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4 agosto 1958, dal chiuso delle case all’invisibilità delle piazze: eredità e ombre della Legge Merlin

Il 4 agosto 1958 non è solamente una data come un’altra sul calendario delle leggi italiane. Anzi, essa costituisce il simbolo di una frattura culturale, morale e politica. Con l’entrata in vigore della Legge Merlin, approvata il 20 febbraio del medesimo anno, lo Stato chiudeva per sempre le porte delle case di tolleranza, sancendo ufficialmente che il corpo della donna non poteva essere oggetto di sfruttamento legale. Era il frutto di una battaglia durata anni, portata avanti con tenacia da Lina Merlin, senatrice socialista e antifascista, in un’Italia ancora intrisa di moralismo cattolico ma attraversata da venti di modernità e di emancipazione femminile.

Un punto di svolta, dunque, che chiunque avrebbe dovuto accogliere positivamente dal momento che, perlomeno in apparenza, segnava l’inizio di un nuovo capitolo per la Storia italiana e la lotta alla disparità di genere in un tempo in cui quest’ultima risultava essere decisamente molto forte. E invece, contrariamente a ciò che la maggioranza degli italiani dell’epoca si aspettava evidentemente, ha dato il via ad un dibattito che, a distanza di quasi sette decenni, non può ancora risolversi.

Il corpo non è un oggetto, e chi lo compra compra anche un pezzo di libertà – Anonimo

Che cosa cambiò effettivamente dopo quel fatidico 4 agosto?

Lina Merlin/Credit: web

Purtroppo, in seguito a quel fatidico 4 agosto, poche cose sono effettivamente cambiate. La Legge Merlin non ha estinto il fenomeno, bensì lo ha reso invisibile agli occhi della legge e non per questo meno reale. Difatti, tale norma, figlia di un tempo in cui la libertà femminile significava innanzitutto liberarsi dal dominio sessuale e materiale maschile, ci obbliga tutt’ora a interrogarci: la mercificazione del corpo, in un’epoca di mercato globale e iper-sessualizzazione mediatica, è davvero solo una questione di ordine pubblico? O resta, soprattutto, una questione di dignità e autodeterminazione?

Sono molte le posizioni a riguardo e altrettanto i pareri discordanti. Da un lato, c’è chi è favorevole ad un ammorbidimento nei confronti del fenomeno mentre, dall’altro, ci sono coloro che si dicono sfavorevoli in nome della lesa dignità della donna (e, per esteso, dell’essere umano). Non a caso, diverse sono state le proposte di abrogazione della storica legge, ultima delle quali pervenuta proprio di recente (clicca QUI per il nostro articolo a riguardo).

Le proposte di abrogazione

Teodoro Buontempo

Tra queste, in particolare, ce ne sono alcune la cui motivazione maggiormente appoggiata è quella di “sfruttare” (per rimanere in tema, scusate!) la possibilità di regolamentare la prostituzione a livello fiscale così da sottrarre alla criminalità l’esoso giro d’affari e trasformarlo in nuova entrata per l’erario pubblico. Un tentativo in questa direzione, ad esempio, è stato messo in atto il 2 luglio 2001 dall’Onorevole Teodoro Buontempo (AN), con la proposta di legge Nuove norme sulla prostituzione (reperibile sul sito ufficiale della Camera), che all’art.9 recitava:

Chiunque esercita la prostituzione è tenuto al pagamento degli oneri sanitari, degli oneri previdenziali e delle imposte sul reddito prodotto nell’esercizio di detta attività.

A tal proposito Buontempo, interessato alla creazione di nuovi posti di lavoro, pensava ad una gestione di cooperative.

