/

Gente comune (1980), un unicum cinematografico che affronta lutto, dolore e perdita

3 mins read
Gente Comune

Gente comune: Periferia di Chicago, inizi anni Ottanta. Conrad (Timothy Hutton) è il figlio adolescente di Calvin (Donald Sutherland) e di Beth (Mary Tyler Moore) Jarrett. Dopo la morte del fratello maggiore Buck (Scott Doebler), Conrad si chiude in sé stesso e tenta il suicidio recidendosi i polsi. Il ragazzo viene salvato per miracolo e finisce in una clinica psichiatrica nella quale fa amicizia con Karen (Dinah Manoff).

Trascorso diverso tempo nella clinica, il ragazzo torna nel nido famigliare ma qualcosa non va. Sua madre Beth, prima sempre sorridente e amorevole, è decisamente distaccata e sembra non aver accettato la morte del figlio prediletto. Calvin, invece, prova in tutti i modi ad instaurare un rapporto d’amicizia con Conrad sebbene non riesca mai ad imporsi sulla moglie. L’adolescente torna al vecchio liceo e riprende a frequentare le lezioni di nuoto nonostante l’ombra del fratello, eccelso in tutti gli sport, pesi sul ragazzo come un macigno, costringendolo ad una lunga serie di bugie con la famiglia.

Locandina ufficiale/Credit: web

L’intervento decisivo del dott. Tyrone C. Berger (Judd Hirsch) e della compagna di scuola Jeannine Pratt (Elizabeth McGovern), aprirà una breccia nel cuore già provato del ragazzo facendo emergere traumi e dolori mai del tutto risolti.

Esordio alla regia di Redford con “Gente Comune”

Primo film come regista per il veterano attore leggenda del cinema recentemente scomparsa Robert Redford, “Gente comune” si rivelò sin da subito un successo al botteghino. Solo negli States incassò oltre 90.000.000 di dollari ed ebbe un’eco internazionale molto rilevante.

La pellicola di Redford rappresenta un caso unicum nel suo genere dato che tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta il pubblico era più propenso a prediligere un nuovo prototipo di film (vedi la saga di Guerre Stellari).

Decidere di analizzare in modo così netto la psicologia di un adolescente inserito in un contesto sociale così delicato (scuola e famiglia) fu sicuramente un azzardo per Redford ma ben ripagato grazie alla perfetta sintonia tra i vari personaggi. Tratto dal romanzo omonimo di Judith Guest, “Gente comune” affronta tematiche così cruciali (il lutto, la perdita, il dolore, l’amore) dando la possibilità ad una vasta gamma di emozioni di uscire fuori durante il racconto cinematografico.

Il cast

Lo spettatore vivrà tutte queste sensazioni attraverso gli occhi del giovane protagonista (Timothy Hutton vincerà, infatti, l’Oscar come migliore attore non protagonista) il quale non riesce ad accettare fino in fondo di aver perso il fratello tanto amato. La sua difficoltà sta anche nel cercare di avere un rapporto con la madre che non può o non vuole perdonare.

Credit: web

Mary Tyler Moore per la sua interpretazione della fredda, freddissima madre, otterrà una candidatura agli Oscar come migliore attrice (lo avrebbe meritato) e farà notare un aspetto di sé che nessuno conosceva prima. Attrice di commedie e sitcom brillanti, la Moore perderà un figlio (morto accidentalmente per un colpo di pistola) proprio durante le riprese del film e forse il dolore di questa perdita incommensurabile le permetterà di rendere così credibile il personaggio da lei interpretato nel film. I comportamenti quasi maniacali e studiati del personaggio di Beth creeranno nello spettatore un dualismo perfetto: madre-ragno che ha dimenticato di amare e perdonare oppure una donna distrutta dalla perdita che non sa come affrontare il dolore?

D’altro canto, il personaggio del marito, interpretato da Sutherland è paradossalmente di poco spessore e molto spesso ci si chiede come mai non riesca a farsi sentire e a trovare un posto di rispetto all’interno della messinscena. Lui troppo buono, lei troppo cattiva. Due poli opposti che fingono di essere tornati ad una vita normale. Gente ‘ordinaria’ che non sa come gestire la rabbia, il dolore e la morte.

Il riflesso di uno spaccato della società americana

Robert Redford otterrà il premio Oscar come miglior regista dimostrando di avere una sensibilità spiccata per gli psicodrammi famigliari. Oggi, nel 2022 questo film nel suo essere anacronistico diventa il riflesso di uno spaccato della Società americana piccolo-borghese degli anni Ottanta con i suoi finti buonismi e con la voglia di urlare nel cuore. Ed è proprio nell’urlo disperato di Conrad mentre parla con il suo psichiatra che lo spettatore potrà sentire e forse toccare con mano il vero senso del dolore con una piccola ma importante consapevolezza: la sopravvivenza al di là di ogni sofferenza di sorta.

Buona visione!

Se siete curiosi di leggere le precedenti uscite di “Cinema Sommerso”, potete recuperarle cliccando -> QUI <-

Per rimanere aggiornato sulle ultime opinioni, seguici su: il nostro sitoInstagramFacebook e LinkedIn

Studioso e appassionato di cinema internazionale. Ha dedicato i suoi studi alle grandi figure femminili del cinema del passato specializzandosi alla Sapienza di Roma nel 2007 e nel 2010 su Bette Davis e Joan Crawford. Nel 2016 ha completato un dottorato di ricerca in Beni culturali e territorio presso l’Università di Roma, Tor Vergata con una tesi sull’attrice israeliana Gila Almagor. Ha scritto diversi saggi e articoli di cinema e pubblicato l’autobiografia inedita in Italia di Bette Davis, Lo schermo della solitudine (Lithos). Oggi insegna Lettere alle nuove generazioni cercando sempre di infondere loro fiducia e soprattutto amore per la storia del cinema.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Eliana Michelazzo assolta dal caso di Mark Caltagirone: innocente in un Paese che ha creduto ad un fantasma!

Next Story

Riforma della Giustizia, tra innovazione e divisioni politiche: un nuovo assetto costituzionale può davvero funzionare?

Latest from Blog