L’intelligenza artificiale e quel futuro che non possiamo lasciare all’algoritmo

3 mins read
intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è una di quelle rivoluzioni che affascinano e spaventano allo stesso tempo. Da un lato, promette di alleggerirci la vita, di automatizzare i compiti più noiosi, di potenziare la nostra creatività. Dall’altro, come segnalano gli ultimi dati in nostro possesso, inizia già a lasciare segni concreti nel mondo del lavoro… e non in senso positivo, almeno per i giovani della Generazione Z.

Un impatto concreto sul lavoro dei giovani

Credit: web

Partiamo da questo: il focus Censis Confcooperative «Intelligenza artificiale e persone: chi servirà a chi?», presentato nelle scorse settimane a Roma, stima 6 milioni di lavoratori che potrebbero perdere il proprio posto perché sostituiti nel processo produttivo dall’intelligenza artificiale.

Secondo recenti studi, infatti, le aziende tech hanno ridotto del 25% l’assunzione di neolaureati rispetto al 2023 e le startup hanno assunto l’11% in meno di giovani laureati. E non parliamo solo di un fisiologico “stop” all’espansione: a influire sembra essere proprio lei, l’IA, capace di svolgere con rapidità e precisione molti dei compiti un tempo riservati ai profili junior. Molti di questi ruoli entry-level, tradizionalmente considerati trampolini di lancio per le carriere, sono ora automatizzati da sistemi di IA capaci di svolgere compiti di routine con efficienza e rapidità. Codifica base, debug, assistenza clienti, attività legali standard: sono tutte mansioni che oggi un chatbot può svolgere; o meglio, simulare di saper svolgere in pochi secondi.

Ed è qui che nasce il cortocircuito: per avere esperienza serve un primo impiego, ma se l’IA ruba i gradini più bassi della scala professionale, ai giovani non resta nemmeno la possibilità di cominciare a salire.

L’IA non è il nemico, ma non può guidare da sola

Ma attenzione: demonizzare l’intelligenza artificiale sarebbe ingenuo quanto affidarle le chiavi del nostro futuro senza regole. Non è lei il nemico. Il problema non è l’IA in sé, ma l’uso miope che se ne sta facendo. Come ha affermato Sam Altman, CEO di OpenAI:

L’IA generativa non sostituisce la creatività umana, ma è piuttosto uno strumento che può aumentarla e potenziarla

Purtroppo, però, i vertici delle aziende, illusi dal sogno di risparmiare e incrementare i profitti con il minimo sforzo, quello dell’IA, appunto, si sono lasciati ingannare e hanno affidato ai chatbot il proprio futuro. Sbagliando! Come dimostrano altri dati, infatti, molte aziende non ottengono il ritorno sull’investimento che si aspettavano. Progetti di IA abortiti, produttività che cresce a fatica, e addirittura aziende (come Klarna) che fanno marcia indietro, riassumendo personale umano dopo aver esagerato con le automazioni.

L’ingegno umano non è sostituibile

Primo piano di un gruppo di studio con quaderni e pennarelli sul tavolo/Credit: foto di pubblico dominio gratuita (CC0).

La verità è che l’adozione indiscriminata dell’IA senza considerare le implicazioni etiche e sociali può portare a conseguenze indesiderate. Il rischio è che, nel tentativo di ottimizzare l’efficienza, si perda di vista il valore insostituibile dell’ingegno umano, della creatività e dell’esperienza che solo le persone possono offrire.

L’intelligenza artificiale dovrebbe quindi essere un supporto, non un rimpiazzo. Uno strumento per aiutare le persone a lavorare meglio, non un motivo per lasciarle indietro. C’è bisogno di una cultura dell’IA che non metta in secondo piano le competenze umane più profonde: la creatività, il senso critico, l’empatia, la capacità di imparare e di reinventarsi. Proprio quelle qualità che, paradossalmente, la Gen Z possiede in abbondanza.

Il futuro va costruito

È quindi essenziale adottare un approccio equilibrato e consapevole nell’integrazione dell’IA nel mondo del lavoro. Come suggerisce il proverbio latino “Abundans cautela non nocet” (un eccesso di prudenza non nuoce): è meglio, quindi, procedere con cautela, valutando attentamente l’impatto delle nuove tecnologie sulla società e sull’occupazione.

Perché se è vero che la tecnologia più innovativa rappresenta una straordinaria opportunità per migliorare la produttività, è anche vero che ciò può avvenire solo se utilizzata come complemento alle capacità umane. È responsabilità di tutti – aziende, governi e individui – assicurarsi che l’adozione dell’IA avvenga in modo etico e sostenibile, preservando i valori fondamentali del lavoro e della dignità umana.

Il futuro, insomma, non si ferma, ma possiamo ancora decidere come costruirlo. E sarebbe bene ricordarlo ogni volta che ci affidiamo a un algoritmo per sostituire, anziché valorizzare, il talento umano.

Per rimanere aggiornato sulle ultime opinioni, seguici su: il nostro sitoInstagramFacebook e LinkedIn

Classe 1984, è una giornalista che ha iniziato la sua carriera nel 2006 presso un'emittente locale, dove si occupava principalmente di cultura e attualità. La sua passione per il giornalismo e la comunicazione l'ha portata a collaborare con alcune delle più importanti testate nazionali, ampliando il suo raggio d'azione su una vasta gamma di temi.Nel corso degli anni, ha scritto di attualità, cultura, spettacoli, musica, cinema, gossip, cronache reali, bellezza, moda e benessere. Ha avuto l'opportunità di intervistare numerosi cantanti, attori e personaggi televisivi italiani e stranieri.Attualmente, scrive per le riviste Mio, Eva 3000 e Eva Salute, dove continua a esplorare i temi che da sempre la appassionano, con un occhio attento alle tendenze e ai cambiamenti del panorama mediatico e culturale.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Mario Adinolfi, che cos’è veramente la famiglia? Sicuramente non quella descritta da te!

Next Story

“Per sempre tuo – Yours truly”, il romance brillante che insegna l’empatia

Latest from Blog