Bullismo e Mobbing: istinto naturale o strumento di controllo sociale?

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Bullismo

Da un punto di vista sistemico, in ogni organizzazione sociale di qualsiasi tipologia di esseri viventi, la presenza o l’introduzione di individui con caratteristiche devianti – sia in termini evoluzionisticamente positivi che negativi – determinano effetti che vanno dalla formazione di nuovi comportamenti di un sottogruppo specifico o di tutti gli individui, sino al radicale cambiamento dell’intera organizzazione e modalità di interazione e convivenza.

Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni – Martin Luther King

Da questi cambiamenti possono derivare sia un migliore che peggiore livello di adattamento all’ambiente e alle sue condizioni (anch’esse in continuo cambiamento), sia la crescita e l’espansione sul territorio del gruppo o ancora la sua riduzione e addirittura estinzione.

L’Homo Urbano e le forme deviate del bullismo

Nella sottospecie Homo Urbano a cui apparteniamo, uno di questi fenomeni – con caratteristiche devianti indotte – è il Bullyng/Mobbing praticato nelle scuole e nei gruppi sociali – anche in modo virtuale attraverso i social – di bambini, adolescenti e adulti. Alcuni soggetti, sono caratterizzati da comportamenti con toni accentuati – a diverso livello rispetto alla media – di aggressività e violenza sia fisici che psicologici. In circolazione si può trovare moltissimo materiale – scientifico e non – in merito, ma di fatto è raro trovare un’analisi basata sulla logica profonda di questo fenomeno diffuso in tutto il mondo.

La prima cosa che mai viene detta è che geneticamente tutti siamo ‘bulli’. Se non fosse così, essendo uno dei comportamenti evoluzionisticamente funzionale alla sopravvivenza in moltissime specie oltre la nostra, non saremmo qui a poterne discutere, in quanto nell’epoca della selezione naturale (da millenni voglio ricordare che siamo nell’era della selezione artificiale, approfondiremo quest’argomento in futuri articoli), ci saremmo già estinti. Vi sarà già capitato di osservare o studiare a scuola le strategie di caccia ad esempio dei grandi predatori felini. Si acquattano sparpagliati mimetizzandosi nella sterpaglia e osservano attentamente e a lungo un gruppo di grandi erbivori al pascolo.

Le radici evolutive dell’aggressività

A cosa serve questa fase di osservazione? Nel loro cervello è in atto un processo di screening del gruppo di erbivori, processo che è geneticamente attivato e che genera la strategia migliore per quella situazione, ovvero quella strategia che ha superato – in milioni di anni – la selezione naturale, e ha portato i replicatori genetici di cui il corpo di quei grandi predatori è ospite, a sopravvivere e a perpetrare anche questa strategia.

La strategia consiste nell’individuare nel gruppo di erbivori quelli ‘più deboli’ – anziani, malati, cuccioli – attaccando i quali si hanno le maggiori chance di successo con il minimo dispendio energetico e rischio di danni fisici o morte.

Analogamente al gioco della lotta fisica con cui gli individui più giovani approcciano e si preparano per difendersi e attaccare quando gli sarà necessario da adulti, anche il Bullyng viene esercitato allo stesso modo, solamente che, nel caso dell’Homo Urbano, come per molti altri istinti primordiali, nel contesto della cattività urbana e della selezione artificiale, questi istinti hanno perduto la loro originale funzione, e hanno dato vita a bias cognitivo/comportamentali oltre ad essere divenuti strumentali per il nostro condizionamento al fine di adattarci alla dimensione schiava della vita.

Due fattori chiave per comprendere il bullismo

Quindi, per analizzare il fenomeno Bullyng/Mobbing è necessario prendere in considerazione i seguenti due fattori fondamentali:

1. Il Bullyng/Mobbing è un comportamento da un punto di vista naturale, sano e geneticamente determinato.

2. Il Bullyng/Mobbing, nelle sue forme devianti indotte e non naturali, è oggi ancora presente nelle popolazioni di Homini Urbani a livello globale, in quanto non mediato da comportamenti adeguati degli adulti e da corretti schemi sociali efficaci, essendo stato opportunamente strumentalizzato al fine del condizionamento della popolazione, per ottenerne specifici altri comportamenti e attitudini funzionali da un punto di vista della selezione artificiale.

Comportamenti, da cui dipendono – strettamente – vantaggi economici e sociali di un piccolo sottogruppo a cui la grande massa è assoggettata.

La scuola come meccanismo di condizionamento

Come si insegna – o meglio si condiziona – un individuo geneticamente predisposto alla libera esplorazione dell’ambiente all’immobilismo? L’uomo ha un raggio di azione esplorativo/conoscitivo, oltre che di sfruttamento delle risorse presenti nel suo ambiente, di diversi chilometri quadrati. L’attivazione dei processi di esplorazione ambientale si attivano geneticamente intorno ai 6, 7 anni di vita. Guarda un po’ che coincidenza! Esattamente l’età in cui inizia la scolarizzazione e quindi l’isolamento fisico coatto dall’ambiente naturale e l’attuazione di tutti quei processi di contrasto alla libera circolazione, al movimento fisico e all’aggregazione spontanea in gruppo.

