Giornata Mondiale per la conservazione della natura: il pianeta Terra ci chiede rispetto, non compassione!

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Giornata Mondiale

Il 28 luglio di ogni anno viene celebrata la Giornata Mondiale per la Conservazione della Natura, istituita per ricordarci l’urgenza di proteggere gli ecosistemi, la biodiversità e quell’equilibrio ambientale per cui amiamo tanto batterci a parole ma mai con fatti concreti. Non a caso, oggi, nel 2025, questa data suona quasi come una beffa, una commemorazione vuota piuttosto che un richiamo all’azione, soprattutto perché ci ritroviamo a vivere in un mondo che sembra voler rimanere cieco dinanzi ad evidenti problematiche dalle quali dipende la nostra stessa possibilità di sopravvivenza su questo pianeta.

Una giornata mondiale che rischia di trasformarsi in una celebrazione fine a se stessa

Allo stato attuale, la natura risulta essere più fragile che mai. Basti pensare che l’Overshoot Day è già stato superato da settimane. Ciò significa che abbiamo già consumato tutte le risorse rinnovabili che la Terra può generare in un anno. Da qui in avanti, viviamo a debito ecologico. Un debito che non pagheremo noi, ma le generazioni future. Per non parlare dei dati sempre più schiaccianti e sconcertanti che dovrebbero spingerci a fare qualcosa, ma che, al contrario, pare ci invitino a dirigerci esattamente nella direzione opposta.

Credit: web

Le temperature globali continuano a salire e l’anomala ondata di caldo che ha investito ogni angolo del pianeta ne è una prova incontrovertibile. I ghiacci polari si sciolgono, soltanto pochi giorni fa una delle più grandi calotte si è frantumata nel bel mezzo dell’oceano. Le foreste pluviali vengono disboscate a ritmi vertiginosi, un po’ ciò che sta accadendo in Amazzonia, il polmone della Terra. Gli oceani sono saturi di plastica e microplastiche, e centinaia di specie animali e vegetali si estinguono ogni anno. Insomma, la sesta estinzione di massa è in corso e l’uomo, che ci piaccia oppure no, ne è il principale artefice!

La globale indifferenza

Ma ciò che fa ancora più paura è la dissonanza tra la gravità dei fatti e l’indifferenza diffusa. Politici, imprenditori e cittadini, ognuno di noi continua a comportarsi come se il mondo potesse reggere all’infinito i colpi delle nostre cattive abitudini, dei nostri modelli sbagliati di consumo, della nostra cieca corsa alla crescita economica per via di una sterile sete di potere e ricchezza che non ci porterà da nessuna parte, se non verso la nostra stessa distruzione. In uno scenario del genere, la Giornata per la Conservazione della Natura, che dovremmo tenere a mente ogni singolo giorno della nostra esistenza, rischia di ridursi ad un rituale privo di qualsiasi significato, ad una bandierina ecologista issata il giorno prima e subito dimenticata il successivo.

Soltanto nel 2025, ad esempio, svariati governi hanno fatto passi indietro clamorosi sulle politiche ambientali: sussidi ai combustibili fossili mantenuti o addirittura aumentati, sulla spinta di un richiamo al riarmo che lascia spazio a poche ed ovvie conseguenze, obiettivi climatici posticipati, vincoli ambientali allentati in nome di una “ripresa economica” che, nella maggior parte dei casi, tarda ancora ad arrivare. I grandi summit internazionali si moltiplicano, ma gli accordi reali restano timidi, non vincolanti, spesso disattesi. Sembra quasi che la questione ambientale sia diventata un fastidio da gestire, non un’urgenza collettiva.

Eppure, non ci sarà progresso umano senza un pianeta vivibile. La natura non è un accessorio della civiltà. Al contrario, essa è la condizione stessa della nostra sopravvivenza. Ogni metro quadro di foresta abbattuta, ogni falda acquifera inquinata, ogni specie perduta, rappresenta un passo verso l’autodistruzione. Il problema non è solamente quello di “salvare la natura”, che in fondo troverebbe comunque un suo equilibrio anche senza di noi, ma salvarci da noi stessi.

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Tutti dobbiamo fare la nostra parte

Naturalmente, non tutta la responsabilità è della politica. Anche le scelte individuali contano: cosa mangiamo, cosa compriamo, come ci muoviamo, come gestiamo i nostri rifiuti. Ma non è ipocrita chiedere ad un cittadino di ridurre la propria impronta ecologica mentre si autorizzano nuove trivellazioni, si ritarda la transizione energetica o si minimizzano i danni del cambiamento climatico? Servono decisioni sistemiche, coraggiose, impopolari. Ancor di più, necessitiamo di investimenti massicci e di una visione a lungo termine. Servono leader che sappiano guardare oltre il prossimo sondaggio.

Esiste, poi, una componente meno visibile ma altrettanto cruciale: l’educazione ambientale, ancora troppo marginale nel dibattito pubblico. Non si può difendere ciò che non si conosce. E spesso, diciamolo, il disinteresse verso la natura nasce proprio da una distanza culturale: vivere in città, in ambienti artificiali, ci fa dimenticare che ogni respiro che facciamo, ogni alimento che consumiamo, ogni fibra che indossiamo ha origine in un equilibrio naturale che stiamo spezzando.

Chissà, forse dovremmo cambiare approccio, non trovate? Non basta più “amare la natura”. Dobbiamo ritornare a farne parte, sentirla come estensione di noi stessi. Come disse John Muir, uno dei padri fondatori del movimento ambientalista americano:

Quando si cerca di isolare qualcosa nella natura, si scopre che è collegata a tutto il resto

Un problema più grande di noi

E in effetti, il cambiamento climatico non si può ridurre ad una mera questione ambientale: è sanitario, economico, geopolitico, sociale. È la grande sfida del nostro tempo. Non esiste più un “là fuori”. Il pianeta siamo noi. Ed è proprio questa consapevolezza che dovrebbe guidare ogni politica, ogni scelta, ogni gesto. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una rivoluzione etica e culturale. Non per idealismo, ma per realismo. Non per la bellezza dei paesaggi, ma per la sopravvivenza dei popoli. Non per salvarci la coscienza, ma per salvare la nostra casa.

Il 28 luglio non deve essere solo una giornata di riflessione. Deve essere una scossa di responsabilità. Un punto di partenza, e non l’ennesimo punto fermo!

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Laureato in Scienze della Produzione e Protezione delle Piante presso la facoltà di Scienze e Tecnologie Agrarie, Università degli Studi di Milano nel 2020 è iscritto all’Ordine degli Agronomi e Forestali Como - Lecco – Sondrio. Offre consulenza tecnica qualificata per privati ed enti pubblici. Lavori ordinari e straordinari su alberi, giardini, terrazzi, siepi, e barriere verdi. Progettazione, pianificazione e direzione lavori con particolare attenzione e sensibilità alle problematiche ambientali. Riqualificazione di aree verdi, aiuole, parchi, giardini e orti per privati ed enti pubblici. Specializzato in rilievi, censimenti, valutazione e verifica della stabilità degli alberi tramite analisi e metodi sia visivi (VTA) che strumentali, si occupa di progettazione terrazzi e aree verdi, pratiche di abbattimento, riqualificazione di parchi e giardini, prevenzione e cura del verde.

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