C’era una volta un ragazzo bellissimo, così affascinante da far innamorare chiunque lo guardasse. Si chiamava Narciso. Ma aveva un difetto fatale: non riusciva ad amare nessuno. Si compiaceva solo del proprio riflesso. Non vedeva gli altri. Non li ascoltava. Non si lasciava toccare da nulla che non fosse il suo stesso ego.
Tra coloro che si innamorarono perdutamente di lui, c’era Eco, una ninfa condannata da Era a ripetere solo le ultime parole che sentiva. Una condanna simbolica: Eco non poteva parlare, solo rispecchiare. Non poteva esprimersi, solo inseguire. Era voce senza presenza. E proprio per questo si legò a Narciso, che era presenza senza voce.
Eco si consumò d’amore per lui, seguendolo ovunque, cercando un contatto, una risposta. Ma Narciso non la vide. Letteralmente: non la considerò. La ignorò. E lei, lentamente, si spense, fino a diventare solo una voce dispersa nei boschi.
Gli dei, disgustati dall’arroganza di Narciso, lo punirono: un giorno vide la propria immagine riflessa nell’acqua e se ne innamorò perdutamente. Incapace di staccarsene, morì lì, guardando se stesso.
Quel mito, tramandato da Ovidio nelle Metamorfosi, ha attraversato i secoli fino a diventare una diagnosi. Non a caso: Narciso è l’archetipo del narcisista moderno.
Chi è oggi il narcisista? È colui che, come il personaggio mitologico, non ama. Non riesce a uscire da sé, a vedere l’altro. Ti cerca, ma solo se gli servi a specchiarsi. Ti vuole, ma solo finché sei riflesso del suo bisogno. Non ti ascolta: ti usa come cassa di risonanza.
Il narcisista si nutre dell’eco dell’altro, ma non ama l’altro. Vuole essere solo adorato, non conosciuto. Quando sente di non ricevere abbastanza attenzione, abbandona. Come Narciso si allontana dalla ninfa, così il narcisista si allontana da te, lasciandoti sola, svuotata, confusa.
Chi si lega a un narcisista molto spesso si ritrova nella figura di Eco. Una persona sensibile, affettuosa, empatica, che si annulla pur di essere vista. Che ripete, rincorre, spera. Che accetta il silenzio, l’ambiguità, la freddezza. Che si abitua alle briciole e chiama amore l’indifferenza.
Come Eco, anche chi ama un narcisista può finire per perdere la propria voce. Si adatta. Giustifica. Aspetta. E si consuma. Finché non resta che un’eco lontana di ciò che era.
Ma non è destino. Il mito è solo un monito. Ci dice che amare chi non guarda mai veramente può uccidere la propria identità. E che c’è una via d’uscita: ritrovare la voce. Smettere di ripetere. Iniziare a dire.
Il narcisista contemporaneo cambia partner, ma non dinamica. Parla di amore, ma intende controllo. Cerca attenzione, ma non connessione. Sorride, seduce, sparisce. E quando lo guardi davvero, ti accorgi che dietro quello sguardo non c’è spazio per te. C’è solo lui.
E tu, se ci stai dentro, devi chiederti: voglio essere la ninfa che si spegne o la donna che finalmente si risveglia?
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