Nicola Santini, voce fuori dal coro che racconta la realtà e si batte per la propria identità: “Le mode passano, ma l’eleganza resta!”

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Nicola Santini

Le buone maniere aprono porte che la migliore educazione non può aprire – Clarence Thomas

Questa è senza ombra di dubbio una frase con cui si potrebbe tentare di spiegare l’essenza del messaggio di Nicola Santini, un uomo che ha fatto della schiettezza e di quelle buone maniere (le stesse di cui, puntualmente, ci dimentichiamo) un ottimo codice interpretativo della realtà a noi circostante. In effetti, egli è uno di quei personaggi che sanno muoversi con disinvoltura tra mondi diversi, mantenendo però un tratto distintivo che lo rende riconoscibile: la capacità di leggere la nostra quotidianità con occhio critico, ironico e mai banale, e l’innata, nonché rara, abilità di farlo rimanendo sempre fedele a se stesso.

Dalla carta stampata agli studi televisivi, dai banchi universitari alle rubriche social, Santini ha costruito una carriera che spazia su più fronti. Nato a Viareggio e formatosi tra Italia e Stati Uniti, ha assimilato quella visione internazionale che gli ha consentito di dar vita alla sua cifra attuale, ossia quella dello storyteller: un narratore che osserva, analizza e restituisce la realtà con leggerezza e sagacia. Non a caso, dal 2024 è alla guida del settimanale VERO, la testata che l’ha visto muovere i primi passi nello sconfinato universo della cronaca rosa e che ora dirige con la consapevolezza di chi conosce a fondo i retroscena, e i protagonisti, della scena mediatica nostrana.

Parlare con Nicola Santini, dunque, significa confrontarsi con un osservatore privilegiato, che conosce le regole del gioco, ma che non ha mai rinunciato a portare la sua voce, equilibrata e pungente, nel dibattito pubblico. Un uomo che ha scelto di “non bussare troppo forte” alle porte della notorietà, preferendo la sostanza all’eccesso, la finezza al rumore. Proprio per questo, abbiamo deciso di raggiungerlo telefonicamente e di intervistarlo per voi. Buona lettura!

Nicola Santini – L’Intervista

Buongiorno Direttore e benvenuto tra le pagine de L’Opinione – Tempi Moderni. Dal piccolo schermo alla carta stampata, negli anni ha dato prova di essere un abile osservatore e un narratore piuttosto versatile, alle volte un po’ pungente ma mai eccessivo, della realtà a noi circostante. Da buon storyteller quale è, se dovesse descrivere il suo percorso, professionale e di vita, che racconto ne verrebbe fuori?

Il racconto di un fotografo che, ad un certo punto, ha mollato la macchina fotografica senza smettere di essere veramente un fotografo. Ho iniziato a realizzare i primi scatti quando avevo 4 anni, perché ero incapace di disegnare, e mia mamma mi ha detto: “Prova con la macchina fotografica, così racconterai la realtà meglio che con la matita.” All’epoca le madri potevano permettersi di essere più dirette e, lo confesso, quel dono della schiettezza è divenuto parte integrante del mio DNA. E a dir la verità, si è rivelato molto utile perché mi ha formato in due modi: da un lato, mi ha permesso di imparare a fotografare la realtà senza fronzoli e, dall’altro, di essere preciso nella rappresentazione. Non a caso, anziché disegnare fantasiosamente, preferivo di gran lunga catturare momenti con la mia Polaroid!

Nicola Santini/Credit: foto per gentile concessione del protagonista de “L’intervista”

Ho avuto un’educazione un po’ militare ma, al tempo stesso, molto libera, che ha fatto sì che io non abbia mai dovuto seguire un percorso prestabilito. Anzi, ho semplicemente lasciato che gli altri si accorgessero di com’ero. Oggi, a quasi 50 anni, sono esattamente la stessa persona che ero quando ne avevo soltanto. Naturalmente, poi, da fotografo “nato” ho applicato il medesimo stile, lo stesso modo di vedere le cose e la stessa tecnica a qualsiasi ambito io mi sia avvicinato: alla scrittura, alla rappresentazione visiva, al verbo, alla televisione e perfino alla carta stampata.

Parlando di carta stampata e della sua visione, dal 2024 è Direttore del settimanale cartaceo VERO. In che modo il suo arrivo alla direzione ha cambiato, se lo ha fatto, il volto della testata? Qual è l’impronta editoriale che ha voluto conferirle?