Tutti siamo stati indotti a credere che la scolarizzazione precoce è necessaria per l’ottenimento del massimo risultato in termini di evoluzione culturale dell’individuo, ma di fatto, la maggioranza delle materie insegnate ai bambini alle elementari e alle medie sono del tutto irrilevanti in quel periodo di sviluppo dove ancora non sono mature moltissime delle aree cerebrali determinati all’elaborazione di quelle tipologie di informazioni che gli vengono sottomesse.

Gli effetti

Le finalità socio/economiche primarie dell’inizio della scolarizzazione a 6 anni sono: primo, togliere di mezzo ai genitori l’impedimento fisico allo svolgimento del loro compito socio/economico, il lavoro; secondo, inibire al momento giusto il processo di strutturazione dell’area cerebrale deputata alla libera esplorazione dell’ambiente attraverso l’immobilismo coatto (lo stare seduti per la maggior parte del giorno in silenzio, in un luogo asettico dal punto di vista degli stimoli naturali com’è un’aula, accanto a molti altri individui ma nell’impossibilità di interagirvi liberamente se non secondo specifici dettami dettati dall’autorità superiore, la maestra/professoressa che permanentemente è in fase di monitoraggio, controllo e correzione di ogni eventuale violazione.

Se questo secondo processo non avvenisse in questo determinato periodo di tempo, è scientificamente provato che il cervello del bambino si sviluppa naturalmente entrando in una modalità pseudo-adulta di interazione sia con l’ambiente che con gli altri componenti del gruppo siano essi bambini o adulti, e che una volta entrato in questa modalità, non è più possibile correggerne gli engrammi corticali sviluppatisi. Il cervello in questa fase, rifiuta e reagisce a qualsiasi tipologia di costrizione, anche violenta.

Il fallimento dell’integrazione forzata

Per anni si è cercato anche in Italia, di scolarizzare bambini e adolescenti zigani, ma anche di altre etnie, che avevano perduto i primi anni della scuola, e i risultati sono stati del tutto fallimentari, in quanto, gli insegnanti non erano più in condizione di contrastare la loro individualità, libertà e necessità di movimento fisico ed espressione verbale, senza contare la disparità in termini socio-culturali-esperienziali fra loro e gli altri bambini che rendeva questi ultimi vittime impreparate di ogni tipo di Bullyng e raggiro psicologico.

Cosa accadrebbe a livello dell’intero gruppo se tutti gli individui che presentassero un livello di bullismo fuori dalla media e con caratteristiche devianti fossero estromessi dal gruppo? Di fatto, questo evolverebbe nel giro di diverse generazioni a un comportamento sociale mite, e non sarebbero più necessari molti organismi di polizia, ma allo stesso tempo, gli individui svilupperebbero una maggiore predisposizione a credere oltre che pretendere che attraverso processi pacifici e collaborativi possano ottenere quella chiamata giustizia, tanto decantata (ma mai conseguita) in famiglia, in TV e a scuola. In molti, e senza paura non avendo mai subito minacce e violenze, si unirebbero in richiesta del rispetto di molti diritti di cui si sentissero ingiustamente privati.

Il bullismo come strumento di controllo sociale

Oh là là?!! L’istinto del bullismo adesso è utile! molto utile a qualcuno in particolare. Lasciando convivere la grande massa con un sottogruppo di individui devianti in termini di abusi e violenza fisica e psicologica, attraverso il loro bullismo si può ottenere un effetto davvero straordinario in termini di controllo sociale, e soprattutto, senza sforzo e senza necessità di investimenti economici e interventi diretti che identificherebbero qualcuno lassù come manipolatore/malfattore, guadagnandosi una brutta fama e l’impossibilità di ergersi a paladino della giustizia e leader della massa.

Cosa insegna ai tuoi figli il bullismo deviante, o meglio, a cosa li condiziona? Come vittime dirette o indirette (osservatori del fenomeno nel loro gruppo), apprendono passivamente, subliminalmente e quindi inconsciamente che – effettivamente nella loro realtà esistenziale e sociale – non esiste alcun sistema di controllo e difesa da individui aggressivi o violenti, e che anche le massime autorità del loro ambiente, genitori, professori, direttori scolastici ecc. (da adulti governo e forze dell’ordine), non hanno nessun potere su tali individui che sempre e comunque sono lasciati in condizioni di essere liberi di fare e abusare come desiderano degli altri.

Apprendono che lamentarsi e parlare delle violenze subite o osservate non serve assolutamente a nulla se non ad attirare maggiore sconforto, frustrazione, sofferenza e problemi nella loro vita. Devo continuare? O basta che alzi la testa e ti guardi intorno o ripensi alle tue esperienze di vita?

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Professionista del settore ITC nell'area ricerca e sviluppo, con oltre trent'anni di esperienza, Fabrizio Ranzani è ricercatore indipendente sui temi di logica formale, pensiero critico, didattica, antropologia, psicologia, neuroscienze, intelligenza e comunicazione umane e artificiali, ha scritto due libri sul tema della logica e del pensiero critico. Nel 2008 è rientrato nella lista dei cavalieri del lavoro sotto ai 35 anni nella prima edizione del concorso. La sua esperienza professionale si svolge fra l'Italia e il Brasile, la sua passione è insegnare e divulgare i fondamenti della logica e del pensiero critico.

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