Attualità

La Generazione Z non dorme e scende in piazza: è il mondo che fa finta di non sentirla!

Nepal, Indonesia, Madagascar, India, Slovacchia, Argentina, Marocco. Sono questi i Paesi che, negli ultimi tempi, risultano essere accomunati da un fenomeno che, di recente, sta letteralmente ribaltando il mondo: l’insurrezione della Generazione Z su tematiche civili ed il suo incisivo intervento politico. Giovani che si mobilitano e scendono in piazza per far valere i propri diritti e fare in modo che la loro voce, la voce di un popolo che ha diritto a scegliere per sé, non rimanga inascoltata.

Ma cosa sta accadendo? E perché la “Generazione Z” ci sta implorando di ascoltarla?

I giovani nati tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 stanno cercando di far fronte, con una frequenza sempre maggiore, alle numerose problematiche che la realtà a loro circostante presenta. Come? Ebbene, per citare alcuni episodi, c’è chi protesta per fronteggiare governi assenti ed opprimenti, rivendicando diritti quali maggiori tutele sanitarie come in Marocco. C’è chi ha dato (e continua tutt’ora a dare il via) a rivolte civili in nome della libertà d’espressione e contro la corruzione governativa come accaduto in Nepal. A seguire, ci sono coloro che scelgono di combattere e denunciare pubblicamente la violenza di genere (Argentina) che dilaga in Argentina. E poi, ci sono le milioni di persone schieratesi a favore di una pace giusta e di una Palestina libera dinanzi alle atrocità perpetrate a Gaza (cliccate QUI per il nostro articolo a riguardo).

Questi sono solamente quattro delle vicende che attualmente scaldano il dibattito pubblico nazionale ed internazionale. Per di più, sebbene suddette proteste si verifichino già da tempo, i ragazzi hanno raggiunto una notorietà mediatica maggiore soltanto negli ultimi mesi, grazie principalmente ai cortei oceanici a favore della Palestina nelle più grandi città europee (e non). Insomma, un impegno civile e politico riconosciuto e in numerose occasioni applaudito che, per certi versi, lascia ben sperare, soprattutto se si guardano agli sviluppi politici e sociali che stanno caratterizzando la nostra epoca. Dall’altro, però, ci permette anche di evidenziare come in Italia, in realtà, in molti non guardino allo stesso modo a quelle battaglie di tutto rispetto che vengono portate quotidianamente avanti.

Il caso italiano

Per quel che riguarda la GenZ italiana, infatti, non si può di certo affermare che le venga riconosciuto lo stesso riconoscimento di impegno e a dirlo sono i fatti. Qualunque membro appartenente ad una generazione precedente a quella in esame, ha continuamente accusato gli apostrofati, il più delle volte in maniera negativa, “giovani di oggi” di essere apatici, sfaticati, perdigiorno, eclissati dalla realtà con le cuffiette alle orecchie, di non avere il men che minimo interesse per quanto concerne le problematiche più attuali.

Ma non è tutto. Quando sono scesi in piazza, li hanno rimproverati addirittura di non badare alle difficoltà del nostro Paese, ma di preoccuparsi unicamente di quelle altrui. Un mantra, anzi un ritornello quasi scanzonato, divenuto piuttosto ripetitivo nel periodo delle proteste Pro-Pal. Sfortunatamente per loro, però, è un fatto documentato che il Referendum dell’8 e il 9 giugno 2025 abbia toccato il fondo delle affluenze degli ultimi sessant’anni ed è altresì un fatto che a riempire i seggi siano stati proprio quei giovani che vengono tanto additati e criticati.

Quel referendum riguardava l’Italia, così come quei numerosi cortei che denunciavano la grande piaga della violenza sulle donne nel nostro paese a seguito delle tragedie di Giulia Cecchettin (cliccate QUI per il nostro articolo a riguardo) e Giulia Tramontano (cliccate QUI per il nostro articolo a riguardo) o che riguardavo la sicurezza sul lavoro, la crisi ambientale, i diritti lgbt. Manifestazioni di dissenso e al tempo stesso di interesse a cui i giovani hanno partecipato.

Amnesia generazionale?

Ogni generazione si crede destinata a rifare il mondo. La mia sa che non lo rifarà, ma che il suo compito è impedire che il mondo si distrugga — Albert Camus

Amnesia generazionale, così si definisce il fenomeno per il quale dall’alba dei tempi siamo portati a credere che in gioventù fossimo meglio dei ragazzi odierni. Non eravamo meglio, semplicemente dimentichiamo di quelle che sono le qualità e le azioni positive dei giovani di oggi. Per questo le accuse (infondate) alla GenZ da parte dei più grandi sono del tutto prevedibili e non suscitano neanche più il minimo scalpore.

