Ogni anno, puntuali come un orologio svizzero, il 25 novembre ci ricordiamo di urlare “no” alla violenza sulle donne. Pubblicazioni, post, frasi fatte, scontate, il più delle volte banali. Tutti indignati, tutti sensibili, tutti improvvisamente consapevoli. Poi arriva il 26, e il silenzio torna a essere la normalità. E invece no. Contrariamente a quell’infinità di influencer che, come consuetudine oramai richiede, sono sempre pronti a pubblicare un mero ed insignificante post al momento opportuno, e mai a sporcarsi le mani quando bisogna realmente darsi da fare, io la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne la voglio celebrare oggi, domani e dopodomani ancora, fino al prossimo 25 novembre.
C’è una cosa, però, che sembra non capire nessuno, ma che vale più di qualunque altro slogan: il 1522.
Un numero gratuito, anonimo, attivo sempre, giorno e notte. Una mano tesa. Una porta aperta. Una possibilità. Una voce che risponde anche quando tutte le altre voci si spengono, valida sempre, non soltanto nell’arco di una giornata commemorativa che perde di ogni valore se, poi, il suo significato continua ad essere quotidianamente ignorato.
Un 25 novembre che dovrebbe essere ricordato tutto l’anno

La violenza sulle donne non ha un giorno solo: ne ha trecentosessantacinque. Non è una festa, non è un ricordo, e nemmeno un appuntamento da calendario. È un’emergenza costante, sociale. Una ferita aperta che in molti sentono, ma pochi in fondo ascoltano davvero. Le donne che subiscono violenza fisica, psicologica, economica, e domestica non smettono di soffrire allo scoccare della mezzanotte. Non chiudono la paura in un cassetto. Non archiviano i lividi, né quelli sul corpo né quelli nell’anima.
Perché spesso la violenza non è solo un pugno: è un mostro mentale che ti divora giorno dopo giorno, che ti convince che non meriti di essere salvata, che ti paralizza.
Denunciare è, e resta, la cosa più importante. Denunciare alle autorità. Denunciare pubblicamente. Denunciare anche sulle piattaforme social, se è l’unico modo per trovare il coraggio di iniziare a parlare. Il silenzio non protegge, il silenzio uccide. E allora ricordiamolo in questa come in tante altre occasioni: non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. È vergognoso ciò che viene fatto a queste donne, non ciò che queste donne subiscono. Chi è vittima ha il dovere verso sé stessa di spezzare la catena. E noi, specialmente noi uomini, abbiamo il dovere di sostenerle, di crederle, di non lasciarle sole.
La violenza sulle donne è antica come il mondo, ma oggi avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri – Helga Schneider
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