Cadeva esattamente ieri, domenica 8 settembre, il secondo anniversario della morte della sovrana più longeva della Storia britannica. Una scomparsa che ha gettato l’intero Regno Unito (e non solo) nello sconforto e che ha decretato la fine di un capitolo dell’età contemporanea lungo quasi un secolo. E a dirla tutta, sembra esser passata davvero un’era da quel fatidico giovedì, sicuramente uno dei più tragici che la Famiglia Reale inglese abbia mai vissuto. Eppure, a conti fatti, sono trascorsi “solamente” due anni da quando Buckingham Palace annunciò che la Regina Elisabetta II si era spenta a Balmoral, nella sua amata residenza scozzese, alla veneranda età di 96 anni e proprio nel periodo delle celebrazioni del suo Giubileo di Platino, cambiando per sempre le sorti di una delle monarchie più in vista dei giorni nostri.
Un ponte fra tradizione e innovazione: il retaggio di Elisabetta II

Regina del Regno Unito di Gran Bretagna, Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra e comandante in capo delle forze armate, Elizabeth Alexandra Mary di Windsor, questo il suo nome completo, sebbene chiunque la conoscesse come Elisabetta II e per gli affetti più intimi fosse semplicemente Lilibeth, è stata senza ombra di dubbio una figura chiave di questi nostri tempi moderni. Difatti, in qualità di regnante non ha soltanto incarnato una serie di valori e simboli che hanno avuto un impatto significativo sia a livello nazionale che internazionale, ma la sua lunga permanenza sul trono ha fatto di lei una costante, un faro di stabilità in un mondo frenetico, continuamente alle prese con repentine trasformazioni politiche, sociali ed economiche.
Nuova linfa vitale ad una realtà del dopoguerra ormai sfiduciata
Quando ascese al trono, in seguito alla prematura morte del padre Giorgio VI avvenuta il 6 febbraio 1952, aveva poco più di 27 anni. Era il 2 giugno 1953 e, nonostante la Seconda Guerra Mondiale si fosse conclusa diverso tempo prima, le conseguenze del conflitto gravavano ancora sulla società anglosassone. In particolare, al di là degli aspetti puramente economici legati al decorrere della recente crisi, ciò che caratterizzò i primi anni del suo regno fu un generale senso di euforia misto alla forte angoscia e al sentimento di non appartenenza dei più giovani che, complice il venir meno dei principi sociali dell’età vittoriana, avevano sviluppato una sorta di sfiducia, irriverente ed indipendentista, nei confronti di chi li aveva preceduti e delle istituzioni. Perciò, a chi spettava, se non alla Corona, il compito di aiutare una popolazione dilaniata a risollevarsi?
Benché non disponesse di chissà quali poteri effettivi a livello politico e non fosse esente dallo scetticismo di coloro (fra cui alcuni dei suoi stessi familiari) che la ritenevano giovane ed inesperta, Elisabetta si è dimostrata abile nel lenire il senso di smarrimento provocato dalla morte del padre, Re rispettato e ben voluto da tutti, e dalla guerra, rinsaldando la lealtà nonché l’affetto del popolo verso l’istituzione monarchica e inaugurando un nuovo periodo storico, che sarebbe stato poi conosciuto come la “Nuova Età Elisabettiana” e sarebbe durato per ben settant’anni.