Massimiliano Romeo e il Referendum

Nel marzo 2014, invece, il Centrodestra propose alla commissione Affari Istituzionali del Consiglio regionale della Lombardia un referendum per l’abrogazione parziale della Legge Merlin (proposta approvata in data 8 aprile 2014). Secondo il Capogruppo in Regione Lombardia della Lega Nord, Massimiliano Romeo, relatore e primo firmatario della proposta referendaria, lo Stato veniva frodato dal giro di affari illegale derivante dallo sfruttamento della prostituzione. In una dichiarazione, riportata nell’articolo di Franco Grilli Abrogazione Legge Merlin – la Regione Lombardia dice sì al Referendum, pubblicato su “Il Giornale” l’8 aprile 2014, Romeo dichiarava che:

La nostra proposta nasce dall’esigenza di abrogare una normativa che, dopo 60 anni, può considerarsi del tutto superata e inefficace. È sotto gli occhi di tutti, purtroppo, che la legge Merlin sia costantemente aggirata, basti pensare alle nuove forme di prostituzione, agli annunci in internet e sui quotidiani. Per non parlare poi della prostituzione di strada, dove domina lo sfruttamento e la violenza dei racket criminali. Il popolo deve avere la possibilità di esprimersi sull’argomento e sotto la pressione di un possibile referendum il Parlamento sarà finalmente obbligato a legiferare su questo tema

Giulio Gallera e la contrarietà di Gian Luigi Gigli

A favore della tassazione sull’attività di prostituzione si espresse anche l’Onorevole Giulio Gallera (Forza Italia), che sempre nel 2014 affermò, come riportato da un articolo dell’8 aprile 2014 dal titolo Referendum prostituzione: sì del consiglio regionale Lombardia, pubblicato su “Milano Today”: “Bisogna ripensare alla pianificazione di un fenomeno che se regolamentato anche dal punto di vista fiscale permetterebbe allo Stato di recuperare un sommerso altrimenti irrecuperabile”.

Contrario alla tassazione dell’attività di prostituzione era l’Onorevole Gian Luigi Gigli che, in merito alla questione, disse:

In Svezia, in un arco di tempo relativamente breve, in circa 13 anni il fenomeno della prostituzione si è ridotto di cinque volte, il numero di clienti si è ridotto a meno della metà e la percentuale di uomini che si dichiaravano favorevoli alle multe si è triplicata. I soldi guadagnati con le cose storte non fanno bene all’erario, anche perché le donne che sceglierebbero liberamente di prostituirsi sarebbero molto poche. In Germania il gettito fiscale derivato dalla legalizzazione della prostituzione si è rivelato molto più basso rispetto alle aspettative. Guardando all’Olanda, poi, si evince che il fenomeno della criminalità che ruota attorno alla prostituzione legalizzata si è mantenuto costante e forse si è addirittura aggravato. La legalizzazione della prostituzione ha dei costi sociali ben più gravi delle poche decine di milioni di euro che potremmo ricavare“.

Il giudizio della Corte di Cassazione e l’intervento del Tribunale di Roma

Per quanto riguarda la Suprema Corte di Cassazione sulla possibilità di tassare l’attività di meretricio, con la sentenza n. 20528 dell’1 ottobre 2010, pubblicata sul sito “Altalex” e riguardante il caso di una donna della Repubblica Domenicana che aveva fatto ricorso contro gli avvisi di accertamento ricevuti dalla Guardia di Finanza, sancì tassabili le entrate da attività di prostituzione: “Qualora, a seguito di accertamento sui redditi, risulti che la contribuente ha fornito false dichiarazioni in ordine all’attività effettivamente svolta e si accerti, invece, che i guadagni costituiscono proventi dell’attività di prostituzione, tali redditi vanno considerati come guadagni derivanti da un’attività economica come tutte le altre e, in quanto tali, vanno tassati”.

