La comunicazione telepatica attraverso i propri sogni (e non) è sempre stata una tipica caratteristica e prerogativa che si può facilmente riscontrare all’interno di un racconto e di una pellicola di fantascienza. O perlomeno, così è stato fino ad oggi. Ebbene sì perché, stando ai più recenti sviluppi, pare che questo possa ora accadere addirittura nella realtà! Nel corso delle ultime settimane, infatti, la startup californiana REMspace ha condotto alcuni esperimenti e il risultato è stato quello di ottenere la prima comunicazione documentata della Storia tra esseri umani durante la cosiddetta fase REM (Rapid Eye Movement). Strano? Sì, eppure, almeno stando alle notizie d’oltreoceano, incredibilmente vero!
D’altronde, una volta il Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia una volta disse:
Non esiste fantascienza senza scienza, come non esiste scienza senza fantascienza
Le ricerche sul sonno e i suoi meccanismi hanno sicuramente qualcosa di affascinante. Sono molti gli aspetti legati a quest’area che ancora non si conoscono e ogni passo in avanti, per quanto piccolo esso sia, può rappresentare una grande conquista. Il sogno lucido, in particolare, in cui una persona è consapevole di star sognando e può (con un po’ di pratica) arrivare addirittura a controllare ciò che la propria mente vede in quello stato di semi-coscienza, è uno degli avvenimenti che desta più curiosità e forse è per questo che l’azienda americana ha deciso di realizzare uno studio più approfondito a riguardo.
Nello specifico, il fulcro dell’esperimento consisteva nel mettere in contatto due individui, ognuno nella propria abitazione, dopo che questi fossero entrati nella fase REM, ossia quella in cui si sviluppano i sogni più intensi. Per farlo, la società avrebbe fatto ricorso ad attrezzature apposite, ad un apparato ad-hoc di non specificata natura, ad auricolari dati ad entrambi i pazienti dormienti, a sensori sensibili alle onde celebrali e alla tecnologia Wi-Fi per registrare da remoto i dati polisonnografici.
Tale sistema, una volta individuato lo stato di sogno lucido, aveva il compito di inviare una parola generata a caso ad uno dei due partecipanti, il quale la ripeteva nel sonno. Questa risposta veniva generata e inviata al secondo partecipante, il quale avrebbe dovuto ripeterla anch’egli nel sonno e confermare il messaggio al momento del risveglio per dimostrare la riuscita dell’esperimento. E neanche a dirlo, sarebbe proprio ciò che è accaduto.
Per conferma, poi, l’esperimento sarebbe stato ripetuto una seconda volta con due persone differenti e gli esiti sarebbero stati i medesimi.
Che dire, i traguardi raggiunti (la cui conferma arriva direttamente dalla società interessata) costituiscono segnano sicuramente un dato importante nell’esplorazione del rapporto tra la coscienza e il sonno. Da sempre gli scienziati e i neurofisiologi mostrano un interesse nel voler comprendere in che modo il cervello possa integrare stati di coscienza e comunicare informazioni mentre è teoricamente “disconnesso” dalla realtà esterna e la REMspace pare aver aperto nuovi orizzonti non solo per la comprensione della mente, ma anche (e soprattutto) per le possibili applicazioni future in campi come la terapia psicologica e la neuroscienza.
La capacità di comunicare in un sogno ha radici teoriche nella neuroplasticità e nella natura della mente. Difatti, è noto che, durante la REM, il cervello mantiene un livello significativo di attività paragonabile alla veglia, specialmente nelle aree legate alla percezione visiva e alla memoria. Tuttavia, fino a poco tempo fa, la possibilità di scambiare informazioni con un’altra persona in questo stato non era mai stata dimostrata su una base sperimentale così rigorosa. A partire da oggi, invece, le cose potrebbero cambiare in maniera significativa.
Dal punto di vista scientifico, questo esperimento solleva diverse questioni interessanti. Innanzitutto, se la comunicazione nel sogno lucido tra due individui può avvenire, si aprono nuove opportunità di indagine sul funzionamento interpersonale della coscienza. La possibilità di un dialogo sincronizzato potrebbe implicare che la coscienza non è un fenomeno a se stante, ma piuttosto un processo che si può interagire con altre coscienze. Ciò mette in discussione il concetto di “muro” tra soggettività e realtà esterna durante il sogno.
Un altro aspetto riguarda le potenziali applicazioni terapeutiche. Esplorare il sogno lucido come strumento di terapia è già un ambito di ricerca, specialmente per trattare disturbi come il PTSD (Disturbo Post-Traumatico da Stress) o per lavorare con pazienti affetti da ansia e fobie. Se due persone possono effettivamente comunicare in questo stato, si potrebbero sviluppare nuove forme di psicoterapia in cui il terapeuta guida il paziente attraverso esperienze oniriche condivise.
Dal punto di vista neurologico, inoltre, l’esperimento apre la strada a ulteriori studi sulla sincronizzazione cerebrale e sul ruolo delle onde cerebrali durante la fase REM. Potrebbe esserci una correlazione tra le onde cerebrali dei due sognatori che consente un livello di “sincronizzazione” sufficiente per facilitare la comunicazione, un concetto affascinante che potrebbe avvicinare la ricerca a una comprensione più profonda della mente.
Tuttavia, l’esperimento non è privo di critiche. Alcuni scienziati sono scettici riguardo alla robustezza delle conclusioni. Il sogno lucido è già un fenomeno difficile da indurre e studiare su scala ampia, e la comunicazione tra due individui richiede un livello di coordinazione e consapevolezza che non tutti sono in grado di raggiungere. Il rischio è di attribuire troppa importanza a casi isolati o soggetti particolarmente predisposti, trascurando la variabilità individuale del fenomeno.
A ciò ci aggiungono questioni etiche e filosofiche da considerare. Se la comunicazione interpersonale in uno stato onirico diventa comune, come potrebbe questo influenzare le nostre relazioni nella realtà di veglia? Potrebbe portare a una sorta di “invasione” della sfera onirica personale, o addirittura a manipolazioni inconsce delle esperienze oniriche da parte di terzi? Questi interrogativi sottolineano quanto l’esperimento sia ancora in una fase preliminare e quante siano le implicazioni a lungo termine da valutare.
Sebbene ancora nelle fasi iniziali, la possibilità di comunicazione tra due individui in questo stato ha implicazioni che vanno oltre la scienza del sonno, toccando campi come la psicologia, la filosofia della mente e la neuroetica. Se ulteriori studi confermeranno i risultati, potremmo trovarci di fronte a una vera rivoluzione nella nostra comprensione della mente umana e delle sue capacità.
Per ora, ciò che l’esperimento ci dimostra è che la realtà non è solo ciò che percepiamo da svegli, ma può si può estendere e condividere perfino in altri stati di coscienza. Questo non solo spinge i confini della scienza, ma ci costringe a ripensare cosa significhi essere coscienti e connessi agli altri, anche quando il nostro corpo è immerso nel mistero del sogno.
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