Questa settimana avrei voluto commemorare, più che commentare, le uscite fuori luogo di Selvaggia Lucarelli nei confronti di Barbara d’Urso a Ballando con le Stelle, ma fortunatamente, da grande professionista quale è sempre stata, ci ha pensato lei a far tacere chi di rimanere in silenzio, specie quando sarebbe più opportuno farlo, non ne vuole proprio sapere. E in più, avrei speso volentieri delle belle parole per l’incarcerazione di Nicolas Sarkozy, ma a che sarebbe servito? In fondo, qui in Italia, noi i criminali non li mandiamo in galera, ma li mettiamo in Parlamento. Perciò, dopo tanta indecisione, ho scelto di ‘ripiegare’ sulla nuova edizione del Grande Fratello Nip nella speranza che un revival del padre di tutti i reality nella sua formula originale avrebbe potuto valer la pena e, invece, ha finito solamente per farla!
Ha ancora senso un Grande Fratello oggi?
Un tempo, ormai troppo lontano, Il Grande Fratello era un esperimento sociale. Le premesse, credo ve le ricordiate tutti, erano ben chiare e consistevano nel catapultare persone comuni nel circolo vizioso della popolarità, al fine di osservare le dinamiche tra individui spogliati di qualsivoglia filtro o convenzione. E lasciatemelo dire, funzionava che era una meraviglia. Per me le prime edizioni avevano quella scintilla di voyeurismo genuino che non guasta mai e quella buona dose di pochezza tipica di un’umanità che non fingeva a favor di telecamera e che si mostrava sempre, nel bene e nel male, vera e fedele a se stessa.
E chissà, sarà proprio per questo che oggi, dopo una serie di infruttuose versioni Vip che non hanno fatto altro se non rammentarci che un microfono non rende nessuno una star e che la popolarità non può di certo comprare il talento, qualcuno deve aver pensato, forse perché convinto di poter attuare così un’abile mossa commerciale, di riportare il programma alle origini, non tenendo minimamente in considerazione, magari solo per un momento, quel prevedibile sentore di “già visto” a cui anni di spettacolini preparati a tavolino, e che facevano comunque acqua da tutte le parti, ci hanno ormai abituati.
Il funerale del padre di tutti i reality
Insomma, la produzione ci aveva promesso una rinascita, eppure questo fantomatico “ritorno alle origini” sembra avere più le carte in regola per essere il funerale del format stesso che un tentativo, per quanto maldestro, di risollevarne le sorti. Rattoppi, vecchie glorie, share che precipita in picchiata e una banda di concorrenti non famosi che dovrebbe rappresentare “l’italia vera” e che forse, in un certo qual modo, ci riesce anche. D’altronde, non siamo noi quel Paese che, su di un ipotetico tavolo da gioco internazionale, conta come il due di bastoni con briscola a coppe?
Certo, mettere Simona Ventura al timone avrebbe potuto rivelarsi un bel colpo, se non fosse che la “Super Simo” di una volta, purtroppo, non ci sarebbe più. Anzi, in quello studio di Cinecittà, la sua risulta essere una presenza fredda e istituzionale, nemmeno fosse una Cesara Buonamici qualunque alle prese con i passati carrozzoni di Alfonso Signorini, che quando tenta scaldare l’atmosfera con le sue frasi motivazionali alla Baci Perugina, il pubblico pare reagire con un misto di pietà e compassione. Per carità, mi sbaglierò sicuramente o magari sono solo nato talmente empatico da riuscire a provare vergona io per le persone ogniqualvolta osservo ciò che fanno. Chi lo sa!?
La lenta agonia di un format che ha fatto la storia della tv nostrana
Sta di fatto che gli opinionisti Ascanio Pacelli e Floriana Secondi, gli stessi che dovrebbero dispensare ironia, punti di vista taglienti, e conferire ritmo all’intera carovana soporifera, rimangono lì come fossero cimeli da museo Mediaset riesumati ed esposti agli spettatori per la prima volta in assoluto. Ma a chi è venuto in mente di posizionare quella cacofonia di egocentrismi sul trono dall’insindacabile giudizio pensando che fosse una buona idea? Fortuna che c’è Cristina Plevani a risollevare un po’ le loro sorti!
Ora, non so cosa ne pensiate voi, ma a mio avviso i numeri e gli ascolti parlano chiaro. Ma non sarà che il pubblico si è stancato di ritrovarsi puntualmente di fronte, suo malgrado, allo stesso identico copione, a dinamiche che non cambiano mai e a teatrini impietosi, e immancabilmente riciclati, in nome del divinissimo share? Anche perché, da padre rivoluzionario di tutti i reality a matusalemme da archeologia televisiva il passo è davvero breve! Viviamo in una società totalmente in balia della finzione e dell’avvenenza, e la gente, almeno una parte di essa, cerca sostanza, o perlomeno una buona parvenza.
Un reality che di reale non ha più nulla
Diciamocelo chiaramente, il problema del GF non è solamente la sua formula obsoleta, ma la presunzione di poter essere ancora ciò che non è più. Nei primi anni 2000 ci bastava vedere persone discutere per un caffè, ma adesso, avendo già visto e sperimentato di tutto, che cos’altro potremmo mai voler vedere? Il reality non può sorprenderci più perché di reale non ha più nulla oppure semplicemente perché di cosa sia “reale”, in un mondo costantemente filtrato, non ne abbiamo la men che minima idea.
La vita imita l’arte molto più di quanto l’arte imiti la vita – Oscar Wilde
Sarebbe potuto morire da eroe, ma alcuni hanno preferito di gran lunga che divenisse la parodia di se stesso. Checché ne dicano i suoi estimatori, sono lontani i tempi in cui la d’Urso era in grado di eclissare addirittura il Festival di Sanremo, ma cosa vogliamo farci? Qui, l’unico gesto seriamente rivoluzionario, sarebbe quello di spegnere definitivamente le luci della Casa più spiata d’Italia perché se un tempo non sapevamo chi o cosa avrebbe potuto varcare la soglia di quelle mura, nel 2025 siamo già consapevoli di quell’ennesimo fallimento mediatico che ci spingerà a cambiare inevitabilmente canale!
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