Ciò nonostante, mi sento di ribadire che i dati parlano: i giovani d’oggi sono molto più coinvolti di quanto non fossero gli ex-giovani che ora li criticano. In Nepal, ad esempio, alla censura dei social da parte del governo i ragazzi si sono opposti con piattaforme quali Discord, Telegram e persino il videogame Minecraft, ossia attraverso canali concepiti a scopo ludico che sono diventati il mezzo del malcontento e la voce dei giovani.

Metodi alternativi per far sentire la propria voce

Vi sarà sicuramente capitato di scorgere tra i recenti cortei Pro-Pal delle bandiere raffiguranti un teschio col cappello di paglia e i più nerd tra voi avranno anche colto l’omaggio a One Piece, uno dei capisaldi della cultura pop giapponese che ha fatto la storia e che è divenuto simbolo di una ciurma in rivolta contro un potere superiore opprimente, inevitabile metafora di resistenza e speranza. Queste sono, dunque, le armi della Generazione Z per far mostrare il proprio pensiero: piattaforme per il gaming e fumetti.

Parlo da ‘ragazza-genZ’ e sono fiera di sapere che la mia generazione non chiede il permesso per prendere quelle posizioni che dovrebbero essere le istituzioni ad assumere. Siamo la generazione delle cose nuove, siamo stanchi ed arrabbiati, stanchi di stancarci e di arrabbiarci, e quando lo diciamo il mondo si stupisce!

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Sofia Pacciolla

Classe 2007, è la più giovane voce qui su L’Opinione. È una studentessa di liceo linguistico con una devozione sfrenata per la letteratura, il cinema, lo spettacolo, la musica e i viaggi che da sempre la accompagna. Nerd incurabile, la rapisce tutto ciò che fa parte del mondo geek e della cultura pop. Il suo tallone d’Achille è la matematica, disciplina che le è assolutamente indigesta. Ama tanto la compagnia degli altri quanto quella di se stessa, e intende proseguire gli studi per poter un giorno di intraprendere una carriera nell’editoria e nel giornalismo.

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  • Leggere questo pezzo mi ha toccato. C’è dentro la stanchezza e la forza di una generazione che non smette di credere, anche quando il mondo non ascolta. Mi riconosco in quelle parole: non è rabbia, è amore per qualcosa che dovrebbe andare meglio.
    La Generazione Z non è apatica: è esausta, lucida e coraggiosa. In questo pezzo c’è la loro voce vera, quella che il mondo finge di non sentire. Ascoltarli non è un favore: è un dovere.
    E' la voce di chi è stanco ma ancora capace di sperare. La Generazione Z non dorme: sogna ad occhi aperti, anche quando il mondo fa finta di non vederla.

    Tra la mia generazione (quella cresciuta tra gli anni ’60 e ’70) dei Baby Boomers e la Generazione Z ci sono più punti di contatto di quanto spesso si creda. Le due epoche sono molto diverse sul piano tecnologico e culturale, ma condividono un’anima di risveglio, una sete di autenticità e una ribellione contro l’indifferenza.

    Negli anni ’60-’70 noi giovani chiedevano libertà, pace, diritti civili, parità. Oggi la Gen Z parla di clima, giustizia sociale, diritti umani, uguaglianza di genere.
    Diversi i temi, ma identico il motore: la volontà di cambiare un mondo percepito come ingiusto e invecchiato nei suoi schemi.
    Noi scendevamo in piazza contro le guerre, per il divorzio, per il diritto allo studio, per la libertà di pensiero.
    Voi lo fate con nuove parole, sui social, nelle strade, con meme o performance, ma con la stessa energia.
    Entrambe le generazioni hanno capito che protestare è un modo per restare vivi.
    Noi negli anni ’70 si rompevamo le maschere del conformismo. Si voleva “essere noi stessi”, anche a costo di scandalizzare.
    Voi della Gen Z, nel suo modo digitale e spesso ironico, fate la stessa cosa: rifiutate le etichette, cercate identità fluide, verità personali.
    È la stessa fame di verità, solo espressa in un linguaggio diverso.
    Anche la mia generazione credeva nella forza collettiva: le piazze, i movimenti, i circoli, le radio libere.
    La Gen Z ritrova quella dimensione nei movimenti globali, nei forum online, nelle community. È la stessa voglia di dire:
    “Non siamo soli, e insieme possiamo cambiare qualcosa.”
    C’è anche una somiglianza nel dopo: molti giovani dei ’70, crescendo, hanno visto svanire parte di quell’utopia.
    La Gen Z vive già quella delusione in anticipo: precariato, crisi climatica, disillusione politica, ma reagisce con creatività.
    Forse l’insegnamento della tua generazione può essere proprio questo: trasformare l’idealismo in saggezza, senza perderne la fiamma.
    In fondo, tra noi e voi scorre la stessa corrente: il desiderio di non rassegnarsi.
    Solo sono cambiati gli strumenti: noi avevamo i megafoni, voi avete gli smartphone, ma la musica, quella del cuore inquieto che vuole cambiare il mondo, è sempre la stessa.

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