Era inevitabile che, prima o poi, creassi un giornale che mi somigliasse e VERO mi somiglia moltissimo. È sincero, schietto, diretto, politicamente scorretto, ma pur sempre educato. Basti pensare che non è più un giornale esclusivamente di gossip, ma un giornale familiare. Quando ci penso, mi viene in mente una tavola apparecchiata per il pranzo della domenica, con più generazioni a confronto, ciascuna delle quali si esprime con la proprio linguaggio e cerca di far sentire all’altro la propria voce. E il mio VERO è esattamente così. C’è spazio per i giovani, per il pubblico più tradizionale, per i personaggi emergenti, per i grandi nomi italiani e internazionali, e infine, per le rubriche, che spaziano dalla salute alla bellezza, dal benessere al cibo. Per quel che riguarda l’aspetto del pettegolezzo, diciamo che noi non andiamo mai a frugare nella vita privata delle persone senza il loro consenso.

Un giornale “educato”, ma che non vuol dire necessariamente “politicamente corretto”…

Esatto, VERO non è un giornale democristiano: non le manda a dire, ma non va a disturbare la vita delle persone protagoniste delle storie. C’è un patto di sincerità tra noi e il lettore, così come tra noi e i personaggi.

Considerando un altro aspetto della sua carriera, si è specializzato in “galateo internazionale” in seguito ad un periodo di studi all’estero, tanto da esserne considerato uno dei massimi esperti in Italia. A tal proposito, in un’epoca di sfrenato consumismo, in cui la comunicazione e il nostro rapportarci con gli altri, qualunque sia il contesto, si fanno sempre più veloci e superficiali, quanto ritiene sia importante tornare a parlare di quel galateo e di “buone maniere”, e perché no, magari tornare anche a metterli in pratica in ogni ambito della vita, dal lavoro alla tavola al “multiverso” digitale?

Dirò una cosa che, forse, mi renderà meno popolare di quanto non sia già. Il galateo è stato “soltanto” un pretesto per riportare al centro la buona educazione. Quando parlo di maleducazione, non parlo di mancanza di etichetta o di “bon ton”. Quest’ultimo colora di certo l’esistenza di ciascuno di noi, ma si può vivere tranquillamente senza rispettare tutte le regole del galateo pur restando educati. Quando ho cominciato a muovere i primi passi in questo ambiente, erano gli anni dei primi reality show, dei Vittorio Sgarbi senza freni in diretta, delle liti tra politici. Insomma, era il periodo in cui tutto diventava spettacolo.

Perciò, sentivo il bisogno di parlarne, ma di farlo in modo politicamente scorretto, senza creare un galateo da salotto, per far sì che potesse trasformarsi in una questione di quotidianità: spiegare modi per vivere con più leggerezza e bellezza. Oggi più che mai, lo sappiamo bene, abbiamo bisogno di bellezza quotidiana, perché il mondo ci bombarda da ogni lato con notizie di guerre, corsi e ricorsi storici, e perché no, figure discutibili che ci spingono, spesso e volentieri, a confondere ciò che è alla moda con ciò che è elegante. Sfortunatamente, però, la moda è effimera mentre l’educazione è destinata a farti ricordare per tutta la vita. Questo è ciò che ho voluto seminare 30 anni fa, non me ne sono mai pentito, e innegabilmente è anche quello che il mio giornale oggi riflette.

Prima citava una confusione tra ciò che è alla moda e ciò che è elegante. Un po’ quella che si ravvisa, negli ultimi anni, tra il giornalismo autentico e l’opinionismo di tendenza. Quale crede possa essere una buona strategia per riconoscerla e, soprattutto, evitarla?

Nicola Santini/Credit: foto per gentile concessione del protagonista de “L’intervista”

Personalmente, credo molto nella capacità di discernimento delle persone e nel loro libero arbitrio. Sebbene io possa essere considerato una figura cuspide tra giornalismo e opinionismo, portando avanti il primo sulla carta stampata e il secondo in televisione, da giornalista sono comunque in grado di distinguere tra informazione e opinione. Il pubblico spesso non distingue, ma magari perché non ha i mezzi per farlo o, più semplicemente, non è “educato” a quella differenziazione.

Bisogna, in qualsiasi circostanza, cercare di mettersi ad una certa distanza per poter comprendere chi e cosa abbiamo di fronte. Essere distaccati e osservare da diverse angolazioni sono fondamentali. Certo, tutti quegli opinionisti che si trasformano in giornalisti e continuano a fare solamente opinione non aiutano per niente, ma bisogna prestare attenzione. Così come chi è dall’alto lato ha l’obbligo morale, etico e deontologico di saper discernere tra le due situazioni.

Una considerazione che risulta più che attuale, specialmente se consideriamo l’attività di screditamento dei mezzi d’informazione tradizionali…

Esattamente. Un po’ come accennavo poco fa, per quanto vero, è necessario tenere in considerazione il fatto che siamo tutti responsabili. Non possiamo soltanto puntare il dito, ma dobbiamo porci anche delle domande!

