La nuova edizione del Festival di Sanremo ha preso il via lo scorso 11 febbraio e la prima serata ha già fatto parlare di sé, per svariati motivi. Uno di questi, sicuramente, è legato al videomessaggio che sarebbe stato inviato da Papa Francesco alla kermesse, come dichiarato dal conduttore, nonostante alcune recenti “smentite” vedrebbero il video in questione legato in realtà ad un altro evento, tenuto diversi mesi fa e sempre presentato da Carlo Conti, e della cui messa in onda la scorsa sera il Pontefice pare fosse totalmente all’oscuro.
Ad ogni modo, nella clip si sottolinea l’importanza della musica come strumento di pace. Ma sarà davvero così? Ebbene, parliamone.
La musica è bellezza, la musica è strumento di pace. È una lingua che tutti i popoli, in diversi modi, parlano e raggiunge il cuore di tutti. La musica può aiutare la convivenza dei popoli
Continuando ad utilizzare il condizionale visti gli ultimi aggiornamenti, il Santo Padre avrebbe raccolto l’invito della redazione del Festival e avrebbe indirizzato (alla redazione stessa) un breve videomessaggio. Un gesto pure bello, al di là della propria veridicità o meno, sebbene il tutto sia stato condensato in poco più di tre minuti. Si è trattato di qualcosa di semplice, essenziale, che ha evocato l’immagine di bambini che soffrono a causa delle guerre. Per sostanziare ulteriormente la pertinenza del proprio intervento, aggiungere realtà al proprio testo, ha menzionato un ricordo della propria infanzia, della mamma.
Pensando al tuo invito penso direttamente a tanti bambini che non possono cantare, non possono cantare la vita, e piangono e soffrono per le tante ingiustizie del mondo, per le tante guerre, le situazioni di conflitto. Le guerre distruggono i bambini. Non dimentichiamo mai che la guerra è sempre una sconfitta.
Dal punto di vista comunicativo, dunque, il Pontefice ha voluto dare una missione alla musica: essere strumento di pace.
Cercate di vivere delle belle serate e rivolgo un saluto a tutti coloro che sono collegati, specialmente le persone che soffrono, e a tutti voi, e che la buona musica possa raggiungere il cuore di tutti
Nella videoclip, il Papa ha voluto tematizzare la sofferenza. L’ha declinata nei bambini – chiedendo a tutti noi di empatizzare con i bambini che soffrono – per poi estendere tale sofferenza ad una platea più ampia. Il quadro attuale delle guerre ha indubbiamente corroborato il suo messaggio e ne è stato cornice. Un messaggio che cerca di leggere la contemporaneità e sfruttare anche la musica per cercare di sanare la follia umana della guerra.
Papa Francesco, insomma, ha voluto veicolare un messaggio universale. Curiosamente, non lo ha connotato di elementi cattolici espliciti. Nemmeno ha voluto avvantaggiarsi dello spazio mediatico per “fare la morale” alla cecità della politica. Un messaggio che potremmo definire “sobrio”, “emotivo”, non politico di buonsenso. Quasi a non voler dar fastidio a nessuno, ma solo ribadire delle verità (essenzialmente e ovviamente cristiane) di posizionamento in questo scenario apocalittico.
La musica, in effetti, è stata storicamente usata per scopi diversi, che spaziano dalla promozione della pace alla strumentalizzazione per motivi politici e bellici. La sua capacità di evocare emozioni, unire le persone e rafforzare identità collettive la rende un potente strumento. Ma è anche un veicolo potenziale per messaggi che possono essere sia pacifici che divisivi.
Nel caso della politica, la musica è spesso usata come un mezzo per rafforzare sentimenti di nazionalismo, identità e coesione. Gli inni nazionali, per esempio, sono pezzi musicali che non solo evocano un senso di unità e orgoglio nazionale: possono anche essere utilizzati per giustificare e promuovere politiche, compreso il conflitto. La musica in questo contesto non è tanto un “strumento di pace”, quanto un veicolo che può alimentare l’emozionalità legata a determinate ideologie e persino conflitti.
Alcuni canti popolari e canzoni di propaganda sono stati utilizzati in molti regimi per rafforzare la retorica di guerra, creando un forte legame tra la musica e la lotta per cause politiche.
Pensiamo, ad esempio, alle canzoni che hanno accompagnato i conflitti mondiali o alle marce patriottiche usate durante le guerre per suscitare coraggio, speranza, e anche odio verso “il nemico”. La musica, in questi casi, serve come uno strumento di mobilitazione, veicolando ideali politici e risoluzioni belliche, piuttosto che messaggi di armonia.
Questo contrasto tra la musica come strumento di pace e come veicolo di propaganda dimostra quanto sia ambivalente il suo ruolo. La sua capacità di toccare il cuore umano la rende ideale per suscitare solidarietà, ma allo stesso tempo il suo potere può essere manipolato per fini che vanno ben oltre la semplice unione.
A livello teorico, la politica potrebbe certamente “appropriarsi” della musica per promuovere la pace e la riconciliazione. Ciò richiederebbe un cambiamento di paradigma: un mezzo mezzo per costruire ponti.
La musica può aprire il cuore all’armonia, alla gioia dello stare insieme, con un linguaggio comune e di comprensione facendoci impegnare per un mondo più giusto e fraterno. Grazie.
La missione della musica, in senso stretto, non è necessariamente la pace, ma piuttosto l’espressione emotiva, culturale e sociale. La musica è un linguaggio universale che può servire a molteplici scopi:
Può essere utilizzata per promuovere la pace, ma anche per scopi ben più complessi o ambigui, come il rafforzamento di identità, ideologie o movimenti politici.
La musica ha il potere di evocare emozioni profonde, di unire le persone o di separarle, di ispirare speranza o di suscitare rabbia. Non ha una “missione” predeterminata, ma piuttosto rispecchia le intenzioni di chi la crea, di chi la ascolta e del contesto in cui viene usata.
Per esempio, alcuni compositori hanno utilizzato la musica per sensibilizzare sulla pace, emblematico il film sulla vita di Bob Dylan (a me è piaciuto).
Il caso di opere che trattano la guerra e la sofferenza si sprecano. Altri, invece, l’hanno usata per alimentare sentimenti di orgoglio e di potere collettivo, talvolta anche in contesti bellici. Anche qui gli esempi si sprecano.
La musica può certamente essere un “strumento di pace”, come la definisce il Pontefice, quando viene usata per creare consapevolezza, per superare conflitti o per promuovere la cooperazione tra i popoli. Tuttavia, il suo potenziale è ampio e non esclusivamente legato a una sola missione, come quella della pace. La musica può essere anche un modo per esprimere le emozioni più diverse, anche quelle conflittuali o divisive, il tradimento di un amore, o l’amore stesso!
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