“Per te ci vorrebbe Turetta”: l’inaccettabile insulto di un docente ad una sua alunna

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Per te ci vorrebbe Turetta

Il caso del 15 ottobre scorso, che ha suscitato indignazione per le parole che un professore ha rivolto alla sua studentessa, dovrebbe essere scandagliato più da vicino e con maggiore interesse. Nello specifico il professore, dopo averla sorpresa in camera con una sigaretta elettronica, le avrebbe urlato: “Uomini come Turetta esistono perché le donne come te lo hanno fatto arrivare a questo punto. E meno male che esistono, così ci sono meno donne come te”.

Analizzando la frase e la violenza delle parole che ha utilizzato, è impossibile non ravvisare che il professore auguri alla sua studentessa di essere accoltellata e uccisa solo per aver fumato una sigaretta elettronica. Non si sa bene quali siano i provvedimenti presi contro il professore ma c’è un accertamento in corso per verificare i fatti. A mio avviso l’unico provvedimento da prendere sarebbe un licenziamento perché frasi così lesive e violente possono solo scaturire da menti malate e frustrate!

Una scuola empatica in cui non dover mai più sentire frasi shock come “per te ci vorrebbe Turetta”!

Da qui nasce una mia seconda riflessione sul fatto che la scuola dovrebbe integrare nel curriculum temi legati alla gestione delle emozioni e alla frustrazione, affinché gli studenti possano apprendere come affrontare le sfide della vita quotidiana. Invece ci ritroviamo nel bel mezzo di una riforma scolastica che vieta l’educazione sessuo-affettiva (cliccate QUI per recuperare il nostro articolo a riguardo) normalizzando la violenza in tutte le sue forme!

In primo piano, merita attenzione il comportamento vessatorio che il ‘’professore’’ ha rivolto alla studentessa di 13 anni per l’intero anno scolastico, culminato in un insulto rabbioso e frustrante che legittima la violenza da parte di un docente. Non volendo fare un processo, poiché non ne ho i mezzi, mi chiedo come sia possibile che a scuola ci lavori chiunque abbia un diploma o una laurea, senza una reale vocazione.

La scuola è una vocazione, una chiamata speciale, un istinto irrazionale che spinge a dedicare la maggior parte del proprio tempo al lavoro. Lo sanno bene i mariti delle mogli-maestre, come il mio compreso, che la sera progettano attività didattiche e realizzano materiali con risorse acquistate di tasca propria. Purtroppo, la scuola offre ben poco, a parte la carta igienica!

Mi domando come sia possibile che non si richieda un test attitudinale e psicologico obbligatorio per garantire l’equilibrio mentale di chi aspira a entrare nella scuola. Sembra che l’insegnamento sia diventato l’ultima spiaggia per persone insoddisfatte che non riescono a trovare lavoro altrove. La scuola dovrebbe essere un luogo di empatia, rispetto e accoglienza, ma le notizie di violenza in ambito scolastico sconvolgono. Ad esempio, negli Stati Uniti alcuni studenti entrano nelle scuole con armi, mentre in Italia il bullismo continua a essere affrontato con scarso rigore. Non esiste alcuna giustificazione per la violenza, tanto meno quando proviene da un docente.

Le parole hanno un impatto, alle volte indelebile, sulla vita degli studenti

A malincuore, da docente e madre, la mia visione sul sistema scolastico italiano rimane invariata, anche e, soprattutto, di fronte a questi comportamenti inquietanti. Non posso dimenticare quando, nella classe di mio figlio, una professoressa di grafica, che non spiegava le lezioni, ignorava gli studenti e assegnava compiti senza istruzioni da svolgere subito, si rivolse in modo spiacevole a una studentessa.

Durante un episodio di disordine generale causato da questi compiti senza basi, la professoressa disse alla ragazza di smetterla, aggiungendo: “Ti butto giù dalla finestra, anzi saliamo all’ultimo piano perché qui non ti fai niente“, dato che erano al piano terra. La frustrazione è un’emozione naturale che può emergere in situazioni di stress o conflitto. Tuttavia, quando non viene gestita correttamente, rischia di tradursi in comportamenti tossici, compromettendo sia le relazioni personali sia quelle professionali.

Il docente ha responsabilità educative!

Affermazioni come “per te servirebbe Turetta” sono un chiaro segnale di mancanza di professionalità da parte del docente. Gli studenti passano più tempo con i professori che con la loro famiglia, quindi il rapporto dovrebbe essere basato sulla fiducia e andare oltre la valutazione scolastica. Frasi simili a quella rivolta a una ragazza di 13 anni sono inaccettabili e non ammettono fraintendimenti: occorre una sospensione immediata. È desolante osservare la società attuale, già segnata da guerre, femminicidi, paura tra le bambine, violenza e relazioni sempre più tossiche e manipolative.

La scuola dovrebbe affrontare questi temi, abbandonando un programma che ignora la realtà e costruendo un dialogo autentico con gli studenti. Dovrebbe essere un luogo accogliente, non pesante e opprimente. Gli studenti trascorrono gran parte della loro giovinezza nelle aule scolastiche; avere docenti incapaci di educare o relazionarsi non fa che peggiorare l’esperienza.

La scuola non deve conformare i ragazzi per un futuro monotono dietro una scrivania, ma prepararli coscientemente alla vita!

Chi è violento con le parole è già un assassino:
le parole sono le prime armi
sempre a disposizione
per ferire e negare la vita di un altro – Enzo Bianchi

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Nata a Noto, paesino della Sicilia Orientale, dove ogni giorno sapeva
di sole, mare e granita alle mandorle. Si trasferisce a Milano nel 2005 per diventare pendolare, precaria e vivere quotidianamente di corsa. Insegna da 20 anni, nell’hinterland milanese, con passione, dedizione
e spirito di sacrificio. Ama cucinare sorseggiando un buon bicchiere di vino, legge per rilassarsi e adora guardare tutti i tipi di film, ad eccezione degli horror. Quando può, viaggia alla scoperta di nuovi tramonti anche se non
le piace prendere l’aereo. Fotografa ogni cosa, anche quelle che possono
sembrare banali per poi chiedersi come mai la memoria del suo telefono
sia sempre piena!

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