“Ti ignorerò a tal punto che alla fine tu stessa dubiterai della tua esistenza”. Durante il programma Ballando con le stelle, Selvaggia Lucarelli ha pronunciato questa frase nei confronti di Rossella Erra, rappresentante del pubblico in studio. Una battuta ad effetto, forse pensata per strappare un applauso, una risata o per marcare un confine dialettico.
Ma a me, più che divertire, ha fatto rabbrividire.
Immaginiamo la stessa frase non in uno studio televisivo, ma tra le pareti di una casa, in un ufficio, o in una relazione affettiva. Immaginiamola detta da un partner, da un genitore o da un superiore. Allora quella battuta non suona più come ironia, ma come un colpo profondo, invisibile, che mira all’essenza stessa dell’altro: alla sua esistenza.
L’essere umano si definisce solo nella relazione
Il filosofo Martin Buber, noto per la sua filosofia dialogica e per l’opera fondamentale “Io e Tu”nel suo celebre testo, scriveva:
L’uomo diventa Io solo nel Tu
Per Buber, l’essere umano non si costruisce in solitudine: esiste davvero solo quando entra in relazione, quando guarda l’altro come un soggetto, non come un oggetto da ridicolizzare o ignorare.
Senza il “Tu”, l’“Io” perde consistenza, si svuota.
Ecco perché la frase “ti ignorerò a tal punto che dubiterai della tua esistenza” non è solo cattiva: è disumana.
L’ironia che ferisce e l’esempio che resta
Sminuire, ignorare, umiliare non sono solo azioni: sono forme di annullamento dell’altro nel mondo.
E se in televisione producono spettacolo, nella vita reale possono generare ferite profonde. Ci sono parole che, se pronunciate da chi amiamo o da chi detiene su di noi un potere emotivo, diventano veri e propri strumenti di violenza psicologica.
Esistere non significa soltanto nascere e respirare: significa essere visti, riconosciuti, accolti. Ogni giorno, quando ci relazioniamo con qualcuno, firmiamo tacitamente un patto di rispetto reciproco. Romperlo per un applauso, per vincere una discussione, per affermare sé stessi, significa tradire l’essenza umana del dialogo.
Non si tratta di giudicare Selvaggia Lucarelli, ma di interrogarsi sul potere delle parole che scegliamo, specie quando diventano modelli pubblici. Ciò che passa come ironia può diventare esempio, e ciò che oggi fa ridere in TV, domani può ferire in una casa.
L’invito alla consapevolezza
Il mio invito è semplice ma al contempo urgente: non ripetiamola. Perché ogni volta che ignoriamo qualcuno al punto da fargli dubitare della propria esistenza, stiamo trasformando l’indifferenza in una forma di potere e stiamo dicendo all’altro che è inutile nel mondo. Aggiungo che non c’è niente di più pericoloso di una crudeltà travestita da ironia.
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