Social media day: è giusto trascorrere le nostre giornate rimanendo costantemente iper-interconnessi?

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Social Media Day

Ci hanno cucito sopra professioni nuove di zecca (SMM). Sono capaci di mettere in contatto persone provenienti da qualunque angolo del pianeta. Permettono un accesso alle informazioni persino troppo vasto (provate a scrivere una cosa tipo, che ne so, “allevamento tartarughe di terra”, e passerete il resto della vostra vita a scrollare siti che parlano di cibo, temperature e terrari per animali a sangue freddo). Fanno evadere dalla realtà per qualche minuto o, ahimè, qualche ora. Hanno modificato completamente il modo di comunicare tra esseri umani. Addirittura, vantano un lessico tutto loro – non aulico di sicuro. Ah, sono anche fonte di ansia e di depressione, nonché di disinformazione e ignoranza, pensiamo ad esempio alle fake news.

Insomma, come ogni cosa nel corso di questa nostra vita, persino i social media hanno le loro croci e delizie, tra le quali rientra pure una giornata mondiale dedicata. Ebbene, quel giorno, il Social Media Day, istituito dalla piattaforma Mashable nel 2010 e fissato per il 30 giugno di ogni anno, è ormai giunto e con lui anche una serie di riflessioni (d’obbligo!) sull’incredibile impatto che i social hanno avuto nelle nostre vite, perché, come ci ha ricordato qualcuno che ha preferito restare anonimo in un mondo di identità virtuali:

I social media ci hanno resi più vicini a chi è lontano, ma più lontani da chi ci è vicino

Social Media Day: ma quando è “tutto troppo”?

All’evento, nato nei primi anni 2000 ma esploso negli ultimi quindici, dedicano le loro attenzioni persino i ricercatori. Sì, perché l’impatto emotivo è pazzesco. Non sempre positivo, aggiungerei: avete mai sentito parlare dell’Internet addict disorder? È la dipendenza dal web. E se vi capita di non sentirvi tranquilli quando non avete il telefono sott’occhio, controllate le notifiche in maniera compulsiva e forsennata o, peggio, siete di quelle persone che “Ma l’avete sentito anche voi il mio telefono squillare?” senza che fosse vero, be’, è necessario darsi una regolata.

La verità è che, come sempre, il troppo stroppia e quando usati in modo negativo – o in modo eccessivo – i social creano persino angoscia e depressione. E ansia da prestazione. Del resto, nel glitterato mondo del web mostriamo perlopiù la parte migliore delle nostre vite. Ci facciamo vedere belli, sfavillanti, felici. I successi sono mostrati come trofei quotidiani e che importa se la perfezione non esiste? Su Instagram, lo siamo. Perfetti intendo. E felici, anche. Soddisfatti delle nostre esistenze, sempre performanti, vittoriosi. Al bando le lacrime e i piagnistei. Abbasso le lagne, viva il sorriso a sessantasette denti.

Vite in vetrina: ma a che prezzo?

Ma il prezzo da pagare per sembrare sempre tutti fighi è alto: noi guardiamo le vite in vetrina degli altri e gli altri le nostre, sempre con gli occhi a forma di cuore e la sgradevole sensazione che ci manchi qualcosa. Con la certezza che non saremo mai così fantastici, magri, fortunati o belli come Pinco, né ricchi come Sempronio. Ah, e pure con la sicurezza matematica che la nostra relazione amorosa, costellata da litigi e prese di posizione e “vaffanculo” più o meno urlati, anche se magari di tanto in tanto (com’è giusto che sia), sia certo meno focosa di quella tra Pallo e Palla che invece è la rappresentazione del true-love con applauso finale – come nei film di Natale americani.

Il nostro assetto psicologico si è modificato proprio in virtù del vivere digitale e spesso l’angoscia ci attanaglia perché l’autostima vacilla.

I risvolti positivi ci sono, eccome se ci sono

Ma non sono da demonizzare. Anzi. È giusto celebrare con questo nuovo Social Media Day 2025 la loro esistenza. Come abbiamo accennato all’inizio, molti sono i pregi. Informazioni a portata di mano per qualsiasi argomento: ora essere ignoranti su un tema è più grave, visto che non c’è cosa che sullo sfavillante mondo del web non sia spiegata in, tipo, diecimila modi. Sensibilizzazione capillare verso temi importanti: gli argomenti delicati (come guerra, violenza sulle donne e sui bambini, depressione etc) sono trattati in maniera completa, impossibile non avere una cultura su essi. Relazioni interpersonali forti anche a distanza: si può sentire/videochiamare una persona dall’altro lato del mondo, abbattendo completamente le barriere.

