Viviamo in tempi oltremodo strani, più mi guardo intorno e più me ne rendo conto. Mi costa ogni volta dovervelo ricordare, tuttavia, non posso fare a meno di notare che, in un XXI secolo ormai senza speranza, la sola cosa che sembriamo capaci di fare è quella di rimarcare, e per giunta orgogliosamente aggiungerei, quell’insormontabile divario che c’è tra ciò che siamo e chi fingiamo di essere. Oggigiorno, infatti, preferiamo di gran lunga vivere in un ambiente ricolmo di finzione piuttosto che affrontare, nel bene o nel male, la realtà dei fatti perché, si sa, è di certo più facile fare i conti con qualcosa che non è anziché che con ciò che irrimediabilmente è.
E questo deve averlo di sicuro scoperto anche Lorella Cuccarini, recentemente sommersa dalle critiche dopo aver condiviso sui social un video che la ritrae senza trucco e senza filtri, visto che, come scriveva alcuni giorni fa uno di quei pochi ben pensanti rimasti all’interno di un inarrestabile gregge di idolatranti:
Viviamo in un mondo in cui si perdona tutto, tranne l’autenticità
E in effetti, a voler ben intendere, non si può far altro che dargli ragione. Non so cosa ne pensiate voi, ma quello che vedo io è che nel 2025, sebbene si tratti di un processo iniziato molto prima di oggi, perdoniamo la qualunque a discapito di chiunque, persino di noi stessi!
Non battiamo ciglio dinanzi a criminali di guerra che perpetrano autentici genocidi e non fanno nulla per nasconderlo. Restiamo impassibili di fronte alle belle parole dei politicanti odierni che spacciano improbabili menzogne per assolute verità e noi, consapevolmente, ce le ‘beviamo’ pure. Non muoviamo un dito davanti a chi crede di poter governare il mondo a proprio piacimento infischiandosene dei bisogni di tutti, quelli dei sostenitori compresi. Restiamo inermi quando, intenti a ‘scrollare’ su una delle infinite piattaforme virtuali tanto in voga nel nostro vasto, vario, variegato e avariato metaverso, ci imbattiamo in uno scatto opportunamente livellato (benché ‘A Livella, quella di cui ci parlava Totò, sia un’altra e, presto o tardi, raggiungerà ognuno di noi).
Eppure, ci scandalizziamo e sentiamo addirittura il bisogno di riversare all’esterno quell’incredibile senso di insoddisfazione generato dai nostri fallimenti per la foto di una donna che sceglie liberamente di mostrarsi per come è davvero. Insomma, esattamente ciò che è accaduto nell’ultimo periodo con Lorella Cuccarini, la più amata dagli italiani (o perlomeno, una volta così era), la cui unica colpa pare esser quella di voler accettare, e perché no, di buon grado, che allo scorrere del tempo non c’è filtro o bisturi che tenga.
In passato, quando ancora l’autenticità andava di moda e gli zigomi da Barbie post-apocalittica erano assolutamente demodé, invecchiare era considerato normale. Anzi, per certi versi dignitoso! Al contrario, oggi sembrerebbe essere quasi una provocazione se non un peccato da espiare, specialmente agli occhi di chi è cresciuto a ‘pane e Kim Kardashian‘. E questo – ahimè, ahinoi, ahitutti – accade principalmente se a farlo è una donna. E la Cuccarini ha fatto proprio questo: si è mostrata nella più assoluta semplicità e veridicità, rughe e imperfezioni incluse, un po’ come a voler gridare al mondo: “Guardate! Sono una donna che vive nel suo corpo, che non si è fatta stirare la faccia!”
Sfortunatamente, però, è da qui che è partita la caccia alle streghe, un fenomeno più attuale di quel che si possa pensare. D’altronde, è ampiamente risaputo, le streghe hanno sempre avuto rughe, bitorzoli e chi più ne ha, più ne metta. E questo la gente non riesce a perdonarlo. Ma dove siamo arrivati se siamo costretti ad inseguire una perfezione inesistente pur di non essere ridicolizzati? Ebbene, in una società dove l’algoritmo dei like e l’indice del gradimento popolare dipendono dalla tenuta stagna di un volto siliconato e non dall’orgoglio di un viso ben vissuto, nel regno della chirurgia emotiva dove l’autostima può sorreggersi soltanto a colpi di botox.
Nel frattempo, comunque, mentre la Cuccarini viene sommersa dagli insulti, c’è chi come Alba Parietti che, tra la giusta illuminazione e quella buona dose di FaceApp che non guasta mai, finisce seriamente per credere (e far credere) a quel fatidico “sì, ho superato i 60 ma ne dimostro 27“. Per carità, non c’è nulla di male nel voler piacere o nel ritoccarsi, e ben venga la correzione laddove sta l’imperfezione. Ciò nonostante, qui non stiamo parlando di libertà di scelta ma di pressione sociale sbagliata e di modelli tossici il cui solo pregio potrebbero essere quello di rammentarci chi o cosa non dover mai essere o diventare. L’originale? Troppo scomodo. Troppo vero.
Ed è forse per questo che il gesto di Lorella Cuccarini diventa originale, seppur scomodo per i più. In una realtà alla quale di reale è rimasto ben poco, per non dire niente, dove ogni foto è una performance, ogni ruga è un sabotaggio all’immagine pubblica e in cui l’invecchiamento, piuttosto che essere vissuto come evoluzione, è trattato come un incidente di percorso sul quale intervenire in maniera tempestiva, avere il coraggio di al naturale provoca disagio, silenzio, vergogna e critiche spietate la cui utilità è soltanto quella di coprire l’imbarazzo di chi quel medesimo coraggio non ce l’ha.
E sapete qual è la verità? La verità è che abbiamo paura, perché quel volto “segnato” inevitabilmente sta a rammentarci che il tempo passa anche per noi e che la bellezza può esistere al di fuori di canoni estetici preconfezionati. Perciò, quello che vi domando è: vogliamo vivere in un mondo dove la bellezza è un risultato da laboratorio e l’invecchiamento è una sconfitta da combattere a colpi di filler? O siamo pronti ad accettare che gli anni, per quanto vi possa sembrare ingiusto o crudele, passano non per tutti allo stesso modo?
Io, nel dubbio, ho sempre preferito, preferirò e continuo tutt’ora a preferire una ruga che racconta una storia ad una fronte immobile incapace di esprimere il men che minimo pensiero!
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