Se in passato qualcuno mi avesse chiesto se l’uomo fosse l’essere vivente meno intelligente sulla faccia della Terra, forse avrei tentennato nel fornire una risposta. Dopotutto, i progressi fatti dagli esseri umani sono indiscutibili e, in certi casi, addirittura irreversibili. Ad oggi, però, qualora quel qualcuno dovesse rivolgermi la medesima domanda, sinceramente parlando, non nutrirei alcun tipo di dubbio nell’ammettere che, citando le testuali parole attribuite ad Albert Einstein:
Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi
Difatti, non so cosa ne pensiate voi, ma a mio avviso qualcosa deve essersi interrotto o dev’essere andato storto nel corso di quella lunga catena evolutiva che ha portato fino a noi. Il progresso, quell’inesorabile movimento che in un primo momento ci ha condotti a fare grandi cose, in seguito, ha finito solamente per trasformarci in dei Re Mida al contrario, rendendoci capaci di distruggere qualunque tocchiamo, compresa la vita stessa. Ne è un esempio, tra la miriade di quelli che si potrebbero fare, la recente #BarkYourMindChallenge, l’ultimo capolavoro dell’umanità 2.0, che mi rammenta quanto l’estinzione sia la sola cosa che meritiamo davvero.
In cosa consiste la #BarkYourMindChallenge?
Chissà, magari perché annoiati dai soliti balletti imbarazzanti alla Maria Monsè oppure da quei video al limite del paranormale che ci mostrano una Valeria Marini come non è forse mai stata, i sempre illuminati influencer da taverna e quei tiktoker da quattro soldi, gli unici a ritenere di poter essere utili a qualcosa in questo vario e avariato mondo, devono aver ben pensato che tirare secchiate d’acqua ghiacciata addosso al proprio cane dovesse essere, oltre che un tanto stupido quanto vergognoso espediente per aumentare l’engagement dei propri profili sociali, un modo per divertirsi.
Ebbene sì, è questo ciò in cui consiste l’ormai tristemente nota #BarkYourMindChallenge. Peccato solo, però, che il risultato degno di nota di quella che i più potrebbero ritenere un’impresa sia quello di mettere in luce il fallimento dell’evoluzione della nostra specie. Credevo avessimo toccato il fondo già da un bel pezzo, eppure c’è sempre qualcuno che è pronto a ricordarmi che “al peggio non c’è mai fine“. Perciò, non posso fare a meno di domandarmi: siamo nel 2025, e ancora non ci siamo stancati di trasformare creature innocenti in comparse tragicomiche del nostro The Truman Show quotidiano?
Il cane, il migliore amico di quello che, un migliore amico, non lo meriterebbe affatto, diventa improvvisamente il bersaglio prediletto per ottenere un minuto di gloria prima di far ritorno, inevitabilmente, a quell’anonimato da cui in tanti, forse troppi, non sarebbero mai dovuti uscire.
La Legge Brambilla, checché se ne dica, a qualcosa serve
Per fortuna, ogni tanto pure in Italia qualcosa di buono viene fatto. Ed ecco qui che entra in scena la Legge Brambilla, che riconosce agli animali quel piccolo dettaglio chiamato “sentienza” (sì, provano emozioni, chi l’avrebbe mai detto?!). Di conseguenza, tutti quelli che si divertono a traumatizzare e a torturare per sollazzo il proprio cane, d’ora in avanti, dovranno finalmente pagarne le conseguenze.
La domanda, tuttavia resta: perché tutto ciò? A che scopo svilire la vita altrui? Semplice, i social! E così, mentre l’intelligenza umana pare essersi presa una lunghissima pausa, quella artificiale e gli algoritmi prendono il sopravvento, permettendo ad una massa di disperati di sacrificare la qualunque, persino la dignità altrui, in nome della viralità. C’è una speranza, però, o perlomeno è quella che alberga in me: che voi che state leggendo in questo momento decidiate di non ridere, di non condividere, di non premiare e di rammentare, prima di ogni altra cosa, che una forma di vita, qualunque essa sia, non è certo un accessorio da poter utilizzare a proprio piacimento. Perché di challenge ne abbiamo viste tante, ma quella di restare umani sembra essere davvero la più difficile da realizzare!
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