E che dire delle app e piattaforme per ogni argomento o problema? C’è un’applicazione praticamente per tutto, e online ormai si possono gestire anche i propri problemi (vedasi le piattaforme per il benessere mentale o le community di sostegno per persone in difficoltà).

Per non parlare dello svago, visto che, se ben usati, i social offrono una via d’uscita dallo stress quotidiano. O ancora, delle idee che possono fornirci o che permettono di esprimere, dal momento che tutti noi sui social possiamo dare voce a ciò che pensiamo, ai nostri progetti, rendendo i nostri talenti più o meno nascosti fruibili da migliaia di persone.

Il segreto è stare nel mezzo

Il segreto? Come per tutte le cose, la linea di mezzo. Usare i social per quel che sono stati ideati, ossia per unire, è positivo. E allora stiamo in contatto con i nostri amici/cugini/fratelli all’estero. Videochiamiamo i nostri genitori quando non possiamo far loro visita per motivi logistici. Brilliamo nelle cose in cui siamo bravi. Cantiamo? Buttiamoci. Disegniamo bene? Mostriamo le nostre tele. Ci annoiamo e abbiamo bisogno di un momento di tregua? Su Facebook o Instagram ci sono dei tutorial di bricolage che valgono la pena di essere visti. Abbiamo trascorso una giornata terribile e non sappiamo come toglierci ci dosso il senso di negatività? Su Tiktok ci sono dei video di gattini meravigliosi – i gattini, si sa, scacciano tutti i malumori.

Che si rincorra la serenità senza pensare ai “biiiip”, altro che Social Media Day!

Ok, vi siete informati su quell’argomento che vi interessa. Avete scritto alla vostra amica in Australia. Una bella videochiamata con i nonni? Ottimo! Avete cercato di spingere la vostra azienda con le ultime chicche in fatto di marketing.

Bravi! E ora?

Spegnete tutto. Mettete lo smartophone nella credenza. State con i vostri figli, senza pensare alle notifiche. Giocate con loro, uscite all’aria aperta, fate sporcare loro i vestiti di terra e divertimento, di fango e risate. Fate una camminata con i vostri cani, e se non escono fuori foto instagrammabili pazienza: la vostra testa custodirà il ricordo molto meglio di una piattaforma. Il vostro “like” è più che sufficiente. Vivete il presente a mille, facendovi solo una domanda, quando le luci scendono e la notte incombe: “ho fatto del mio meglio per essere felice?”. E non guardate i profili degli altri, non sono migliori né peggiori di voi… sono semplicemente diversi. La vita social non è una competizione. Ognuno ha il suo percorso, i suoi pregi e i suoi difetti.

Essere felici: questa la regola

Abbiamo tutti in compito preciso, per fare della nostra esistenza un capolavoro.

Impegniamoci a essere la versione migliore di noi stessi ma facciamolo per sentirci orgogliosi di noi, non per mostrarci agli altri come vincenti. Curiamo la nostra salute mentale insieme a quella fisica, non dimenticando che spesso i pensieri, soprattutto quando sono troppi e troppo rumorosi, devono essere messi a tacere.

Il presente reale: ecco l’unico momento che vale, quello da festeggiare, quello da scolpire sul cuore – e non sulla bacheca di Facebook. Né il passato, che ormai è andato, né il futuro, che è imprevedibile. Ma ora e adesso. E possibilmente senza confronti con gli altri, soprattutto solo se social. E poi, chi ve lo assicura che la piscina di Sempronio sia proprio sua?

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Giornalista pubblicista, editor e scrittrice, ha in tasca una laurea in Lettere e un master in Criminologia. Ha pubblicato sette libri, spaziando dall'horror al romance, e lavora nel campo del giornalismo da dieci anni. Tra le sue pubblicazioni, "I segreti di una culla vuota" e "Chi me lo ha fatto fare".

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