Ormai ci siamo, il Carnevale è alle porte e quell’infinità di buffe maschere tornerà presto a tenerci compagnia, sebbene in alcune parti del mondo, Venezia in prima linea, i festeggiamenti siano già cominciati. La settimana che va dal prossimo 27 febbraio al 4 marzo, in particolare, vedrà culminare le celebrazioni di una delle feste più attese dell’anno. Ma qualcuno sa da dove arriva realmente e che significato abbia?
Come si è evoluto il Carnevale
Ebbene, pare che il Carnevale fosse una festa già esistente ai tempi dell’Antica Roma e che soltanto con l’avvento del Cristianesimo si sia trasformata in una ricorrenza che cade nei giorni precedenti alla Quaresima. Nello specifico, essa trae le sue origini dai Saturnali e dalle feste dionisiache del periodo classico greco. Si trattava di veri e propri baccanali in cui era lecito lasciarsi andare, liberarsi dagli obblighi e dagli impegni, abbandonandosi totalmente allo scherzo e al gioco. Ed è in questi contesti che le maschere assunsero una particolare importanza.
Difatti, esse venivano indossate dai partecipanti ai festeggiamenti per rendersi irriconoscibili e annullare, di conseguenza, qualunque tipo di differenza sociale, consentendo loro di “sfogarsi” e “divertirsi” nella maniera più assoluta. A tal proposito, esiste un proverbio associato al carnevale, derivato dall’antico detto latino, che recita:
Semel in anno licet insanire (Una volta l’anno è lecito impazzire)
Già, perché proprio durante la festa era lecito fare di tutto, d’altronde c’era la maschera che rendeva innocui, ragion per cui tutto era giustificato e nessuno era responsabile di offese o poteva permettersi il lusso di ritenersi offeso da tutti gli scherzi che poteva subire.
Tutti siamo stati “Carnevale”, almeno una volta nella vita
A tal proposito, il professore Giuseppe Martorana, ordinario di Storia delle Religioni dell’Università di Palermo, nel suo libro “Il Carnevale” ha affermato che: “Io, tutti, ognuno di noi almeno una volta nella vita è stato carnevale“. Effettivamente, dietro questa frase si cela una delle grandi verità dell’uomo, perché chi non ha mai vissuto un giorno di stra-ordinaria follia?! Quante volte viene alterata l’immagine di noi stessi per compiacere gli altri che, a loro volta, indossano una maschera? A dirla tutta, l’uomo vive ogni giorno mascherato e il Carnevale ne è il fenomeno che si esplica attraverso il travestimento. Lo stesso Luigi Pirandello una volta disse:
Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti
Etimologia della parola
Tornando a noi, però, nel corso del tempo, come già anticipato, la festività carnevalesca è andata incontro ad una evoluzione, complice l’avvento della religione di Cristo, e ha assunto molteplici significati. Da un lato, c’è quello di “togliere la carne” perché precede la Quaresima, periodo deputato al divieto di consumare per l’appunto carne; dall’altro lato, invece, c’è quello potrebbe apparire quasi come l’esatto opposto, ossia “l’apoteosi della carne”, la sua esaltazione. Due riferimenti simbolici che ne delineano dunque alla perfezione i tratti.
Ma cos’è rimasto del suo significato originario? E soprattutto come viene festeggiato oggi?
Il Carnevale odierno in Italia
Al giorno d’oggi, l’Italia è uno dei Paesi in prima linea per quel che riguarda i festeggiamenti carnevaleschi. Le sue maschere, nate in relazione a diverse regioni e ai costumi delle stesse, sono diventate popolari in numerose aree e si sono consacrate a simbolo di quello che per molti, grandi e piccoli, è divenuto un appuntamento imperdibile. Non a caso, la domenica che precede il Martedì Grasso si assiste alle sfilate dei carri e delle maschere caratteristiche, in relazione alle quali la città lagunare più famosa d’Occidente e Viareggio sono le punte di diamante. Ogni sfilata esalta la propria maschera, che ha un significato e un messaggio ben precisi: sapevate che ciascuna di esse è nata come forma di protesta o caricatura satirica verso un regime o verso i ricchi signorotti della propria epoca?