Di recente, inoltre, abbiamo assistito alla sempre più frequente abitudine di reperire informazioni sui social network anziché attraverso i mezzi “tradizionali”. Cosa ne pensa a riguardo?

Ritengo che noi, addetti ai lavori, abbiamo una grande responsabilità nei confronti dei lettori. C’è da stare attenti, soprattutto perché oggi non esiste più quella sconfinata protezione delle fonti che c’era un tempo. Si scrive sui social senza considerare l’impatto che le parole diffuse su tali piattaforme possono avere sulla vita altrui. Per quel che mi riguarda, io non scriverei mai nulla che non vorrei leggere io stesso o che non potrebbe leggere un familiare.

Cosa si potrebbe fare per ottenere un’inversione di rotta?

Serve una maggiore e più capillare educazione, in linea con i tempi attuali. L’istruzione nel nostro Paese andrebbe totalmente rivista e le istituzioni dovrebbero prenderne finalmente atto. Che senso ha cominciare a studiare la Storia dalla notte dei tempi, se poi non si ha a disposizione il tempo materiale per potersi dedicare allo studio dell’attualità e del mondo che circonda e che, non dimentichiamolo, è in continua evoluzione?

In materia di diritti, invece, a che punto sono le nostre istituzioni?

Sulla carta siamo tutti uguali e ognuno di noi gode degli stessi diritti dell’altro. Peccato solo, però, che nella realtà non sempre sia così. Non è che “scimmiottando” la cerimonia delle nozze e creandone una nuova, ma che ad essa si rifà, si guadagnino gli stessi diritti che il matrimonio ti concede! Credo che i diritti vadano dati all’individuo: ognuno deve godere pienamente dei propri diritti. Questo naturalmente include i diritti di coppia e le questioni patrimoniali legate a chi vogliamo tutelare. È un tema sociale, non solo politico, che troppo spesso viene affrontato in maniera divisiva e viene ridotto ad un mero strumento di propaganda elettorale, tanto a destra quanto a sinistra.

Diritti non solo umani, ma anche e (soprattutto) animali. Nei mesi scorsi, infatti, è finalmente entrata in vigore la Legge Brambilla (cliccate QUI per recuperare il nostro articolo a riguardo), che riconosce ai nostri amici a 4 zampe lo stato di “soggetti di diritto”. Che ruolo hanno gli animali nella sua vita?

Ho tre cani e loro sono il mio baricentro, la filosofia di vita cui mi ispiro e dalla quale traggo un insegnamento ogni singolo giorno. Non sono un fanatico, per carità, non mi piace vestirli o trattarli alla pari di esseri umani, tuttavia, sono fortemente convinto che rappresentino la forma più pura di sincerità e che incarnino alla perfezione le esigenze alla base della vista. Mi riportano all’essenziale, alla mia casa, al mio equilibrio. Di fronte a qualcosa di nuovo, li osservo con curiosità: imparare da loro significa tornare a ciò che conta davvero.

Nicola Santini/Credit: foto per gentile concessione del protagonista de “L’intervista”

C’è un messaggio che vorrebbe indirizzare ai nostri giovani lettori che intendono intraprendere il suo stesso percorso?

Studiare è fondamentale, anzi, è la prima regola. Poi, dobbiamo sempre domandarci a chi ci stiamo rivolgendo e coltivare la nostra individualità, la nostra originalità. Imitare gli altri non serve a nulla. Ognuno ha qualcosa di autentico da offrire ed è quel qualcosa che noi abbiamo il dovere di valorizzare. Non guardiamo l’erba del vicino, ma coltiviamo la nostra e prendiamocene cura. Va bene trarre ispirazione da qualcuno. Io stesso la fortuna di incontrare persone lungo il mio cammino dalle quali ho tratto dei preziosi insegnamenti: Maria Giovanna Maglie e Marina Ripa di Meana, per citarne alcune. Persone e maestri dai quali imparare, e non persone da emulare perché l’emulazione e il copia-incolla, ragazzi miei, non portano da nessuna parte!

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Classe 1996, studente laureando in “Lingue, Culture, Letterature e Traduzione” presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’. Appassionato di scrittura, danza, cinema, libri, attualità, politica, costume, società e molto altro, nel corso degli anni ha collaborato con diversi siti d'informazione e testate giornalistiche (cartacee e digitali), tra cui Metropolitan Magazine, M Social Magazine, Spyit.it, Art&Glamour Magazine ed EVA3000. Ha scritto alcuni articoli per la testata giornalistica cartacea ORA Settimanale. Ha curato progetti in qualità di addetto stampa, ultimo dei quali "L'Amore Dietro Ogni Cosa" (NewMusic Group, 2022). Attualmente, è redattore presso la testata giornalistica Vanity Class e caporedattore per L'Opinione.

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