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“Una mamma per amica” (il libro): perché per me, fan della serie, è un grande NO!

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Io da ragazzina (e forse, in cuor mio, anche oggi) abitavo in due mondi – e chi, come me, è un fan sfegatato di “Una mamma per amica” capirà il riferimento –, uno era il mio, tra interrogazioni, cotte adolescenziali, problemi più o meno reali e voglia di futuro. E l’altro era a “Stars Hollow”, nel Connecticut. Fondata nel 1774, non dimentichiamolo. Piena di personaggi strampalati, veri, pazzeschi. Ma soprattutto, con Rory e Lorelai, le mie eroine. Forse la mia voglia di giornalismo, quel pazzo amore per lo scrivere, per la pagina bianca, per la caccia alla notizia, viene proprio da lì. Ma facciamo un passo indietro.

Chi ha bisogno di caffè quando puoi avere il caffè? — Lorelai Gilmore

“Una mamma per amica”, il film che ha segnato un’epoca

O si ama o si odia, poco c’è da fare. E chi lo ama, lo ama follemente. Come me. Tutto parte con Rory – che ha sedici anni, un curriculum scolastico eccellente e il sogno di Harvard – e sua madre Lorelai, trentaduenne che si è fatta da sola. L’ha tirata su a suon di musica e risate, quella figlia arrivata nella sua vita troppo presto, senza mai un tentennamento. Del resto, Lorelai è una persona di una tenacia, un’ironia e una forza d’animo fuori dal comune. Con la battuta sempre pronta. Bella e simpatica come poche persone al mondo. Rory, intanto, è ambiziosa ma anche dolce; piena di sogni ma anche deliziosamente ingenua.

La partenza: un grande inizio

E tutto parte così, con Rory ammessa a una scuola superiore di quelle di figaccioni, che le garantirà un posto sicuro nell’Ivy League: la Chilton. Prestigiosa e costosa. Ma come farà Lorelai a pagarla? Ed è proprio questo il nodo di partenza: Lorelai viene da una famiglia ricca ma con la quale ha un bel po’ di conti in sospeso. Insomma, ce l’ha fatta sempre senza di loro. Ma forse forse ora, per garantire a sua figlia Rory un futuro, deve chiedere aiuto. E riprendere i rapporti.

Sette stagioni più un revival mostrano un rapporto magico

Sette sono le stagioni che noi amanti della serie abbiamo seguito in tivù, trepidanti. E uno il revival fatto di quattro film che ci ha – parlo per me, eh – un pochino deluso e un pochino accontentato. C’ero in tutti i fotogrammi. C’ero quando Rory è diventata, mano a mano, amica di Paris, quando si è innamorata di Dean e poi di Jess, quando ha mangiato cibo spazzatura con la madre in soggiorno. Ero da Luke’s a bere caffè e mangiare ciambelle. In prima fila quando Lorelai si è laureata in Economia, con grandi sacrifici, e quando Rory si è diplomata alla Chilton. L’ingresso a Yale. Lo studio matto e disperatissimo. La Brigata della Vita e della Morte. Logan, oh Logan. I nonni, le feste nella loro casa uscita da un quadro. Il litigio con la mamma, la sbandata, il ritorno in carreggiata. La laurea.

C’ero. In tutte e sette le stagioni. E poi, il gran ritorno, la crisi, il lavoro che manca, tutti che invecchiano. Ci ho messo un pochino a digerire il momento di crisi di Rory, che tra una cosa e l’altra si è arenata. Ma ci sta, del resto Una mamma per amica è sempre stato molto reale nella sua bizzarria. E quella frase, quel finale. Non spoilero ma sono rimasta in sospeso come poche altre volte nella mia vita. Per questo, quando ho visto l’annuncio del libro basato sulla serie, non ho esitato: preordinato? Yes!

“Una mamma per amica”: un libro sulla serie

Trecento pagine circa, la copertina rosa con il celebre gazebo della cittadina, quello che compare centomila volte nella serie. E due figure femminili, Rory e Lorelai. Una mamma per amica, una figlia per amica: un rapporto unico, non perfetto – nessun essere umano lo è – ma bellissimo. Allora, torniamo a noi. Il libro. Non sapevo, quando l’ho ordinato, cosa aspettarmi. È una rappresentazione assolutamente fedele della serie, nella fattispecie della prima stagione fino all’annuncio del matrimonio tra Lorelai e Max. Tutto raccontato da Rory, con la sua voce. Ci sono le battute, le scene che tutti noi conosciamo, le atmosfere. Sì, qualche taglio c’è (comprensibile) ma più o meno c’è tutto. Eppure!

Eppure è un grande no

Eppure è un grande no. Perché direte? È Rory la scrittrice, quindi ci si aspetta che la voce narrante sia la sua, però questo toglie spessore a Lorelai, che è pilastro tanto quanto lei. E poi è uno stile… piatto. Vedendo la serie, immagini Rory maga delle parole, regina della pagina scritta. La rappresentano una brava a scrivere anche di strade asfaltate. Talmente talentuosa con la penna da poter rendere interessante anche un articolo sulle aiuole. Invece qui lo stile è semplice, manca la sua vena frizzante. C’è tutto, ma non c’è la cosa più importante: il brio, l’interesse, la velocità. Uno stile, quello usato, che non ha nulla a che fare con le protagoniste, che non le rappresenta.
Quindi, anche no, grazie!

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Giornalista pubblicista, editor e scrittrice, ha in tasca una laurea in Lettere e un master in Criminologia. Ha pubblicato sette libri, spaziando dall'horror al romance, e lavora nel campo del giornalismo da dieci anni. Tra le sue pubblicazioni, "I segreti di una culla vuota" e "Chi me lo ha fatto fare".

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