Inoltre, sull’impossibilità di pretendere denaro da attività di prostituzione, e sul conseguente ruolo dello Stato, impossibilitato a tassare tale attività, intervenne perfino il Tribunale di Roma in relazione ad una sentenza di reclusione di 4 mesi per una prostituta nigeriana che, con sms minatori, aveva richiesto a un cliente i 100 euro pattuiti per una prestazione sessuale:

Tra le prestazioni contrarie al buon costume ai sensi dell’art. 2035 codice civile non può essere ‘ricompreso l’esercizio della prostituzione […] trattandosi di attività ampiamente diffusa nella collettività oltre che consentita dall’ordinamento giuridico’. […] Se un profilo di contrarietà al buon costume c’è […] esso riguarda il cliente che approfitta della prestazione sessuale della prostituta. Tuttavia, secondo l’orientamento consolidato, il ‘rifiuto del cliente’ a pagare ‘è un atto consentito poiché nessuna forma di tutela è prevista per ottenere detto compenso non essendo riconosciuto il diritto di pretenderne il pagamento

Credit: web

Si può superare la Legge Merlin?

Fulcro del dibattito, dunque, è il superamento o meno della Legge Merlin, che punisce sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, pur non considerandola reato. La discussione riguarda la regolamentazione e la collocazione logistica dell’attività di prostituzione: se essa debba considerarsi una libera scelta o una forma di schiavitù, lesiva della dignità della persona. Fra le varie proposte che potrebbero essere avanzate, dunque, ce ne sono diverse che a mio parere meriterebbero una considerazione ad un più alto livello!

Controlli medici obbligatori per limitare l’accesso alla professione e migliorare l’aspetto igienico-sanitario

L’Italia dovrebbe seguire il modello di Paesi come Olanda e Germania, dove la prostituzione, limitata in certe aree, è sottoposta ad obbligatori controlli igienico-sanitari. Ciò eliminerebbe il fenomeno del meretricio da strada, pericoloso diffusore di malattie sessualmente trasmissibili. Ma ogni punto che sottopone al vaglio di analisi una tesi c’è chi vi risponde antiteticamente. In effetti, l’obbligo di controlli igienico-sanitari per chi si prostituisce sarebbe un atto di costrizione e di violazione della privacy. Per di più, l’obbligo ai controlli potrebbe avere effetti pericolosi, poiché un test sanitario fatto in un preciso momento non è garanzia di salute per il futuro.

La soluzione ottimale, perciò, dovrebbe passare prima per una approfondita campagna di sensibilizzazione su larga scala per l’uso del servizio sanitario.

Prostituzione è schiavitù e violenza: riaprire le case chiuse offende la dignità umana

Regolamentare la prostituzione è un passo indietro della civiltà, o almeno questo è ciò che in tanti sostengono. Essa non è un lavoro, ma una schiavitù; lede la dignità della donna, spinta spesso dall’indigenza. Per l’OMS, la libertà sessuale garantisce il godimento di un diritto, basandosi sulla libertà da discriminazione, coercizione o violenza. Per il non rispetto di questi punti è evidente che essa non riguarda la libertà, bensì il potere.

Antiteticamente parlando, la prostituzione è un fenomeno ineliminabile. Va considerata l’idea di circoscriverlo alle case chiuse, portando l’attenzione sulla lotta ai suoi risvolti peggiori. I mutamenti della società permettono di superare l’idea di offesa alla dignità della donna, riconoscendolo come libera scelta. Il superamento della Legge Merlin è necessario, per garantire tutela e diritti ai lavoratori del sesso.

La circoscrizione garantirebbe un controllo più efficace

Per eliminare la prostituzione dalle strade sarebbe necessario regolamentarla e progettare zone o quartieri “a luci rosse” per l’esercizio di tale attività, seguendo il modello di paesi più evoluti in materia. Riportare la prostituzione al chiuso, in zone delimitate e sorvegliate faciliterebbe le operazioni di controllo fiscale e sanitario, con conseguente controllo sulla criminalità.

Sfortunatamente, però, da un punto di vista di antitesi, relegare la prostituzione in zone o quartieri aggraverebbe i fenomeni di sfruttamento e favoreggiamento. Tali zone sarebbero degradate, inoltre, è immorale la partecipazione dello Stato nella creazione di simili aree, poiché queste incentiverebbero il fenomeno. Altra soluzione sarebbe modificare la Legge Merlin, tanto da limitare il fenomeno nei club privati.