Unità, stabilità e continuità al “passo con i tempi”
Impossibile, dunque, negare l’impatto che Elisabetta II ha avuto. Il suo rinomato “sense of duty” (senso del dovere) per l’incarico assunto e la sua capacità di mantenere una certa neutralità politica, nonostante i cambiamenti tumultuosi intorno a lei, hanno contribuito a garantire la coesione nazionale. La monarchia, infatti, proprio grazie alla sua leadership, è stata capace di adattarsi alle nuove sfide senza perdere la propria rilevanza o legittimità in un momento in cui molte istituzioni tradizionali venivano messe in discussione. In altre parole, ha rappresentato un baluardo di resilienza e continuità.
Ma qual è stato il suo più grande punto di forza?
Convinta conservatrice delle tradizioni istituzionali, morali e religiose, Elisabetta II si è consacrata perfino a simbolo di unità per il Regno Unito e per molti di quei Paesi che hanno scelto di rimanere sotto la sua egida. Ciò ha contribuito al diffondersi di un’idea di Corona non solo britannica, ma globale. Il che assume una notevole rilevanza se si tiene in considerazione che il suo regno coincise proprio con la graduale trasformazione dell’Impero Britannico nel Commonwealth, oltre che con un radicale processo di decolonizzazione, deindustrializzazione, globalizzazione e digitalizzazione (in altre parole, con la nascita di una società di massa, con i suoi miti e i suoi stili!).
Il suo saper navigare tra i delicati equilibri geopolitici e sociali del momento, mantenendo relazioni di rispetto reciproco e promuovendo valori di cooperazione, dialogo e inclusività in una realtà spesso frammentata da differenze politiche, religiose e culturali, ha portato la monarchia ad adattarsi ad un mondo post-coloniale, ad essere al “passo con i tempi”.
Capacità di adattamento e innovazione
In un periodo in cui in tanti cominciavano a vedere in essa il retaggio di un mondo ormai superato, sotto la sua guida, è riuscita ad evolversi, portando avanti la sua tradizione fondante e aprendosi, contemporaneamente, alle nuove necessità. Basti pensare all’incoraggiamento dell’uso dei media, dal momento che la Regina aveva compreso l’importanza della comunicazione pubblica per mantenere il legame con il popolo. Un rapporto di fiducia, tuttavia, messo più volte in crisi da una serie di avvenimenti (la triste vicenda di Lady Diana o i più recenti scandali che hanno visto protagonista il Principe Andrea ne sono un esempio), insieme al ruolo di guida che le veniva riconosciuto, seppur prontamente e sapientemente sanato.
Grazie a questa capacità di adattamento, lo spirito della monarchia britannica ha perdurato e mantenuto la propria rilevanza nel XXI secolo. Ed è forse stato proprio questo il più grande punto di forza di Elisabetta, ossia quello di riuscire continuamente a mantenersi in bilico tra tradizione e innovazione, passato e futuro, austerità e modernità.

Una sopravvivenza tutt’altro che scontata
Naturalmente, non era scontato che Elisabetta, che sotto un determinato punto di vista rimane comunque l’emblema di un’ordine ormai in decadenza, potesse sopravvivere alla contemporaneità. Sta di fatto, però, che non solo ci è riuscita, ma ne è divenuta persino un’icona! Cultura popolare, digitale, televisiva, cinematografica, letteraria, della moda sono soltanto alcuni degli innumerevoli campi in cui è stata in grado di imporsi come figura prominente. Basti pensare che, fino a poco prima della sua dipartita, era una delle personalità più influenti e potenti del pianeta. Oppure, che il suo marchio “The Queen” era al quinto posto tra i brand più di successo in assoluto, al di sopra persino di firme del calibro di Nike, Coca-Cola, Microsoft e Disney!
In definitiva, si può affermare che ha regnato per “soli” 70 anni, ma che la sua storia è di certo destinata ad essere raccontata e ascoltata. Cosa che alcuni non direbbero dell’attuale assetto monarchico, con i “i reietti” Harry Windsor e Meghan Markle, sempre pronti a rivelare presunti scandali taciuti da Buckingham Palace, la malattia di Re Carlo III, il ricordo della sua prima moglie che grava sulle spalle della Regina Camilla, che ha ricevuto una tiepida accoglienza dai cittadini, la malattia di Kate Middleton o il fatto che il Principe William (e non il sovrano!) sia il membro della Royal Family preferito dai sudditi. Che dire, tutte prove a sostegno del fatto che, per citare il celebre proverbio,
Non tutte le teste son buone a regger la corona!
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Come e stato scritto “Non tutte le teste son buone a reggere una Corona “.
Su questo non ci sono dubbi !!!
[…] parte di un progetto grande. Ho interpretato Margaret, la sorella della Regina Elisabetta [cliccate QUI per il nostro articolo sulla monarca] ed è stato tutto molto intenso ed emozionante! Poi adoro gli […]