Con l’arrivo della primavera, il bisogno di immergersi nel verde, di affondare le narici nell’inebriante aroma dei fiori e di avvolgersi nello spettacolo visivo dell’esplosione della natura, induce molti a rifugiarsi per qualche ora di spensieratezza nei floridi parchi e giardini che impreziosiscono il Bel Paese. Tra le gemme più belle che in questo ambito l’Italia può vantare c’è il Giardino di Ninfa, situato a Cisterna di Latina, un luogo permeato dal fascino incantato di una cupa leggenda.
Quello di Ninfa è un giardino all’inglese di otto ettari, costruito nell’area dell’omonima cittadina medievale, della quale si possono ammirare solo poche fortunose rovine, nonché monumento naturale della Repubblica e oasi del Wwf, nel quale il caleidoscopico tripudio di piante e la varietà di specie animali lo rendono un preziosissimo ecosistema da tutelare.
Il giardino più bello del mondo – New York Times 2019
Quando scompiglia le fronde degli alberi e accarezza il pelo dell’acqua dei ruscelli e del fiumiciattolo, nel Giardino di Ninfa il vento mormora con dolcezza a coppie di innamorati e avventori di ogni tipo la favola antica della bellissima Ninfa. La fanciulla viveva con il padre in un castello sul lago, alle pendici dei monti Lepini, circondato dall’aria soffocante delle paludi limitrofe che dominavano l’Agro Pontino. Il clima insalubre e inospitale del territorio, che rendeva impossibile la vita, oltre che la coltivazione e la rendita, spinse il padre di Ninfa a ingegnarsi per garantire all’adorata figlia un’abitazione immersa in terreni fertili e coltivabili, con facile accesso al vicino mare.
Decise, dunque, di mandare a chiamare i due re confinanti, indicendo una gara: colui che fosse riuscito a bonificare le terre, avrebbe ricevuto in sposa Ninfa come premio. I due re chiamati a gareggiare avevano personalità opposte: da un lato c’era Martino, sovrano d’animo buono, puro e ingegnoso, nonché oggetto dell’amore segreto di Ninfa; dall’altro Moro, un malvagio stregone. Lo scontro tra i due non era ad armi pari e l’esito fu sfavorevole a Martino, che, pur avendo adottato ogni strategia per operare la bonifica, costruendo canali e dighe per giorni, non potè far altro che vedersi battuto da Moro, che con una magia in un attimo prosciugò la palude.
Con la vittoria di Moro, davanti agli occhi di Ninfa prendeva forma il profilo di un destino straziante, al fianco di un uomo che disprezzava e lontana dalle braccia di colui che, al contrario, desiderava. La giovane fanciulla scelse allora di non soccombere a una vita infelice e decise di affidare il suo corpo al lago, tuffandosi nelle sue acque cerulee senza più riemergere. Il corpo della splendida Ninfa non fu mai ritrovato e la tradizione popolare narra che il fantasma della fanciulla si aggiri ancora nel meraviglioso giardino, accarezzando ogni giorno le acque, gli alberi e i fiori, che dalle sue cure traggono la loro bellezza e il rigoglio.
La placida quiete del Giardino di Ninfa e la sua dimensione quasi atemporale, lontana dalla frenesia del mondo e del tempo presente, hanno incantato e ispirato scrittori e poeti del calibro di Ungaretti, Moravia, Virginia Woolf, Truman Capote, Tennessee Williams e Giorgio Bassani, che proprio lì nel 1962 scrisse il romanzo Il Giardino dei Finzi-Contini.
Di recente il luogo si è innalzato a Musa ispiratrice anche per lo scrittore Simone Di Matteo, che, nell’opera La vedova d’amore, tenta di riannodare le trame della leggenda, ma sparigliando le carte, dando tridimensionalità e profondità psicologica alla vicenda della bella fanciulla, nella quale la passione, il mistero e la magia si intrecciano inestricabilmente nel teatro silenzioso delle paludose terre pontine.
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