell’opinione pubblica, così come numerosi giornalisti e avvocati, auspica che si possa finalmente fare luce sul caso, identificare con certezza il vero colpevole e comprendere quale sia stato il movente di un delitto tanto efferato.
Dalle indiscrezioni diffuse da media, social e programmi televisivi, appare chiaro che molto resta ancora da chiarire. Diverse persone vicine a Chiara Poggi potrebbero aver taciuto informazioni importanti, forse per legami diretti o indiretti con l’omicidio, creando una rete di silenzio e protezione reciproca.
Per chi oggi osserva questa revisione processuale a quasi due decenni di distanza, è inevitabile interrogarsi sul potere della magistratura, che ha nelle proprie mani il destino di un individuo. Ci si augura che si riconoscano eventuali errori e che chi il/i responsabile/i ne risponda(no). È fondamentale che in futuro vi sia maggiore rigore e competenza sia in ambito investigativo che forense.
La magistratura ha il dovere di cercare la verità con obiettività e trasparenza, per riconquistare la fiducia e il rispetto dei cittadini — sentimenti che, oggi, risultano purtroppo compromessi.
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La riapertura del caso Garlasco con le nuove prove – come l’impronta palmare attribuita ad Andrea Sempio, getta nuova luce su un delitto che credevamo risolto. Se davvero Alberto Stasi fosse innocente, saremmo di fronte a un clamoroso errore giudiziario. Concordo che la fiducia nella giustizia ne risentirebbe, ma è doveroso perseguire la verità fino in fondo. Meglio mettere in discussione certezze passate e individuare il vero colpevole, piuttosto che lasciare un innocente in carcere per salvare le apparenze.