La memoria collettiva permanente è il vero oggetto, occulto, ma non troppo, della tecnologia dell’intelligenza artificiale. Non è la creatività sintetica, non è la potenza di calcolo, non è neppure l’automazione del pensiero: è la conquista definitiva della memoria. La possibilità, mai avuta prima, di custodire, riscrivere o cancellare il sapere universale a comando. Ma cosa c’entra la rivoluzione digitale attualmente in atto con essa? Ebbene, c’entra moltissimo!
La fragilità della memoria collettiva
Nel corso della storia, la conoscenza è sempre stata fragile. È bruciata ad Alessandria, è stata sommersa a Pompei, distrutta da guerre, terremoti, fanatismi religiosi e ideologie totalitarie. Ma mai, prima d’ora, la minaccia ha assunto un carattere globale e sistemico. Oggi l’intero patrimonio dello scibile umano (milioni di anni di evoluzione, intuizione, esperienza) vive compresso in pochi database elettronici, sigillati dentro data center controllati da un manipolo di ultramiliardari. Tre o quattro menti, su otto miliardi di persone, tengono in pugno l’ossatura cognitiva del pianeta.
Il potere non consiste più nel possesso delle risorse, ma nel controllo delle informazioni. E chi decide cosa ricordare o dimenticare, decide anche chi siamo. Come scriveva George Orwell:
Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato
Oggi quella frase, nata come distopia, suona come una descrizione tecnica della nostra epoca.
Non serve censurare, basta manipolare la fonte!
Non serve più censurare: basta manipolare la fonte, regolare i flussi, alterare le priorità di visibilità, e la verità evapora silenziosamente. Così, dopo trent’anni di abitudine a “sapere” tramite Google e Wikipedia, l’umanità ha imparato a fidarsi ciecamente di ciò che appare per primo, non di ciò che è vero. Certo, qualcuno potrebbe obiettare: “Ma ci sono i database accademici, le pubblicazioni open access, la peer review!”. Senza ombra di dubbio, ma chi finanzia i progetti, chi paga i ricercatori, chi mantiene le piattaforme dove le idee vengono accettate o scartate? Il filtro resta nelle stesse mani che gestiscono il resto: un’élite digitale che decide cosa meriti di esistere nella memoria collettiva permanente.
L’intelligenza artificiale non è più uno strumento: è un ecosistema che si nutre della nostra conoscenza e, lentamente, la riformatta. Ogni interazione, ogni domanda, ogni clic diventa materia prima per il suo apprendimento, e quindi, inevitabilmente, per la riscrittura della nostra storia. Oggi è ovunque: negli assistenti vocali, nei motori di ricerca, nei sistemi di sicurezza, nei social network. Ma, per parafrasare una vecchia battuta, “è tutta intorno a te e, soprattutto, dietro di te”. E nella sua silenziosa onnipresenza, custodisce ciò che resta del pensiero umano. O, forse, ne prepara il prossimo aggiornamento!
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