L'Irriverente

Tony Effe e Fedez, quando il rap (quello vero) non è per “bulletti” alle prese con i pettegolezzi

In un’epoca di digitali speranze e multimediali illusioni, la malsana abitudine della nostra sconclusionata generazione di idolatranti pare esser diventata quella di spiattellare i fatti propri in pubblica piazza, persino (e soprattutto) quando questi non interessano a nessuno. Che sia per mera sete di attenzione, per tossica ricerca di approvazione o per pura smania di voler essere l’oggetto del discorso di qualcuno (della serie, nel bene o nel male, purché qualcuno parli di me!), il confine tra ciò che dovrebbe rimanere nascosto nei meandri più profondi della nostra intimità e ciò che potrebbe finire alla mercé di chiunque è sempre più sottile. Difatti, quelli che in passato erano i “panni sporchi” solitamente lavati in casa, ormai si stendono sui social network e si piegano poi, una volta stirati, direttamente in tv o magari in uno studio di registrazione. Così, giusto per far credere agli spettatori di poter essere ancora rilevanti.

D’altronde, lo disse tanto tempo fa il filosofo francese Blaise Pascal che:

La maggior parte dei mali degli uomini deriva dall’incapacità di starsene da soli in una stanza.

Un po’ quello che è accaduto nei giorni scorsi a Fedez e a Tony Effe, dal momento che quelli che dovrebbero essere due volti noti della scena musicale nostrana si sono ridotti a fare i bulli a suon di canzoncine senza senso nemmeno fossero due “scolarette” a caccia di engagement.

Chi ha vinto nel dissing tra Tony Effe e Fedez? Chi non li ascolta proprio!

Lontani sono i tempi delle diatribe, quelle autentiche, tra veri artisti dalla fama internazionale. La più celebre di tutti quella tra Eminem e Michael Jackson, che si concluse con l’acquisizione da parte del Re del Pop di tutto il catalogo musicale del rapper. Oggi, purtroppo, dobbiamo accontentarci delle scaramucce di questi musicanti che, non avendo niente di meglio da fare, si spacciano per grandi talenti quando, in realtà, assomigliano soltanto a simboli del decadimento culturale di cui noi tutti siamo, contemporaneamente, inesorabili artefici e vittime.

Ed è così che, senza neanche accorgercene, ci siamo ritrovati ad assistere al “dissing”, una cosiddetta gara di insulti tra esponenti della scena hip-hop, tra Fedez e Tony Effe. Perché, ammettiamolo dai, al giorno d’oggi non c’è nulla di più profondo e significativo in Italia di due cantanti che si sfidano a colpi di Instagram Stories, frecciatine travestite da punchline e ritornelli infantili, rigorosamente FUORI A MEZZANOTTE, pubblicizzati per capolavori della discografia che altro non sono se non un concentrato di riferimenti espliciti a brand (probabilmente i medesimi che li vestono), continue allusioni alla droga quasi fossero i volti dei più temuti cartelli messicani, presunti tradimenti che farebbero invidia persino a Beautiful e chi più ne ha, più ne metta.

Ma, d’altronde, i titoli stessi delle canzoni rispecchiano la loro già fin troppo evidente superficialità. Da Tony Lucrarelli di Fedez a Chiara di Tony Effe, passando per gli ultimi due pezzi dell’ex signor Ferragni: L’infanzia difficile di un benestante e Allucinazione Collettiva, la stessa che deve averlo spinto in sala prove facendogli credere di essere uno dalle grandi doti e abilità. Insomma, roba da far crepare tutti, dalle risate sicuramente!

Una lotta da cui escono entrambi “sconfitti”

Se una volta, in effetti, Fedez veniva considerato (da coloro che probabilmente non hanno mai conosciuto chi lo ha preceduto) il simbolo della ribellione mainstream, adesso, tra un featuring e un podcast sull’ultimo trend, pare solamente la pallida ombra di un influencer a tutto tondo che ogni tanto tira fuori qualche barra per ricordarci che, sì, una volta faceva il rapper. E che dire di Tony Effe? Il classico bad boy tutto sguardo torvo e vestiti firmati, pronto a rammentarci che il vero rap, secondo lui e quelli come lui, parla di macchine di lusso e soldi!

In un mondo dove la gente combatte quotidianamente contro crisi climatiche, guerre, repressioni e ingiustizie sociali, le stesse problematiche contro le quali, una volta l’uno e una volta l’altro, pensano di poter combattere a suon di soldoni, ce li ritroviamo a lanciarsi colpi bassi a vicenda come se il destino della cultura pop dipendesse dalle loro vite. Il vero problema, però, siamo noi. Ci siamo talmente abituati a pensare ai dissing come momenti epici di ribellione e sfida da non accorgerci che, da un lato, abbiamo dinanzi un eterno Vorrei ma non posto illuminato, che crede di sapere tutto di politica e tendenze sociali, mentre, dall’altro, c’è l’Infanzia difficile di un benestante che si preoccupa soltanto di cose realmente importanti come il numero di follower e la quantità di gioielli da appendersi al collo.

Ma alla fine, chi vince? Nessuno, tranne chi non li ascolta proprio!

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Simone Di Matteo

Simone Di Matteo, Latina 25 gennaio 1984. Curatore della DiamonD EditricE, autore, scrittore e illustratore grafico è tra i più giovani editori italiani. I suoi racconti sono presenti in diverse antologie. Molti dei suoi libri invece sono distribuiti all'interno degli istituti scolastici italiani. È noto al grande pubblico non solo esclusivamente per la sua variegata produzione letteraria, ma anche per la sua partecipazione nel 2016 alla V edizione del reality on the road di Rai2 Pechino Express. Consacratosi come Il giustiziere dei Vip, da circa due anni grazie a L’Irriverente, personaggio da lui ideato e suo personale pseudonimo, commenta il mondo della televisione, dei social network e i personaggi che lo popolano, senza alcun timore, con quel pizzico di spietatezza che non guasta mai attraverso le sue rubriche settimanali.

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