Forse no! Ebbene, ora che lo sapete, scopriamo insieme le origini e il significato delle più popolari maschere nostrane:

I classici
- Arlecchino (Lombardia): di origini bergamasche, è la maschera più vivace e scanzonata della Commedia dell’Arte. Nota per il suo costume variopinto e il carattere furbo ma bonario, è sempre in cerca di stratagemmi per sfuggire alla fame.
- Pulcinella (Campania): simbolo della tradizione napoletana, incarna l’arguzia e l’imprevedibilità del popolo partenopeo, con il suo abito bianco, la maschera nera e la voce stridula che lo rendono unico.
- Pantalone (Veneto): originario di Venezia, rappresenta il vecchio mercante avaro e lussurioso, tipico della borghesia veneziana del XVI secolo, spesso ingannato dai più giovani per la sua smania di ricchezza.
- Colombina (Veneto): anche lei veneziana, è la servetta astuta e maliziosa, spesso complice di Arlecchino, che con la sua intelligenza e prontezza riesce a sventare i piani dei padroni.
I caricaturali
- Brighella (Lombardia): proveniente da Bergamo come Arlecchino, è più astuto e intraprendente, una figura di servo intrigante e opportunista, spesso capace di manipolare le situazioni a proprio vantaggio.
- Balanzone (Emilia Romagna): maschera bolognese, è la caricatura del dottore saccente e pedante, che con il suo linguaggio forbito cerca di impressionare gli altri, pur dicendo spesso sciocchezze.
- Gianduja (Piemonte): simbolo del Piemonte, è un personaggio allegro e gioviale, incarnazione dello spirito bonario e indipendente dei torinesi, famoso anche per aver dato il nome ai celebri cioccolatini.
- Meneghino (Lombardia): maschera tipicamente milanese, è un servo onesto e scanzonato che ama prendere in giro i potenti, incarnando lo spirito arguto e laborioso lombardo.
Quelli meno “main-stream”
- Rugantino (Lazio): maschera romana, è il tipico spaccone dal cuore buono, che ostenta sicurezza ma nasconde una natura più sensibile e ironica, rappresentando lo spirito del popolo della Capitale.
- Stenterello (Toscana): di origine fiorentina, è il simbolo della sagacia e dell’ironia toscana, sempre pronto a battute mordaci nonostante la sua condizione di povertà e difficoltà.
- Lanzette (Valle d’Aosta): le Lanzette sono maschere legate alla tradizione del Carnevale di Verrès, caratterizzate da abiti eleganti e maschere raffinate che rievocano le sfarzose atmosfere medievali della regione.
- Farinella (Puglia): prende il nome da un’antica farina di ceci e orzo e si distingue per il suo abito colorato che ricorda Arlecchino, simboleggiando l’allegria e la tradizione contadina locale.
- Frappiglia (Abruzzo): rappresenta lo spirito festoso e irriverente del Carnevale, con un aspetto burlesco e colorato che richiama le antiche celebrazioni popolari della regione.
- Capitan Spaventa (Liguria): è una maschera della Commedia dell’Arte che rappresenta il tipico spadaccino fanfarone e millantatore, sempre pronto a raccontare imprese eroiche mai compiute.
- Blumari (Sardegna): è una figura carnevalesca legata alle antiche tradizioni contadine, con un abbigliamento che richiama la natura e il mondo pastorale dell’isola.
- Masciolino (Sicilia): è una figura legata alle tradizioni popolari dell’isola, simbolo dell’arguzia e dell’ingegno del popolo siciliano.
E questi li conoscevate?
- La Tufara (Molise): la maschera della Tufara è legata a riti pagani di purificazione, con figure vestite di pelli animali che rappresentano il legame con la terra e la tradizione contadina.
- Giangurgolo (Calabria): è un fanfarone spaccone con un grande naso e un abito stravagante, che incarna la voglia di apparire e il carattere scanzonato della cultura popolare della regione.
- Rumit (Basilicata): è un uomo-albero, coperto di foglie di agrifoglio, simbolo del rapporto tra uomo e natura e della rinascita primaverile.
- Beppe Nappa (Sicilia): è un servo pigro, goffo e ghiottone, spesso raffigurato con un abito azzurro e pantaloni larghi. Nonostante la sua svogliatezza, riesce sempre a cavarsela con astuzia e simpatia, rappresentando lo spirito giocoso della tradizione popolare siciliana.
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