Regolamentare per estirpare il controllo della malavita e garantire entrate allo Stato

Credit: web

La prostituzione non è un’attività illecita dal punto di vista penale, e su questo non c’è alcuna ombra di dubbio. In quest’ottica, l’abrogazione di alcuni punti della Legge Merlin sottrarrebbe il fenomeno al dominio della criminalità e garantirebbe una nuova forma di entrata per l’erario pubblico, attraverso la sua tassazione. Il “lavoro sessuale” va considerato come qualsiasi altra attività lavorativa e, dunque, oltre che tassato, decriminalizzato.

Ciò nonostante, pur non essendo illegale, la prostituzione rientra tra le attività “contrarie al buon costume”. Lo Stato non può fare cassa su redditi “immorali” né sollecitare, con la regolamentazione fiscale, l’esercizio di tale attività. Bisogna dare sostegno morale e legale a chi vuole sottrarsi al fenomeno e tutelare i diritti di chi sceglie di continuare a prostituirsi, ma senza coinvolgere lo Stato.

In definitiva, avendo ogni possibile soluzione o tesi la sua antitesi, come si può risolvere il dibattito?

Esiste davvero una soluzione?

La bipartizione della risposta pone in disaccordo, sullo stesso piano concettuale, sia i favorevoli che i contrari, ma il problema non è il pro e il contro ma la dignità della donna, ragione per cui ci si ritrova incatenati dalla difficoltà ideologica pertanto la matassa non si può sbrogliare. Ovviamente la prostituzione che si consuma sulla strada potrebbe ledere l’immagine della donna, porsi però con il foulard della morale non è un atteggiamento corretto. Ogni donna ha una storia e forse l’indifferenza la ha costretta a cedere il proprio corpo per garantirsi una vita sufficiente. C’è anche chi , per propria volontà, decide di intraprendere la antica professione senza pensare ai pregiudizi che – ahimè – strutturano la realtà e dei quali siamo indubbiamente schiavi.

E se invece si abrogasse la legge Merlin? Sicuramente non ci sarebbero le bancarelle della prostituzione con tutti gli annessi e connessi, sebbene il dibattito non possa concludersi con qualche parola perbenista o sulla mera retorica spicciola. Si dovrebbero intervistare quelle donne che, da quasi settant’anni, si ritrovano per strada senza un perché o con la consapevolezza della prestazione. Secondo il mio punto di vista, è pur sempre meglio un luogo-casa, al riparo dalle intemperie o da eventuali atti criminali piuttosto che continuare a girovagare per strada in preda a chiunque e alla qualunque!

Ma voi, miei cari lettori, in seguito a questo excursus e alle diverse considerazioni, che cosa ne pensate?

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Bartolomeo Di Giovanni

Bartolomeo Di Giovanni (detto Theo) è nato a Palermo il 2 Giugno 1975, ha conseguito la laurea in filosofia presso l’università di Palermo, docente di materie umanistiche. Ha collaborato con realtà poetiche dei paesi dell’Est, e del Messico, ha in attivo diverse pubblicazioni di silloge poetiche e saggi di filosofia psicopedagogica, le opere sono state tradotte in Spagnolo, Russo, Rumeno, Arabo. Scrive per alcune riviste articoli sulla cultura letteraria antica e contemporanea, esperto e studioso di Dante Alighieri e di Ebraico biblico. Nel 2013 fonda il movimento culturale “Una piuma per Alda Merini” per la salvaguardia del patrimonio poetico della poetessa dei navigli. Collabora con Wikipoesia per la estensione della nascente Repubblica dei Poeti, di cui è console e cavaliere con distintivo dell’ Ordine di Dante Alighieri. Ha ricevuto da parte della Ordine dei poeti della Bielorussia, e di altre realtà culturali l’appellativo di “Vate”. Nel 2024 gli viene conferito il premio : Cattedra della Pace, tenutosi ad Assisi, nello stesso anno diviene vicepresidente di WikiPace.

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